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Canottaggio: dall’hockey a un mondiale di canottaggio. Intervista a Greta Masserano, bronzo torinese ai Mondiali di Chungju.

Creato il 01 ottobre 2013 da Sportduepuntozero

66798_10202105506667948_809637815_nGreta Masserano, torinese classe 1994, allenata da Mauro Tontodonati, società Cus Torino. In occasione dei Mondiali di Chungju in Corea del Sud, si è aggiudicata una medaglia di bronzo insieme alle compagne di barca Eleonora Trivella, Enrica Marasca e Giulia Pollini nel “quattro di coppia sul pesi leggeri”.

L’abbiamo intervistata e abbiamo scoperto che prima di arrivare al mondiale di canottaggio era una giocatrice di hockey.

“Ho giocato a hockey per 8 anni, ma è uno sport poco praticato dalle donne e dai 15 anni in poi, per regolamento, non si può più giocare con i maschi. Così superata quell’età avrei dovuto iniziare a far parte di una squadra femminile che si allenava distante da casa e ad orari scomodissimi. In un primo tempo ho continuato a giocare con i ragazzi, senza far più partite, saltuariamente. Durante le vacanze, al mare, ho casualmente provato una canoa al mare, mi è piaciuto e tornata in città ho deciso di cercare una società sul fiume dove poter continuare a pagaiare ogni tanto. Arrivata al Cus Torino, la prima persona con cui ho parlato è stato il mio attuale allenatore, con cui mi son subito trovata e a cui serviva una ragazza per poter completare un equipaggio da quattro persone per i campionati italiani di quell’anno. E qui me l’ha proprio fatta, perché anziché farmi fare canoa, mi ha buttata su una barca da canottaggio, che è tutt’altra cosa! Però con le altre tre ragazze sono stata da subito così bene che non sono mai stata a sindacare.

Le soddisfazioni nel canottaggio sono arrivate subito?

  • Dal punto di vista delle amicizie direi di sì,  le amiche che ho incontrato quando ho iniziato sono tuttora le migliori che ho, in realtà è proprio per loro che scelsi il canottaggio! Per quanto riguarda i risultati sportivi non fui affatto un “enfant prodige”, i campionati quell’anno furono un disastro, mi scivolarono i remi dalle mani in gara e arrivammo ultimissime.

Ammetto però che all’inizio era un’attività saltuaria, non volevo nemmeno abbandonare l’hockey!

Cosa rappresentano per te l’Hockey e il canottaggio?

L’hockey costituirà sempre a una fase della mia vita davvero importante, che mi ha cambiata, svegliata e fatto incontrate persone straordinarie, però resta un gioco. Il canottaggio invece è prestazione, l’impegno e la concentrazione richieste sono diverse, la sopportazione alla fatica decisamente più dura, ma certo tutto questo rende un buon risultato molto più soddisfacente.

Raccontaci dell’esperienza in Corea! Da giovanissima, come l’hai vissuta?

Sicuramente esser la più piccola non è facile, già a partire dal raduno mi son resa conto che la concentrazione in barca dev’essere sempre altissima. All’inizio la difficoltà maggiore è stata relazionarsi nel modo giusto e specialmente farsi accettare dalle altre tre ragazze, senza prendersela per le critiche ma cercando di renderle utili al miglioramento. Le mie compagne di barca si conoscono da molto tempo, hanno condiviso già molte esperienze di livello internazionale e soprattutto sono coscienti del loro valore sportivo e questo le rende molto sicure di loro stesse, dirette nelle critiche e a volte brusche, ma sono aspetti positivi che se presi con la giusta filosofia sono davvero in grado di far migliorare il meno esperto, come me in questo caso. Io ammetto di essere un po’ svampita, o almeno di sembrare spesso nel mio mondo e questo a volte infastidisce gli altri. A volte però li fa anche sorridere! Sembrerò sempre un po’ stordita, anche se, specialmente in barca, è raro che mi distragga.

Ma per arrivare a un mondiale la capacità di concentrazione è sufficiente?

Gli allenatori pretendono di più dagli assoluti, specialmente a livello mentale, però si insiste molto sulla separazione tra allenamento e il resto della giornata. Bisogna essere capaci di distrarsi. E’ difficile, ma indispensabile non farsi assorbire completamente dallo sport. Pur essendo una passione non può invadere o peggio, nascondere, tutti i campi della vita, altrimenti si rischia di arrivare all’esaurimento o all’isolamento dal resto del mondo!  In raduno si vive come dentro una bolla di sapone, sospesi dalla vita normale, ma è solo un’impressione, bisogna sforzarsi di ricordarsene, interessandosi anche ad altro.

Quale il momento più bello, quale il più brutto, quale l’incontro più emozionante?

Il momento più bello, al di là della conquista del terzo posto, è quando ti  senti veramente parte dell’equipaggio, perché, nonostante i rimproveri, sei consapevole di avere un ruolo in barca riconosciuto dalle altre. Il momento più brutto rischiare di pestare un serpente vicino a un tempio nei pressi del campo gara! Tra gli incontri particolari, sicuramente quello con Luka Spik (ndr. atleta sloveno plurimedagliato, medaglia d’oro olimpica nel 2000) non troppo sobrio in un pub di Chungju dopo le finali e non dimenticherò mai l’emozione di parlare direttamente con Donata Vištartaitė, (ndr. campionessa lituana, prima classificata quest’anno a Chungju) salutandola per nome!

Guarda dove praticare Canottaggio a Torino


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