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Cantacronache: un mito della canzone attraverso le sue immagini e la sua musica.

Creato il 20 febbraio 2015 da Gianna
Cantacronache: un mito della canzone attraverso le sue immagini e la sua musica.Quello che segue è un estratto da un libro in corso di preparazione che ricostruisce, attraverso documenti d'archivio per lo più inediti, il percorso di questo collettivo che anticipò la canzone d'autore, la canzone popolare e di protesta in Italia. La terra della pace, del lavoro... dell'amore.
 

Un giorno nel mondo finita fu l'ultima guerra,
il cupo cannone si tacque e più non sparò,
e privo del tristo suo cibo dall'arida terra,
un branco di neri avvoltoi si levò.
Dove vola l'avvoltoio, avvoltoio vola via
vola via dalla terra mia che è la terra dell'amor.

I Cantacronache si materializzarono – ancora senza volto – il primo maggio del 1958, in Piazza Castello, durante la manifestazione sindacale a Torino: la loro prima incisione veniva diffusa da un camioncino debitamente attrezzato. La sera stessa avrebbero tenuto il loro primo concerto.
C'è dunque uno strano filo simbolico che lega la prima apparizione dei Cantacronache ai moderni cortei dei nuovi ribelli, dalle proteste del movimento No-Global di fine anni '90/inizio 2000, alla parata dei Centri Sociali che sfila per le vie di Milano ogni primo di maggio: la Mayday Parade. Non tanto per le tenute dei manifestanti, che allora sfilavano con tanto di giacca e cravatta, né per gli striscioni piuttosto smorti, quanto perché il corteo era accompagnato da un furgoncino, attrezzato con altoparlanti, che diffondeva musica. Il progenitore insomma di quello che oggi si chiama sound system. La canzone che più lascerà il segno, fra quelle che accompagnavano quel primo di maggio del 1958 a Torino, era come le altre nuovissima.
L'autore della musica, un bravo e inquieto compagno di 28 anni, militante comunista iscritto al partito, vulcanico musicista di formazione colta, ebreo che ha conosciuto il disonore delle leggi razziali e l'orgoglio della lotta di liberazione, Sergio Liberovici. A rendere però, da allora, particolarmente notevole la colonna sonora di quella manifestazione è l'autore del testo, uno degli scrittori italiani più importanti e noti del secondo '900: Italo Calvino.
Quanti sanno che a lui, e a un manipolo d'intellettuali torinesi, si deve l'inizio della canzone d'autore italiana?
Il brano Dove vola l'avvoltoio – che viene registrato con altri due dai Cantacronache nel loro primo sperimentalissimo 78 giri, e diffuso dagli altoparlanti proprio quel primo di maggio del '58 – è, per la cultura musicale del nostro paese, il prototipo della ballata antimilitarista d'autore. Il tema della denuncia dell'atrocità della guerra è già presente nel canzoniere popolare, ma di tale repertorio c'è per il momento solo una percezione vaga, anzi, il contributo dei Cantacronache sarà fondamentale nel dettare le regole di raccolta e diffusione di tale repertorio. Incideranno loro per primi, nel secondo volume dei “Canti di protesta del popolo italiano”, O Gorizia tu sei maledetta, la canzone che di lì a pochi anni detonerà lo scandalo e le denunce dello spettacolo “Bella Ciao” (giugno 1964).
Il tema antimilitarista è quasi ossessivamente presente anche nei Songs di Brecht (Legende vom toten Soldaten, Kanonen song, ecc.), nelle chansons di Prévert, Brassens o Vian (Barbara, La mauvaise reputation, Le deserteur), che sono fonti d'ispirazione per l'intero gruppo.
Dove vola l'avvoltoio però costituirà in Italia il riferimento per le canzoni che seguiranno, a partire dalla celeberrima La guerra di Piero di Fabrizio De André, che ne cita l'incipit:

L'avvoltoio andò dal fiume
ed il fiume disse “No
nella limpida corrente
ora scendon carpe e trote
non più i corpi dei soldati
che la fanno insanguinar”
(Calvino)


Lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente.
(De André)

http://www.arivista.org/?nr=395&pag=54.htm

Questa canzone ancora la si canta, anche perché purtroppo questa non è la terra della pace, né quella del lavoro. Ma sulla ruggine che prima o poi coprirà l'ultimo inutile cannone ce lo scriveremo che questa è la terra dell'amore.

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