Cantieri.

Creato il 17 giugno 2011 da Waxen

In qualunque tipo di storia, film, romanzo, o racconto che sia, uno dei miei personaggi preferiti è sempre stato il tizio che, di punto in bianco, decide di mollare tutto e di andarsene a vivere da solo, in una roulotte nel mezzo del deserto (prendete Michael Madsen in Kill Bill, ad esempio). Non serve essere un assassino professionista per fare una scelta del genere, basta essersi rotti le palle a sufficienza del resto del mondo. Arriva un momento in cui anche vipere iniziano a sembrarti più simpatiche di tutti gli altri, anche il sole a picco, anche il vento torrido, addirittura la sabbia nelle mutande.

Dicono che queste persone hanno scelto di lasciare la civiltà, come se starsene per i fatti propri fosse qualcosa da incivili. La verità è che non c’è niente di civile nel sopportare tutti i giorni la presenza del prossimo e fare anche finta di gradirla, non c’è niente di civile nello scambiare sorrisi di circostanza e sibilare a denti stretti sentitissimi vaffanculo, e non c’è nemmeno niente di civile nel fingere costantemente di comunicare, specie se a nessuno degli interlocutori interessa qualcosa di ciò che stanno dicendo gli altri.

“Perché uno si lamenta quando sta da solo? La solitudine non è una disgrazia, ma è una grazia di Dio. Simo noi che stiamo bene, simo noi!”. E, in fondo, starcene da soli è quello che facciamo la maggior parte del tempo, anche quando siamo circondati di gente. Auricolari, musica ad alto volume, occhiali scuri, testa china sullo smartphone (o su qualcosa da leggere, se c’è ancora un minimo di interesse culturale): non si tratta di altro che di un “lasciatemi in pace” nemmeno tanto inconscio, lo dimostra l’espressione scocciata che sopraggiunge istintiva non appena qualcuno cerca di interagire con noi.

Ché poi, uno alla gente può anche volergli bene, alle volte, ma è roba che sul lungo periodo riescono a fare solo in pochi. A me piace la gente, è che non mi piace averci troppo a che fare. Finisci sempre per scoprirne i lati peggiori. Preferisco guardarla da lontano. Sono come quei pensionati che se ne stanno per ore a guardare i cantieri: posso ricordarti di mettere il casco, ma se preferisci non farlo e una trave d’acciaio ti sfonda il cranio dopo un volo di dieci metri, stappo un’altra birra e mi metto a guardare come va a finire la storia, come vai a finire tu.

Ma non ci sono cantieri in mezzo al deserto, né persone che vogliono interagire con te; è per questo che quel tipo di isolamento è meno accettato da chi ha l’abitudine di isolarsi in modi più convenzionali. Può capitare qualcuno che venga a chiederti perché l’hai fatto, macinando chilometri e chilometri in mezzo al nulla al solo scopo di trovarti. Per una persona del genere sì che avrei rispetto. “Mettiti comodo, ché forse te lo racconto” – probabilmente è questo che gli risponderei – “Ma non adesso, magari un’altra volta”.


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