La prima Canzone di notte del Guccio risale a tantissimi anni fa, al 1970. Comparve in quello che secondo me resta uno degli album più belli e poetici di questo cantastorie appenninico: L’isola non trovata. Un concept album che ruota interamente al tema del tempo. La seconda Canzone di notte, comparve in Via Paolo Fabbri 43, disco dominato dall’incazzatura e dalla rabbia dell’Avvelenata: era il 1976. Poi, dopo 11 anni, nel 1987 una terza Canzone di Notte, in Signora Bovary, piccolo capolavoro intimista in cui compare anche un bellissimo testo firmato da Claudio Lolli: Keaton. A distanza di 25 anni, l’altro giorno l’ultima Canzone di notte, la numero quattro. Ascoltare in sequenza questi quattro brani, che raccontano la biografia personale e poetica del maestrone, è anche un po’ come sfogliare la mia vita e le mie notti. Attraversate dal vino, quando i pensieri, fortunatamente, si fanno ubriachi. E poi la bottiglia è vuota. E anche se si muore solo un po’ chi se ne fotte, ma sia molto tardi che si va a dormire. E allora notte, che mi porterai? rimpianto, quiete, noia o verità? o indifferente a tutto te ne andrai senza pietà?
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