Il caos sorto negli ultimi giorni attorno al capitano della Roma, Francesco Totti, costituisce solo l’ultimo di una lunga serie di episodi, tristemente, analoghi.
Il caso
Tutto è nato da alcune dichiarazioni rilasciate alcuni giorni addietro da capitan Totti, esternazioni dalle quali emergeva un palese malcontento per l’esiguo minutaggio concessogli in questa stagione da Garcia prima, ma soprattutto da Spalletti dopo. Dichiarazioni che, ovviamente, non sono andate giù all’attuale allenatore, il quale ha deciso di lasciar Totti a casa nell’ultima di campionato, vinta con un netto 5-0 dalla Roma contro il malcapitato Palermo. Nel pre-partita, com’era facile immaginare, si è assistito ad una vera e propria presa di posizione, pro-Totti, da parte della curva. Cori e tanti applausi che hanno visibilmente commosso la bandiera romanista.
Le foto di Totti in tribuna durante #RomaPalermo. I tifosi romanisti si schierano sul caso #TottiSpalletti https://t.co/fTvCjGqess
— Corriere della Sera (@Corriereit) 21 Febbraio 2016
Molteplici sono state le polemiche e le opinioni in merito. Senza pretesa di dar soluzione certa ad un caso intriso di emozioni, si possono affermare determinati punti. L’atteggiamento dei tifosi, di riverenza e venerazione, è assolutamente motivato: si parla, probabilmente, dell’ultima bandiera del calcio moderno, di un uomo che, per amor della Roma, ha rinunciato ad una carriera di trofei e milioni. Un simbolo che, negli anni, è rimasto nonostante tutto. Nonostante i tanti periodi bui, nonostante le mancate vittorie e le pesanti sconfitte. D’altro canto, un’altra osservazione è doverosa: è davvero questo il modo ideale di chiudere una carriera così pesante, importante? A cosa può effettivamente portare questo attrito, questa ruggine? Da un punto di vista, per così dire, esterno, la risposta è chiaramente negativa. Si dirà, un campione deve ritirarsi nel momento apicale, al top della sua carriera, della sua forma (un po’ come fece Nedved, insomma). Provando ad immaginare il punto di vista di Totti, tuttavia, la soluzione non è così scontata. Quando (come lui stesso ha dichiarato) ci si sente ancora pienamente dei calciatori, quando è immutata quella voglia matta di tenere una sfera tra i piedi, quando il calcio riesce (ancora) a prevalere sul piacere della tavola e, più in generale, sui piaceri che una tale vita può offrire, chi siamo noi (s’intende usare la prima persona plurale, in piena consapevolezza dell’errore stilistico) per sentenziare un ritiro? Non è possibile, sulla base di astratte ed esterne considerazioni, considerare un giocatore bollito. È altrettanto chiaro che Totti non sia più un giovincello, che i venti anni di attività agonistica pesino, anche molto, sulle sue gambe. Un giocatore della sua caratura potrebbe (o dovrebbe?) iniziare ad assumere una diversa posizione all’interno della squadra: quasi fosse un collante, linfa vitale di una struttura che abbisogna del proprio capitano, dentro come fuori dal campo.
I casi analoghi
Quello di Totti non è un “unicum”. Si è assistito, nel corso della storia del calcio, ad eventi e situazioni molto vicine: capitani traditi, bandiere ammainate. Si pensi, per rimanere in patria, ad un altro campionissimo: Alex Del Piero, il quale chiuse la propria storia d’amore alla Juventus in maniera non proprio idilliaca. Venuto ai ferri corti con la dirigenza e con il Mister Conte, si vide negare il secondo rinnovo annuale. Come dimenticare, poi, l’ultima partita in rossonero dell’inarrivabile Paolo Maldini, che prestò l’intera sua carriera alla causa milanista. Paolino, durante il giro di campo, fu inspiegabilmente contestato da un frangia di ultras milanisti. Sia Alex che Paolo sono fuggiti altrove, non desiderati da quei club per cui tanto sudore, cuore e dolore diedero. Un pochino meglio è andata a Javier Zanetti, bandiera dell’Inter. Nonostante fosse stato relegato ad una perenne, quanto dolorosa, panchina dal mai amato Mazzarri, l’argentino è stato ricompensato dai vertici societari con l’incarico alla vicepresidenza del club. Il calcio conosce molte altre storie, tristemente simili, relative al calcio estero. Si faccia l’esempio di Raúl e Casillas, leggende del Real Madrid, praticamente esiliati da Mourinho.
When you’re at the Italian Footballer of the Year Awards but have five-a-side straight after… #DelPiero pic.twitter.com/3sXUHWCfJR
— Dream Team (@dreamteamfc) 18 Gennaio 2016
Epiloghi ingloriosi, che non si confanno alla storia dettata e scritta da queste nostalgiche bandiere viventi. Bandiere, spesso, dimenticate troppo facilmente.
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