Capitalismo selvaggio

Creato il 19 maggio 2012 da Renzomazzetti

MOSCAGALERA.

Una enorme tragedia sta percorrendo uno dei paesi più grande del mondo, quello in cui ebbe luogo la Rivoluzione d’ottobre. Condanna netta, immediata e recisa del tentato colpo di stato in Russia. Golpe per certi versi assai strano. Strano infatti che i golpisti siano andati ad arrestare in Crimea Gorbaciov e non abbiano invece tentato di bloccare a Mosca Eltsin e i suoi più stretti collaboratori. Se è chiaro che sarebbe fantapolitica pensare ad un accordo tra Eltsin e quanti avevano progettato il tentato colpo di stato, è anche evidente che questi ultimi speravano in una convergenza, almeno momentanea, degli obiettivi. Si illudevano in un’alleanza antigorbacioviana che avrebbe loro permesso di prendere il potere. Potere che è ormai passato nelle mani del blocco eltsiniano. Ma va rilevato che questo blocco agisce solo a Mosca e a Leningrado, e che la stragrande maggioranza della popolazione è ormai in una condizione di assoluta sfiducia. L’Urss ha perso nell’ultimo anno il 37% del reddito nazionale, nascono nuove diffuse povertà soprattutto nei ceti urbani. Il rischio è quello che si passi da un sistema burocratico militare al capitalismo selvaggio. Il rischio reale è quello che si formi un’alleanza tra la destra russa (quella che ha preso il provvedimento di scioglimento del Pcus) e il capitale finanziario internazionale per lo sfruttamento della forza lavoro e delle risorse di quel paese. Per noi la Rivoluzione d’ottobre resta una grande e positiva pagina della storia dell’umanità. E’ grazie all’Ottobre che si è sfondato il muro dell’arretratezza medioevale in Russia e in tanti altri paesi del mondo. La Rivoluzione ha allevato gli ideali di liberazione delle donne e degli uomini dallo sfruttamento, l’ideale della solidarietà tra le nazioni. Ma negli anni seguiti a quell’avvenimento epocale si è sviluppato in quel paese un comando autoritario e burocratico. Abbiamo assistito a una degenerazione e a una trasformazione di quei progetti politici. La causa fondamentale degli avvenimenti va ricercata nel fatto che la prima rivoluzione socialista è avvenuta nel paese meno adatto. Non solo Marx, ma persino Lenin, pensavano a un corso completamente differente. Ma le ragioni di una crescita di un comando autoritario e della formazione di un apparato burocratico, di un potere che è apparso estraneo e nemico alla maggioranza della popolazione, vanno viste anche nella condizione di assedio di quel paese, paese che sarà subito invaso dopo la Rivoluzione, e nuovamente col fascismo persino fino a Mosca. Quando nel mondo un miliardo mangia e gli altri quattro no, quando lo sviluppo innegabile (pur tra immani contraddizioni) del nord del mondo è fondato sul sottosviluppo del sud, si può e si deve parlare di bisogno di comunismo. Comunismo che coincide con un allargamento della democrazia. E’ la nostra storia di comunisti italiani allevati alla scuola di Gramsci che ci fa dire che i burocrati militari non erano comunisti e che noi lo siamo. Sottolineo che proprio questo tipo di ragionamenti sulla degenerazione dell’esperienza sovietica mi causò difficoltà nel Pci, proprio da quelli che ora si agitano a dichiarare il comunismo un tragico errore. E’ necessario lottare per l’affermazione di una società diversa e più giusta, per la libertà comunista. Infatti la storia ha cicli lunghi. I fiumi quando partono arrivano al mare, anche se magari deviano il loro corso o trovano ostacoli che momentaneamente fermano il flusso dell’acqua, o spariscono sottoterra. E’ impossibile invece che un fiume dal mare torni alla montagna. La storia delle donne e degli uomini cammina e non va indietro. (Appunto del discorso di Lucio Libertini alla festa di Rifondazione Comunista, San Giuliano Terme, agosto 1991).

LA    SCRITTA   INVINCIBILE

Al tempo della guerra mondiale

in una cella del carcere italiano di San Carlo

pieno di soldati arrestati, di ubriachi e di ladri,

un soldato socialista incise sul muro col lapis copiativo:

viva Lenin!

Su, in alto, nella cella semibuia, appena visibile,

ma scritto in maiuscole enormi.

Quando i secondini videro, mandarono un imbianchino

con un secchio di calce

e quello, con un lungo pennello,

imbiancò la scritta minacciosa.

Ma siccome, con la sua calce,

aveva seguito soltanto i caratteri

ecco che c’è scritto nella cella, in bianco:

viva Lenin!

Soltanto un secondo imbianchino

coprì il tutto con più largo pennello

sì che per lunghe ore non si vide più nulla. Ma al mattino,

quando la calce fu asciutta, ricomparve la scritta:

viva Lenin!

Allora i secondini mandarono contro la scritta un muratore

armato di coltello.

E quello raschiò una lettera dopo l’altra, per un’ora buona.

E quand’ebbe finito, c’era nella cella, ormai senza colore

ma incisa a fondo nel muro, la scritta invincibile:

viva Lenin!

E ora levate il muro! Disse il soldato.

-Bertolt  Brecht-

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