Capitan Bretagna - tutto quello che dovreste sapere -

Creato il 17 gennaio 2015 da Paradisiartificiali
Una breve introduzione.
L' Inghilterra nella decade degli anni '70, non se la passa tanto bene. C'è l'IRA, c'è la crisi economica data dalla nascita dei primi brand sovranazionali che di fatto distruggono  l'economia delle piccole fabbriche.
Il disagio sociale trova una valvola di sfogo nel campo musicale, The Clash, il glam rock di David Bowie. I Sex Pistols con la loro lirica graffiante e la anarco-filosofia nota con l'acronimo DIY, fattelo per conto tuo.
In campo editoriale c' è un mortorio dilagante, il fumetto inglese rispecchia la crisi  del paese, autori validi latitano e le vecchie gloriose pubblicazioni come Roy of the Rovers  e Valiant, sono miraggio di un passato lontano.

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Anche per la Marvel U.K., la succursale inglese della Marvel Ent.Comics, non è tempo di  rose, le poche testate che pubblica, sono disordinate ristampe del materiale americano, in un deludente bianco e nero e dai titoli quasi imbarazzanti, come Super Spiderman ed Hulk Comic.
E per dare una botta di vita al mercato inglese che nel 1976, sotto ordine dei capoccia, C.Claremont ed un Kirbyco Herb Trimpe, danno vita ad un supereroe inglese, la risposta britannica al Capitan America.
Il successo sperato però non arriva, e non arriva nemmeno con l'inserimento di Captain Britain, nella continuity Marvel 616, neanche con partner d'eccellenza come Nick Fury, lo stesso Cap, o nemici come il Teschio Rosso, Capitan Bretagna fatica a trovare posto nel cuore dei disincantati lettori inglesi, tanto che nel 1977, dopo poco più di un anno, chiude. Il nuovo tentativo di recupero è tutto americano, un team up con Spiderman, (Claremont-Byrne),ed  una apparizione nel primo mega evento Marvel, il semisconociuto Contest of Champions ( in Italia For Fans Only n.5).
La vera prima genesi di successo dell'eroe inglese è del 1981, su Marvel Superheroes sotto la supervisione di Bernie Jaye, ( o era Paul Neary?) Editor in Chief della Marvel U.K. che riesce a strappare alla casa madre un budget ed il permesso di produrre materiale inedito piuttosto che ristampare i fumetti americani.
L'autore del refresh del capitano è Dave Thorpe, che insieme al sublime Alan Davis ridisegnano costume, abilità e charactering del supereroe inglese, in una serie di brevi storie, da sette-otto pagine l'una che riflettono perfettamente  il rinascimento inglese in materia di comics.
Eh si, siamo negli anni '80 ormai. Il fumetto inglese ha smesso di strisciare, si è messo in piedi e detta legge evolutive, il revisionismo e la decostruzione del concetto di supereroe e del fumetto in generale partono da quest' isola, ed il paradosso è che è proprio la Marvel U.K, uno dei prosperosi seni che nutre le geniune serpi che nell'immediato futuro invaderanno l' America con le loro idee rivoluzionarie,
Dopo l'abbandono di Thorpe, la serie passa nelle mani di Alan Moore, editorialmente è il luglio del 1982, e questo autore sta conquistando consensi con altre due serie per la Warrior di Derek Skinn della Quality Communications, per il quale scrive due autentici immortali capolavori: V for Vendetta e Marvelman.
Per la Marvel U.K. è quasi un obbligo arruolare un talento del genere, che nel rispetto del lavoro delle idee di Thorpe confeziona una saga ancora godibilissima  che conquista i lettori inglesi dal luglio 1982, al giugno del 1984. Il Capitan Bretagna di Alan Moore è una appetibilissima lettura, quello che però lo rende grande è un analisi contestualizzata al suo periodo storico. Non si deve considerare l'opera di Alan Moore ed Alan Davis limitandosi alla lettura del comodo TP nato anni ed anni dopo, il lavoro di Moore e Davis va analizzato per quello che è, un continuo sperimentare di soluzioni innovative ed accativanti capaci di catturare il lettore in sole sei otto pagine, è questo che fa grande il lavoro di Moore e Davis.
Gli spazi entro i quali i due autori potevano muoversi erano molto misurati, e nonostante questo sono riusciti nell'intento di portare ai lettori una lettura fresca, divertente ed appassionante, carica della ricercata forma di scrittura del bardo, del suo amore eterno per questo media, rivelabile nella caratterizzazione, e del sudore del disegnatore Alan Davis, che costantemente, numero dopo numero ha riversato in un numero così esiguo di tavole tutta l' appetibile genialità del NON ancora bardo, -ma già un grande autore-
Una ghiandola trasuda. Un circuito si apre.

Il tormentone didascalico che accompagna la presenza dell'inquietante Furia nelle tavole di Capt. Britain, è una delle tante prove di quel che dico.
Posso e potete solo immaginare l'impatto che deve aver avuto dal Cybiota, metà macchina e metà uomo ideato dal folle Jasper di Terra 238, sui lettori di quell'epoca.
I semi del decostruzionismo, sparsi da Alan Moore, la Furia, l' assassino di supereroi, creato da un folle, che si è finto un politico, e che ha mosso la sua campagna d'odio verso gli avventurieri in costume per conquistare il suo mondo, fino a spingersi all'omicidio di massa. Temi che rispecchiano l'opprimente situazione sociale inglese Tatcheriana, e che comunque cari a Moore verranno anche ripresi nell'opera suprema dell'autore inglese, Watchmen.
  Difficile non innamorarsi del Capitan Bretagna di Alan Moore, dell' Arc noto come Jasper's Warp, in cui l'autore inglese gioca con il concetto di Universi Paralleli, regalando ai lettori una lettura divertentissima, con dei personaggi che hanno fatto la fortuna della Marvel anche in futuro quando Moore è andato via. Questa miniserie è interessante da leggere anche perchè lascia intendere il concetto di proprietà intellettuale dell'autore, mai condiviso dalle major e dalle quali si è allontanato sempre con dolorose separazioni, nella storia intitolata Giustizia Sommaria, apparsa per la prima volta su Daredevils, la rivista Marvel UK che curava interamente lui, arricchendola di redazionali degni della regina delle fanzine, in una tavola si vede la Furia assassinare un certo Miraclelman, e dal costume è lampante che si tratta del personaggio della serie firmata da lui, che lo avrebbe reso il creatore del genere decostruzionistico che da lì in poi avrebbe impostato le storie sui supereroi in un' ottica più matura e meno smaliziata, in corso in parallelo nello stesso periodo su Warriors, con il nome di Marvelman, che sarebbe poi diventato Miracleman proprio per via delle diatribe legali legate alle sue opere, editorialmente parlando delle miniere d'oro quali che siano gli anni di pubblicazione.
Difficile non innamorarsi della caratterizzazione dei personaggi, la geninuinità di Brian pe esempio, come anche è difficile restare indifferenti  al fascino delle creazioni di Moore e le situazioni in cui vengono a trovarsi. I mercenari assunti dalla bella e glaciale Saturnyne, per rapire Brian e farlo testimoniare al processo contro di essa alla sede dell'omniverso, sono semplicemente sublimi. Come sublime è la Crazy Gang, che ritroveremo poi (magie del copyright) nelle fortunate mani di un Delano particolarmente ispirato nella successiva miniserie che fa da apripista all' Excalibur di Claremont.
Il gioco narrativo che Moore sviluppa in questa saga, non annoia mai, per quanto appetibile, c'è un forte salto qualitativo con l'arrivo del Bardo in sostituzione a Thorpe. I testi si arricchiscono, e la cura che il nuovo autore riversa verso questi è così evidente che la vedrebbe anche un cieco.
Del disegnatore è quasi superfluo spendere parole. In termini econonmici Davis è cresciuto proprio durante questo ingaggio, e la sua matita resterà a lungo legata al personaggio di Captain Britain, perchè illustrerà anche le storie scritte da Jamie Delano e la futura Excalibur di Claremont. Le matite di Alan Davis sono in continua evoluzione, ed è bellissimo vedere la sua dimestichezza, la sua bravura nella geometria della tavola, l'invidiabile maestria di un illustratore, che sfrutta tutta la sua bravura nello storytelling per chiudere nelle poche tavole su cui lavorare, conseguenze del budget ridotto a disposizione della succursale inglese della casa delle Idee,  riversare in quelle poche tavole, tutta la fresca energia dei testi dello scrittore.
In una intervista lo stesso Davis dichiarò che per quel che concerne i compensi, che veniva pagato per 8 pagine, quando in realtà con la rivoluzionaria divisione delle stesse, per rendere lineare ad appetibile la narrazione, ne disegnava almeno tecnicamente 10.
Alan Davis come fumettista senza dubbio alcuno si è forgiato in queste pagine.
Si indubbiamente  Il Capitan Bretagna di Alan Moore è un volume da avere assolutamente. Ma più che il Marvel Gold Panini, che contiene solo le storie firmate da Moore, sarebbe il caso rimediare i due vecchi Archives della Marvel Italia,  che contengono non solo l'intera run di Moore, ma anche i primi numeri scritti da Dave Thorpe, che aiutano sicuramente a capire su cosa stia lavorando il bardo.
Bene era da tempo che non vi rifilavo un pezzo così ricco.
Leggete questa ennesima opera del Bardo e divertitevi a leggerla con più chiavi, prima godetevene la freschezza, poi assaporate la passione degli inizi della carriera di un autore, che non ha mai smesso di amare il media fumetto, dopodichè armatevi di un occhio più attento e cercate di cogliere oltre le pagine, contestualizzando il fumetto al suo periodo di nascita editoriale.
Lo amerete come tutto il resto.
Baci ai pupi.

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