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Capitan Harlock: Il futuro è già passato – La recensione del lungometraggio Toei Animation

Creato il 12 gennaio 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

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Il fardello della trasposizione

Capitan Harlock: Il futuro è già passato   La recensione del lungometraggio Toei Animation Toei Animation Tetsuya Takahashi Shinji Aramaki Leiji Matsumoto In Evidenza Harutoshi Fukui Capitan Harlock Sulle spalle della gravava un’enorme responsabilità, quella di dare una degna trasposizione cinematografica a un’icona del fumetto e dell’animazione giapponese: quel idolatrato da migliaia di fan sparsi per il globo, che attendevano il ritorno del taciturno comandante dell’Arcadia.

Ad aumentare ulteriormente la pesantezza di tale fardello vi erano anche le difficoltà di sintetizzare su pellicola un universo estremamente vasto e ricco di possibili scenari rappresentativi.

Nonostante le pressioni, la casa cinematografica ha scelto una via coraggiosa, destrutturare la costruzione originaria del mangaka Leiji Matsumoto per concentrarsi su contesti più moderni e inclini alla cultura recente, senza che questo percorso andasse a destabilizzare eccessivamente i capisaldi del prodotto originario, ricercando un equilibrio alla fine raggiunto solo in parte.

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L’ombra dell’Arcadia

Come anticipato il canovaccio narrativo si discosta notevolmente dall’incipit originario, descrivendo un futuristico 2977 segnato dall’instabilità socio-politica del genere umano, arrivato a contare 500 miliardi di individui ormai profughi in un mare di stelle, desiderosi di tornare nella loro madre patria, nonostante le palesi difficoltà per un avvenire sostenibile.
A impedire il ritorno agognato da tutti vi è la Gaia Sanction, istituzione sovranazionale che si impone come ultimo baluardo a difesa della Terra.
Ma un’ombra di libertà veleggia nello Spazio, quella dell’Arcadia e del suo capitano, simbolo della lotta contro la Gaia e il suo regime dittatoriale.

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In tale scenario si compiono i destini di due fratelli, Yama ed Ezra, molto diversi per carattere e ambizioni personali. Due vite legate non solo dal vincolo di sangue ma anche da un triste passato, l’eco del quale risuonerà per tutto il corso dell’avventura, divenendo il leitmotiv principale della sceneggiatura di Harutoshi Fukui, affiancato per l’occasione dallo stesso Matsumoto.
Fondamentale risulta la figura di Yama, il più giovane dei due, che entrando in contatto col capitano dell’Arcadia avrà modo di modificare le proprie convinzioni morali, attraverso una sorta di crescita interiore. Con Harlock nei panni del saggio mentore dal triste passato, deciso a riscattare il proprio onore attraverso un lungo cammino di redenzione, anche a costo di destabilizzare i nodi temporali dell’universo stesso.
La centralità di tale vicenda corrisponde a una perfetta sintesi delle lotte interne alla stessa popolazione umana, divisa tra chi appoggia ciecamente l’assolutismo della Gaia e chi cerca di opporsi a tale dittatura. In questo senso, Ezra e Yama, diventano rispettivamente lo specchio di entrambe le fazioni.

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Il gioco delle parti

Quello che certamente non piacerà ai puristi del brand saranno le peculiari scelte di storytelling, non focalizzate direttamente su Harlock bensì su un impianto narrativo che lo circonda fino a renderlo uno degli attori principali solo in un secondo momento del film.

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Paradossalmente, tale approccio rende l’immagine del capitano più intangibile, lontana e, per certi versi, mistica rispetto ai suoi stessi comprimari, venendo trattato più come una leggenda vivente che un primo superiore, fino a subire un processo di deificazione verso le battute finali.
Tale rimaneggiamento nel gioco delle parti tocca anche l’intero equipaggio, con grandi assenti e rimodellamenti caratteriali. Un esempio per tutti è Yattaran: originariamente introverso e schivo nell’anime del ’78, nel film diventa un simbolo della lotta armata grazie a un temperamento forte e deciso.

Sotto quest’aspetto, emergono i passi falsi di una sceneggiatura non sempre capace di donare il giusto spazio alle vicende umane. Imperfezioni che risaltano anche in altre situazioni meritevoli di una maggiore cura, come le connessioni tra gli intenti nel presente e le loro motivazioni nel passato, che si perdono in un gioco di incastri non sempre riusciti.

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Dark Matter, stelle di neutroni e contrazioni di pianeti

 

Tralasciando un 3D pressoché inutile, sotto il profilo tecnico non c’è dubbio che il budget stanziato per il film, equivalente in yen a circa 30 milioni di dollari, sia stato ben speso.

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La scelta di utilizzare la CG, coadiuvata da innovative tecniche di motion capture, rende l’esperienza visiva più verosimile di quanto sperato, non solo per il livello di dettaglio raggiunto ma anche per la perfetta performance degli attori virtuali. Ovviamente Harlock risulta quello più curato in termini stilistici, ma anche tutti i comprimari, le ambientazioni, le strutture, le navicelle, le armi e gli equipaggiamenti futuristici sono frutto di un lavoro certosino.
Ottime anche le scelte di design, che rendono ogni contesto dell’avventura perfettamente inglobato nella totalità dell’esperienza.

A innalzarsi oltre ogni più rosea previsione vi sono le visionarie scelte legate alla componente tecnologica, come motori a Dark Matter (materia oscura), con buona pace di quelli a curvatura tanto cari a J.J. Abrams, stelle di  neutroni convogliate come semplici pile e pianeti portati alla loro massima contrazione sostenibile al fine di generare raggi al plasma dall’inaudita potenza.

Una menzione d’onore va di certo all’Arcadia, protagonista silente dell’intera avventura grazie agli up-grade avveniristici concessi dalla razza aliena dei Nibelunghi (1).
Il sonoro risulta perfettamente adatto ai vari momenti della pellicola, tanto nelle battaglie che nei momenti più riflessivi, con l’aggiunta di un doppiaggio riuscito ma non esente da alcune sbavature, se pur isolate.

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Quello che forse non piacerà al fan d’annata è l’estrema somiglianza della formula artistica alla saga JRPG (Japanese Role Playing Game) targata Square Enix, quel Final Fantasy ormai divenuto una sorta di patrimonio culturale della società nipponica. Tuttavia le assonanze della pellicola di Shinji Aramaki a tale saga videoludica costituiscono un ottimo elemento per attrarre le generazioni odierne verso le vicende del taciturno capitano.

Conclusioni

Nel dare una valutazione finale, non si può negare che il film sia il frutto d’innumerevoli buone idee e di altrettanti ripensamenti.
Il livello tecnico raggiunto e la grandiosità di uno spazio vivo e pulsante sono certamente elementi di spicco in una produzione che si è districata al meglio tra fan service e personali scelte di background.
Tuttavia, innumerevoli contrazioni e passi falsi nella sceneggiatura, con vari elementi mal dosati e intrecci narrativi non proprio perfetti potrebbero creare un malcontento generale proprio tra i fan più accaniti di Harlock, a favore dei gusti delle nuove generazioni.

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Abbiamo parlato di:
Capitan Harlock: Il futuro è già passato
Durata: 115 min
Genere: Animazione, Fantasy, Avventura
Regia: Shinji Aramaki
Soggetto: Capitan Harlock, di Leiji Matsumoto
Sceneggiatura: Harutoshi Fukui e Leiji Matsumoto
Musiche: Tetsuya Takahashi
Casa Produttrice: Toei Animation, 2014

Note

  1.  La citazione alla saga parallela de: L’anello dei Nibelunghi, sempre ideata da Matsumoto, è utilizzata nella pellicola esclusivamente come pretesto narrativo per giustificare la presenza del motore a Dark Matter dell’Arcadia. Infatti, nel film, tale motore è gestito da Meeme (nell’anime Mime), ultima esponente rimasta della suddetta razza aliena, che ricopre il ruolo di navigatrice. Mentre per quanto riguarda la trama della saga indicata, non vi sono altri collegamenti inerenti a tale contesto. [↩]

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