Avevo deciso di affrontare il discorso con loro. Speravo di poter chiarire e dimenticare, per quanto possibile, tutto il male che avevamo subito. Ma prima di parlare con loro, avevo un'altra domanda da fare ad Alex, così lo chiamai.
<<Ciao dolcezza>> mi rispose. <<Ciao amore. Ti volevo chiedere una cosa. Quando ci siamo conosciuti, il giorno che sono svenuta e mi hai portato a casa, l'hai fatto … in un solo minuto. Come ... hai fatto?>> la mia voce risultò molto più interrogativa di quello che volevo.
<<Non ti sfugge proprio nulla eh?! Be' da quando siete andati via dalla nostra dimensione, ci sono stati molti progressi tecnologici. Uno di questi è un congegno elettronico che si collega direttamente al cervello tramite degli impulsi. Viene installato nelle fotocamere quando lo vogliamo utilizzare in questa dimensione, sai, per non dare nell’occhio. Premendo un tasto il congegno si attiva, si mette in comunicazione con il cervello e in un momento ti ritrovi da un'altra parte.>> mi rispose come se fosse la cosa più logica del mondo.
<<Allora, scusa, fammi capire. La tua fotocamera è in grado di trasportarti dove vuoi?>> chiesi sconcertata. <<In poche parole, il congegno riesce a captare il luogo nel quale vuoi andare e ti ci porta.>> Alex cominciò a rendersi conto che per me erano tutte cose assurde. <<Ma tranquilla amore, poi ti spiegherò meglio com’è possibile.>> cercò di rassicurarmi.<<Cioè in poche parole, mi stai dicendo che nell'altra dimensione è stato inventato … il teletrasporto?>> ero sempre più sbalordita e incredula. <<Be' ... si.>> mi rispose cauto.
Ci volle un po’ per chiarirmi le idee. Ma poi mi ritrovai a pensare che questa era una scoperta assolutamente grandiosa. Era la cosa che avevo sempre desiderato, sopratutto considerando che sono una ritardataria cronica.
<<So che sai tutto. Mi dispiace terribilmente per quello che è successo. Io non volevo farti soffrire. Non credevo sarebbe andata a finire in questo modo. Ero una persona diversa prima, una persona orribile.>> disse digrignando i denti per l’odio che provava per se stesso <<Io non so come ho potuto, non so. Mi odierai sicuramente per tutto questo>> si teneva la testa fra le mani. <<Scommetto che hai deciso di tornare di là. Certo, perché dovresti rimanere con noi?! Adesso hai la possibilità di riprendere la tua vita da dove l’avevi lasciata. Mio dio, potevo farmi i fatti miei! Potevo risparmiarvi tutto questo dolore.>> disse mentre una lacrima scendeva piano sulla sua guancia.Io guardai mia madre. Gli teneva la mano e lo guardava piena di rammarico. Ma non lo odiava affatto. <<Amore, tuo padre è molto cambiato, e ora>> mi disse mia madre, ma io la interruppi subito. <<Non c’è bisogno di dire niente mamma. So come stanno le cose, non ti preoccupare. Alex e Martina mi hanno raccontato tutti i dettagli. Papà, io non ti odio per niente. Ti ho sempre voluto bene per la persona che sei. La persona dolce e premurosa che ho sempre conosciuto. Immagino quanto sia stata dura per te convivere con questo rimorso. Ma voglio solo sapere, perché volevi far saltareil governo. Cosa ti ha spinto? In fondo tu e il governatore eravate amici.>> volevo una spiegazione.<<Tutti i componenti del governo odiavano il governatore e volevano che si dimettesse a tutti i costi. Io all’inizio volevo impedirglielo. Poi mi hanno offerto dei soldi. Tanti soldi. Io … li ho accettati … perché sapevo che da solo non avrei potuto comunque salvare la situazione.>> mi rispose mio padre con un filo di voce.<<Ho capito. Ma adesso la cosa importante è che sei cambiato. Gli errori purtroppo si fanno nella vita, ma se ci si rialza e si va avanti a testa alta come hai fatto tu vuol dire che dai propri errori si vuole solo imparare, per non farli più.>> mio padre mi guardava orgoglioso e intenerito mentre gli dicevo queste parole. <<Comunque, ancora non ho deciso cosa fare. Non so se tornerò di là. È una scelta così difficile! Abbandonare tutto, abbandonare voi … Non so cosa fare. Ci devo pensare ancora. Papà, io voglio che tu sappia … che ti voglio bene, e … che ti perdono.>> gli dissi mentre le lacrime scendevano inarrestabili sui nostri volti. Lo abbracciai forte, mentre mia madre mi accarezzava la schiena affettuosamente e mio padre non smetteva di dirmi grazie.Fu un momento in cui le mie emozioni toccarono il culmine. Ma la mia testa era affollata dalle decisioni che avrei dovuto prendere e che tutti si aspettavano al più presto. L’impressione era che non avrei per niente dormito quella notte.