I giorni passavano e la nostra complicità cresceva in modo esponenziale. A scuola ormai tutti sapevano che stavamo insieme. Lui stava al mio fianco sempre. Ogni giorno il mio cuore correva all’impazzata. La sua presenza, i suoi occhi, il suo sorriso. Ogni cosa di lui mi mandava in fibrillazione. Lo amavo pazzamente.Finalmente l’ultima campanella segnò la fine delle lezioni. Mi sbrigai a mettere tutto nello zaino per correre fuori dal mio angelo.Mentre infilavo l’ultimo libro, una voce nel mio orecchio. <<Ciao dolcezza. Che ne dici di pizza e mortadella sulla nostra panchina?>>. Mi voltai di scatto e il suo sorriso avvolse ogni mio gesto vitale. Ipnosi totale. Martina rideva di noi. <<Ma che bei piccioncini! Siete talmente dolci che mi sta venendo il diabete.>> uscì dalla classe e si avvivò all’uscita. Noi ci accodammo a lei. <<Come faccio a dirti di no?>> stare con lui era tutto ciò che volevo. <<Ammettilo che non puoi resistere al mio fascino!>> mi disse prendendomi in giro. <<No, non posso resistere alla mortadella.>> mentii. Ricambiai i suoi sorrisi. Il suo viso dolce mi metteva totalmente di buonumore. Martina ci aspettava al cancello. Ci salutò con un bacio e si avviò a casa. Il pomeriggio con lui passò troppo in fretta. Parlammo delle nostre vite. Molte cose ci erano comuni. Cominciavo a pensare che non era una coincidenza se ci eravamo conosciuti. Ma tutto mi era ancora oscuro riguardo a quello che dovevo ricordare. Il buco nero era ancora nella mia testa. Ogni volta che mi sforzavo di ricordare il dolore arrivava come una martellata. Era l’ora di tornare a casa. Lui mi prese la mano e mi accompagnò alla fermata dell’autobus. << Cri, io non posso più vivere senza di te. Io ti amo… ti amo da sempre.>> disse improvvisamente stringendomi le mani. Tutto si fermò in quell’istante. Sentivo nella mia testa il rimbombo dei miei battiti. Sempre più veloci. Poi come una trottola impazzita, tutto cominciò a girare. E poi il buio e il silenzio. Mi risvegliai a casa, sul mio letto. Gli occhi si posarono sull’orologio della mia camera. Era passato solo un minuto. Un minuto prima ero alla fermata dell’autobus. Com’era possibile fare quindici chilometri in un minuto? Mi voltai e vidi il suo viso d’angelo accanto a me. Mi fissava preoccupato e impaurito. Schizzai sul letto, preoccupata per quello che avrebbe pensato mia madre. Una fitta fortissima mi colpì la testa. Caddi di nuovo sul cuscino arricciando gli occhi per il dolore.<<Ssshhh… ferma, ferma! Dove vuoi andare?>> il suo sorriso dolce mi riportò fra le nuvole. <<Cosa è successo? Dov’è mia madre? Se ti vede qui chissà cosa penserà. Devi andartene…>>lo implorai. Ma la mia voce risultò rauca e dolorante. <<Tua madre non c’è. Sennò non ti avrei portato qui. Stai tranquilla!>><<Come… facevi a saperlo… che mia madre non c’era? Come sapevi dov’è la mia casa? Come abbiamo fatto ad arrivare qui in così poco tempo?>> la mia testa stava per esplodere. <<Ti spiegherò tutto quando ti sentirai meglio. Ora devi riposare un po’. Io resterò qui, promesso. Chiudi gli occhi adesso.>>. Al mio risveglio era già buio. Mia madre era accanto a me e mi accarezzava la fronte. <<Hai la febbre alta tesoro. Ma perché non mi hai chiamato? Sarei tornata a casa subito. Sono rientrata e ti ho trovata sul letto. Ho provato a svegliarti ma non mi hai risposto. Prendi un’aspirina, tieni.>> mi passò un bicchiere d’acqua. <<Mamma… ho un mal di testa fortissimo!>>. <<Con questa starai meglio. Stamattina ti ho vista un po’ strana, ma non pensavo ti stesse venendo la febbre.>>. Presi l’aspirina e rimisi la testa sul cuscino. <<Voglio riposare un altro po’ mamma. Ho sonno.>> la liquidai. Volevo pensare in realtà. Forse era stato tutto un sogno. Un’illusione dovuta alla febbre alta. Le lacrime scesero veloci sulle mie guance. Le sentivo bollenti. In effetti, era troppo bello per essere vero. Era stato solo un bellissimo sogno. Ora tutto era svanito.Un rumore mi fece sobbalzare. Da sotto la scrivania uscì Alex. Non ci potevo credere! Era reale, in carne ed ossa. <<Ho sentito tua madre arrivare e mi sono nascosto. Come ti senti?>> mi chiese con gli occhi preoccupati. <<Adesso che ti ho visto, molto meglio. Credevo che fossi stato solo un sogno! Non l’avrei sopportato.>>. Alex mi prese la mano e me l’accarezzò dolcemente. <<Alex, anche io ti amo da morire!>> la voce uscì tremante, palesemente scossa dai battiti impazziti del mio cuore. Nella penombra Alex mi fissava. Una lacrima brillò sulla sua guancia, al riflesso del tramonto che si intrufolava dalla finestra. Rimanemmo abbracciati tutta la sera. La febbre passò in una notte. Non saprò mai se fosse dovuta a un raffreddamento o all’amore che Alex provava per me.