Cappella di Notre Dame du Haut.

Creato il 18 marzo 2014 da Il Viaggiatore Ignorante


E' maggio, ma la morsa del freddo non lascia libertà alla primavera: il cielo è di un grigio insolito per questa stagione, uniforme e sordo, persino la nebbia continua imperterrita a salire dal bosco sui i fianchi della collina, che nei miei ricordi è una fitta faggeta. Lungo la strada che porta alla sommità di Ronchamp su cui sorge la cappella progettata da Le Corbusier le aspettative inevitabilmente crescono. Troppe volte vista nei libri: in questi casi non c'è spazio per le vie di mezzo, o calore o freddezza, o si rimane a bocca aperta oppure con le ciglia aggrottate sorge uno spontaneo "tutto qui"? Varco l'ingresso del complesso religioso fiduciosa che sarà stupore. 

La cappella sorge in un luogo carico di misticismo, prescelto fin dall'antichità per i culti pagani, probabilmente per la posizione privilegiata da cui si gode una vista libera su tutto l'intorno. Successivamente il sito fu convertito al culto cristiano, la prima cappella eretta fu distrutta negli anni venti del Novecento da un incendio e la seconda fu bombardata durante il conflitto mondiale poco dopo la sua ricostruzione. Nel dopoguerra venne affidato a Le Corbu il compito di progettare la nuova cappella. Fu una lunga gestazione: cinque anni ci vollero per il progetto, due per la realizzazione e finalmente il 25 giugno 1955 venne inaugurata. Guardando l'edificio sembra quasi impossibile riconoscere la mano di un razionalista puro, che ha teorizzato e costantemente cercato di applicare i cinque punti dell'architettura nelle sue opere: pilotis, pianta libera, finestre a nastro, facciata libera e tetto giardino. Le Corbusier, ispirato dalla bellezza e dall'armonia del territorio, ebbe la capacità di leggere nel paesaggio la presenza di quattro orizzonti, che in modo analogo ai cinque punti, divennero elementi fondativi del percorso progettuale: a est il profilo delle colline dell'Alsazia, a sud una valle, a ovest la piana del fiume Saône, a nord un'altra piccola valle con un piccolo villaggio. Contemplando il panorama egli rimase folgorato dalle linee morbide, ondulate e asimmetriche, che tratteggiano il carattere distintivo di queste vedute, a tal punto da sentire il bisogno di erigere un edificio la cui forma fosse in sintonia con questo paesaggio. Nella testa del progettista si sviluppava a poco a poco l'idea di una cappella al tempo stesso sensazionale ed essenziale, senza alcun tipo di decoro affinchè linee e piani potessero diventare i veri protagonisti del colloquio con il contesto. Salendo un viottolo asfaltato mi bastano pochi passi e subito intravedo la sagoma della cappella. L'accesso è stato recentemente spostato in posizione opposta rispetto al progetto originario, integrandosi con il convento delle clarisse progettato da Renzo Piano. Questo trasferimento corrompe sicuramente la successione visiva dei fotogrammi che nella mente di L.C. avrebbero condotto il pellegrino alla graduale scoperta della sua architettura, ma credo sia una perdita recuperabile facilmente, la complessità dell'edificio invita a goderselo a tutto tondo senza trascurare nessuna parte. 

In cima mi accoglie l'abbraccio largo della parete concava rivolta a sud, all'apparenza materica, ma piegata quasi fosse un cartoncino sottile in grado di reggere un poderoso tetto che sembra un guscio di crostaceo. Proseguo e scopro un'altra concavità sul lato est, quello dell'altare, sia all'interno della cappella che all'esterno. A questo punto i prospetti iniziano ad irrigidirsi ed a chiudersi su se stessi, se quello nord presenta ancora delle aperture, quello ad ovest è completamente muto: nessuna bucatura dell'involucro che possa mettere in comunicazione dentro e fuori. La particolarità di questo prospetto è il disegno raffinato del doccione per lo scolo delle acque del tetto, una vera e propria scultura che spezza la monotonia delle linee. I tre volumi svettanti corrispondono ad altrettante cappellette che completano il corpo principale ma al tempo stesso posseggono una identità propria tanto che al loro interno si riesce quasi a non percepire il resto dell'edificio. 





Finalmente mi affaccio all'ingresso e prima ancora di esservi entrata comprendo la vera essenza della cappella: la luce. Il dialogo con il paesaggio è meraviglioso, le rotondità e la morbidezza del disegno che fanno eco a quel che si legge all'orizzonte sono sicuramente una risposta esclusiva per un tema complesso, ma solo varcando la soglia si avverte la spiritualità di cui è intriso il progetto. Subito si viene travolti dal repentino cambiamento di luce: il candore grezzo delle pareti intonacate ma non rasate scompare improvvisamente per lasciare posto ad un buio limpido che predispone immediatamente lo stato d'animo alla contemplazione. Nella sala regna il silenzio, anche lo stupore non ha suono, ma è fatto solo di occhi sgranati. La luce proviene dalle finestre, dai lucernari delle cappelle ed inaspettatamente da una intercapedine di 10cm tra le pareti e la copertura. Ciò che fuori è una linea o una concavità scura, all'interno corrisponde ad un elemento luminoso che buca la massa opaca e permette di mantenere il contatto con il paesaggio esterno. La parete sud è forse la più commovente, grazie alle finestre diversamente strombate con la spalletta profonda ed i vetri colorati, che sono in grado di catturare i raggi del sole durante l'intera giornata contribuendo a rendere lo spazio fluido. La parete alle spalle dell'altare ha delle aperture che riflettono il cielo ed una teca contenente la Madonna: certe sere Maria pare abbia la luna sotto i piedi, come nel libro della Rivelazione, in cui si racconta di "una donna vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sulla testa una corona di dodici stelle". Ho provato una sensazione di intimità e raccoglimento che porto ancora oggi con me. 



 La cappella è realizzata interamente in cemento armato trattato plasticamente per ottenere le forme desiderate. La copertura appoggia su pilastri nascosti all'interno di spessi muri costruiti con i detriti della vecchia cappella; questo mi ricorda un po' quelle leggende antiche di defunti seppelliti nelle fondamenta per dare spirito vitale all'edificio, ma questa è un'altra storia. La parete sud ha la sezione di spessore variabile che arriva sino ad un metro, senza però avere alcuna funzione portante, scelta progettuale fondamentale ai fini di ottenere quel meraviglioso effetto luminoso. L'intonaco di finitura presenta una tessitura irregolare che contrasta, sia in termini di consistenza che per l'effetto chiaroscurale, con le superfici lisce di cemento. Questa estrema sintesi dei caratteri costruttivi non fa altro che rafforzare il dubbio che si insinua non appena si posano gli occhi sull'edificio: che fine hanno fatto i cinque punti dell'architettura razionalista? Sembra siano stati completamente negati, ma ritengo più probabile una reinterpretazione: Le Corbusier, avendo come modello di riferimento il padiglione dei Temps Nouveaux per l'esposizione di Parigi del 1937, si mise in gioco e tentò di percorrere una strada nuova per un progetto che non avrebbe trovato risposte esaustive nel codice razionalista standardizzato.  Mi hanno aiutata AA.VV. "Ronchamp. Chapel of light", néo editions, Besancon 2012 K. Frempton "Storia dell'architettura moderna", Zanichelli, Bologna 2000
Il Giardino dei Progetti.

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