Cappelli artigianali. La storia di Silvia, che li realizza a mano in pezzi unici

Creato il 04 gennaio 2015 da Elisadibattista @laureartigiani

Una laurea in Progettazione della Moda, all’interno della facoltà di Architettura, e la passione per i cappelli. Così Silvia Serra, 30enne toscana di Borgo a Buggiano (Pistoia), ha avviato Fruà, attività artigiana di realizzazione di cappelli e accessori moda fatti a mano, in pezzi unici e limitati.

Silvia, come hai deciso di dedicarti alla realizzazione di copricapi artigianali, invece di lavorare, ad esempio, in azienda?
«L’idea di creare copricapi è sempre stata in me, perché da sempre ho nutrito un grande interesse per questo tipo di accessori. Mi ricordo che durante le mie esperienze lavorative in sartoria la prima cosa che facevo, se vedevo un cappello nuovo o insolito, era andare davanti allo specchio per provarlo e vedere (un po’ per gioco e un po’ per curiosità) come la fisionomia e l’espressione del mio viso si trasformavano! Quello che mi piace della modisteria sono le infinite possibilità di creazione. Il cappello è un accessorio molto versatile e creativo, offre la possibilità di inventare infinite soluzioni estetiche e stilistiche partendo dallo stesso modello di base».

In genere che strada professionale intraprende chi segue il tuo stesso percorso formativo? Che sbocchi dà la tua laurea?
«Beh di solito quando un giovane intraprende gli studi nell’ambito della Progettazione della moda come Tecnico di Progetto in Abbigliamento, l’obiettivo principe è quello di entrare a far parte delle grandi maison e specializzarsi all’interno dei diversi uffici aziendali (settore marketing, ufficio stampa, web design, ufficio stile, ecc…). Ovviamente molti ci riescono grazie a tanti sacrifici e alla grande voglia di raggiungere i propri obiettivi».

Che tipo di esperienze lavorative hai svolto prima di avviare la tua attività e per quanto tempo?
«Provenendo dal settore della Grafica Pubblicitaria ho avuto modo di lavorare in diversi studi grafici e fotografici. Poi, durante il periodo universitario (e post universitario) ho avuto modo di approfondire l’ “arte del cucito” presso alcune sartorie teatrali e di moda. Dopo circa due anni dal conseguimento della Laurea ho deciso di iniziare così la mia avventura».

Quale investimento occorre ipotizzare per avviare un’attività come la tua?
«È difficile per me ipotizzare quale sia l’investimento che occorre: io l’ho fatto a piccoli passi comprando la maggior parte delle attrezzature quando frequentavo l’università. Però a grandi linee se si vuole lavorare in casa, come nel mio caso, e senza dipendenti, direi che tra tutto ce la si può fare tranquillamente entro il range dei 5 -10mila euro».

Di quali strumenti ti servi?
«Per i cappelli cuciti in tessuto adopero gli stessi strumenti che utilizza un sarto: forbici, aghi da cucito e spilli, ferro da stiro a vapore, macchina da cucire, metro da sarto, filo da imbastire e filo forte, gessetto da sarto, ditale, tessuti e telette di diverse pesantezze. Per i copricapi più rigidi, invece, la lavorazione avviene utilizzando forme di legno o alluminio. Il materiale, precedentemente indurito con un appretto (o mordente), viene modellato su una forma (legno o alluminio) con l’azione del vapore. Una volta asciutto, la forma del cappello si mantiene nel tempo. Si tratta di un processo lungo che richiede pazienza e attenzione ad ogni singolo dettaglio. Le materie prime che solitamente adopero sono tessuti naturali come cotone, lino, canapa, lana, paglia e feltro».

Con quali materie realizzi i tuoi cappelli?
«Di recente ho scoperto le stoffe d’arredo per interni. In generale, per me, la sfida più grande è quella di partire da tessuti poveri e greggi per nobilitarli, durante la fase creativa, con l’eleganza delle forme».

Come promuovi la tua attività?
«Partendo dal presupposto che il passaparola è la modalità più funzionale per farsi pubblicità, partecipo ad eventi e mostre di artigianato artistico dove ho la possibilità di esporre i miei cappelli e accessori, divertendomi molto con la creatività della presentazione e dell’allestimento. La promozione dei miei prodotti avviene sul mio sito e attraverso la pubblicazione di aggiornamenti sui social network (Facebook e Pinterest), che mi danno modo non solo di pubblicizzare la mia attività ma, cosa più importante, di entrare in contatto con le persone che vogliono conoscere questa realtà».

Cosa significa essere artigiana per te?
«Per me significa recuperare un po’ di quella lentezza produttiva che permette di avere un dialogo con il cliente per capire le sue esigenze. Recuperare un mestiere artigiano significa recuperare un po’ di quella bellezza, qualità e attenzione al dettaglio di ogni manufatto, tutte caratteristiche necessarie per chi vuole trovare un po’ di calma in questa vita frenetica, per chi cerca originalità e per chi ama distinguersi con un proprio stile».

La tua laurea ti torna utile?
«La mia laurea mi ha dato sicuramente un grande bagaglio culturale e una buona base teorica e tecnica indispensabile per chi fa un lavoro manuale. Nel mio caso si tratta di conoscere le fasi più importanti della progettazione: dal disegno tecnico alla realizzazione del cartamodello, dal saper “schizzare” un figurino al saper esporre un progetto al cliente. Il periodo universitario mi ha insegnato tre cose fondamentali che sono alla base di ogni attività lavorativa o imprenditoriale: costanza, programmazione e coraggio.
Tanti giovani hanno paura del proprio futuro e delle proprie capacità. Hanno paura di non farcela o di non riuscire a portare avanti il loro progetto di vita. Ma sono convinta che credere in se stessi è la base principale per raggiungere i propri obiettivi».

In futuro dove e come ti vedi?
«Mi vedo in un Atelier accogliente dove tutti possono ammirare, provare e acquistare un cappello, o un accessorio, direttamente dalle mani di chi l’ha creato».


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