Erano solo tre anni fa, quando Catherine Hardwicke portava al cinema il suo quarto film da regista. Si trattava del fortunato primo capitolo della saga “Twilight” (tra l’altro, l’episodio più riuscito visto fino ad ora). Ma la sorpresa, questa volta, è stata vedere il suo quinto film, “Cappuccetto Rosso Sangue”, ed avere la netta senzazione di trovarsi di fronte, ancora una volta, all’ennesima storia adolescenziale che trae i propri spunti proprio da quel “Twilight” che tanto ha avuto successo.
Partendo con un’amore impossibile, o quanto meno negato, tra la protagonista Valery e il suo Peter (stavolta la colpa è del ceto sociale e non della difficoltà di rapporto uomo/vampiro), fino ad arrivare al “solito” triangolo amororoso che viene a crearsi successivamente tra Valery, Peter e Henry (il terzo incomodo). Ad appesantire le coincidenze tra i due lungometraggi, un lupo mannaro nato dalla maledizione che affligge uno degli abitanti del villaggio, che pare sia disposto ad andarsene e a lasciare tutti in pace, solamente se la giovane Valerie fuggirà con lui.
Ma a non funzionare all’interno del film non sono solamente le analogie che questo ha con la saga di Stephenie Meyer, ma piuttosto la mancanza di coinvolgimento che riesce a trasmettere allo spettatore. Sensazione subito avvertita appena dalla prima scena. Complice magari un target di riferimento più basso, anagraficamente parlando, rispetto a quello di cui fa parte il sottoscritto, stà di fatto che “Cappuccetto Rosso Sangue”, ha il "pregio" di allontanare lo spettatore dalla sua storia e riuscire a farlo assistere ai suoi fatti con un’indifferenza totale raramente provata al cinema, tentando poi di rifarsi leggermente nel finale apportando qualche piccolo colpo di scena. Peccato che sia tutto molto prevedibile e scontato, forse proprio a causa della riciclicità di queste storie riportate alla nausea.
Dispiace tra l’altro sapere che Amanda Seyfried, la bella Amanda Seyfried, sarebbe potuta essere nel "Sucker Punch" di Snyder anziché in questo film e, dispiacere ancor maggiore, vedere di nuovo Gary Oldman arruolato in un personaggio già visto e antagonista di un film non all'altezza delle sue capacità. Anche se ormai ci stiamo abituando a vederlo esclusivamente in pellicole di questo tipo, apparte quando interpreta il commissario Gordon nel reboot di Batman firmato Christopher Nolan (che sta per terminare!).
“Cappuccetto Rosso Sangue” voleva essere una rivisitazione in chiave moderna della favola dei Fratelli Grimm, in realtà di quella favola non ha praticamente niente, apparte un mantello rosso indossato dalla protagonista e una scena in sogno in cui viene pronunciato il famoso dialogo: “Nonna che occhi grandi che hai…”.
Una delusione. La Hardwicke è reputata (anche da me) una regista molto brava e intelligente. Ma se il suo vuole essere un tipo di cinema che và oltre gli adolescenti, questa volta fallisce completamente il bersaglio, mancando, forse, anche un’ottima opportunità di affermarsi definitivamente al grande pubblico. Il suo risultato è un’opera che non può andare oltre determinati standard e che dovrebbe, magari, essere vietata ai maggiori di sedici anni.
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