Caprica (2009) – parte 1

Creato il 28 agosto 2011 da Elgraeco @HellGraeco

Quest’articolo è dedicato alla mia vicina di casa virtuale Lucia che, come me, ha bisogno di sapere…
Quasi due anni sono passati da quando, nel Settembre 2009, me ne uscii con quest’articolo spocchiosetto, dedicato all’episodio pilota di Caprica. Di cose, da allora, ne sono successe.
Caprica è una serie televisiva; uno spin-off, ma anche un prequel di Battlestar Galactica (2004) che, in teoria, se non viene cancellata nel frattempo, dovrebbe rispondere al quesito che gli appassionati di questo universo narrativo si sono posti fin dal primo momento: qual è la natura dei cyloni?
Qui prendo in considerazione i primi nove episodi su diciotto della I stagione del telefilm. Le risposte che volete non ci sono. Non ancora. Suppongo facciano parte del naturale svolgimento del programma, che dovrebbe coprire almeno quattro anni. Se ciò non dovesse essere, non possiamo fare altro che limitarci a produrre congetture, basandoci sull’abbondante serie di indizi lasciati a disposizione da Ronald D. Moore.
Articolo tendenzioso, il mio di due anni fa, che ha il merito di farmi capire quanto io sia cambiato nel frattempo e quanto possano cambiare le opinioni in soli due anni.
Diffido ancora dei prequel, li considero, anzi, inutili. Perché la fine già si conosce. Eppure, non riesco più a prendermela con gli autori di BSG. Mettersi a fare telefilm adesso, come cinque anni fa, voleva dire essere in balia del pubblico, dei produttori e dei network. In breve, si inizia qualcosa di valido senza avere la certezza di riuscire ad arrivare fino in fondo per vederne la fine. A tali condizioni, supponendo di dover consegnare venti episodi ogni anno, sudando per l’eventuale gogna mediatica, quanti di voi riuscirebbero a fare di meglio?

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Forse tanti, forse nessuno. E in ogni caso nessuno è immune al produrre cagate ogni tanto. Cos’è, allora, Caprica? Un buon telefilm, almeno fino al nono episodio. Non eccelso, non indimenticabile, ma molto, molto interessante. Stessa cosa non si può dire per la sigla iniziale che, senza troppi giri di parole, fa schifo.
Ma superata quella, si ha a che fare con le vicende, su Caprica, uno dei dodici pianeti, di due famiglie: la prima, i Graystone, ricchi capitalisti che devono la loro fortuna econimica all’holo-band, un apparecchio wireless in grado di proiettare l’utente nella realtà virtuale e gli Adama, famiglia medio-borghese con rapporti non troppo chiari col mondo della malavita.
La geniale e capricciosa figlia di Daniel Graystone (Eric Stoltz), Zoe (Alessandra Torresani), è un’adolescente svogliata preda di culti religiosi sotterranei che propugnano, come ogni religione che si rispetti, un totale cambiamento del proprio modus vivendi, fino ad alterare la percezione dei valori fondamentali. Zoe, non si sa ancora a quale livello, ha trascorso gli ultimi mesi a migliorare un programma di sua creazione che consente di produrre, sotto forma virtuale, un proprio avatar, diverso da sé, ma allo stesso tempo, copia esatta, proiezione e duplicato di sé stessi: ovvero la prima forma di intelligenza artificiale dotata di autocoscienza.

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Ora, non so quanto possa sembrare credibile che una ragazzina riesca laddove il proprio padre, genio informatico, ha fallito; cosa non favorita, a mio avviso, dall’attrice scelta per interpretare questo ruolo: Alessandra Torresani (24 anni) che, ok, è perfetta come adolescente odiosa e ribelle, paffutella e col broncio, potrebbe starci pure come genio informatico… il fatto è che questa realtà ci viene consegnata così, senza spiegazione o altro. È un dato di fatto, come la genialità di Gaius Baltar. Marchio di fabbrica, quindi.
A ben guardare, in ogni caso, resta questione di poco conto, dal momento che, soprattutto per i fan della serie precedente, si resta prigionieri di ogni inquadratura che ci mostra scorci di quel pianeta, Caprica, che ci è stato subito negato in BSG. Skyline mozzafiato, quindi, arricchiti da una società variegata, preda di dissidi religiosi che sfociano nel fanatismo e nel terrorismo, con quella strana inversione tanto tipica quanto apprezzata che vede, stavolta, la religione monoteista alla sbarra rispetto a quella canonica, la politeista che si rifà al pantheon greco. Spassosissime, poi, le polemiche sulla pirateria informatica che, a quanto sembra, infesta persino le Dodici Colonie di Kobol, tra ragazzini che non solo si aspettano, ma che pretendono che la rete e le sue applicazioni infinite siano gratuite e senza limitazioni di sorta.
Le dodici colonie sono attraenti perché stylish, con vestiti che si rifanno agli anni ’50 e addirittura agli anni ’20 nella Realtà Virtuale, pulite e, addirittura, non tanto lontane rispetto al nostro progresso. L’unica novità non è il concetto di virtuale, ma i cosiddetti fogli elettronici, una versione più evoluta dell’iPad: fogli di carta, che possono essere piegati e maltrattati a dovere, sui quali è possibile interagire a livello elettronico, come su un touchscreen.

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Una civiltà familiare, quindi, quella di Caprica. E tale impressione è rafforzata dai robot domestici presenti in casa Greystone, roba che oggi i giapponesi sfornano con una certa regolarità. Fin troppo familiare, a dire il vero.
E mi riferisco ad alcuni dettagli, come l’esistenza del caffè, dei nomi delle squadre di Pyramid, tipo Buccaneers, degli show televisivi, che sono identici rispetto al nostro mondo. Al ché è lecito chiedersi, è mai possibile che l’evoluzione di specie identiche produca identici risultati? E poi, mondi diversi implicano diversi ecosistemi; il caffè è una pianta che può esistere su mondi diversi? Insieme a quella del tabacco, da cui derivano le sigarette che i capricani fumano in gran quantità? E il fumo fa male anche lì…
Certo, poi persistono il formato ottagonale dei fogli di carta, tipico di BSG, ma non delle bottiglie e dei bicchieri, che hanno riottenuto forma cilindrica.
Sono dettagli da nerd, lo so, ma che vanno a intaccare la sospensione dell’incredulità. Non basta sentire frak ogni tanto per farmi credere di essere in un altro sistema planetario…

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In ogni caso, si intravede un appassionata teoria circa le origini dei cyloni, sotto forma di indizi e dedusioni, come già detto. E queste, unite alla non linearità con la quale vengono comunicate, sono il punto di forza del telefilm: un puzzle, non tanto complicato da risultare frustrante, nel quale Moore o chi per lui s’è divertito a postulare la nascita del cybernetic life-form node, il cylon. Ma non solo, apparizioni, religione, predestinazione, ovvero temi della narrativa classica, conoscono qui nuovo vigore. Si parla, per la prima volta dopo decenni, attraverso speculazioni affascinanti, di vita dopo la morte, in un miscuglio di credenze basate sulla fede, e di certezze derivate dall’evoluzione tecnico-scientifica che risuona altamente coinvolgente. Va da sé che la suddetta Realtà Virtuale, intesa come altra realtà, assume un ruolo chiave in tali discorsi, anche e soprattutto quando all’interno di essa si verificano anomalie; le stesse che sono alla base di qualunque sistema non lineare, alla base della vita stessa insomma…

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Cast all’altezza del proprio ruolo. Soprattutto i componenti della famiglia Adama, originaria di Tauron che, nonostante rappresentino, anche scadendo in qualche cliché, le famiglie di immigrati italiani a New York, mafiose, opportuniste e cafone nel vestire, sono un bel vedere. Certo, associare i Tauron ai Terroni (lo giuro), può sembrare folle, ma per gli americani, evidentemente, noi terroni (perché io lo sono) siamo esseri dalla natura mitica e dal folklore unico e leggendario, ricoperti di tatuaggi e fedeli ai rituali tradizione come siamo.
Scherzi a parte, c’è ancora qualche dubbio sul personaggio principale, Zoe, che troppo spesso si lancia in occhiate lascive e/o furbette, pose sexy, espressioni da stronzetta teppista e via dicendo, rasentando sgradevoli cliché in stile american-pie. Cosa grave, lo ammetto. Eppure, basta un piccolo salto nella New Caprica, quella senza legge né ordine del mondo virtuale, con tanto di nostalgici omaggi alla “vecchia signora” e ai suoi raptor, per dimenticare la faccetta buffa della protagonista.

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