Capricci etici: il valore dell'ispirazione romana

Creato il 30 luglio 2014 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
La foga collezionistica che assale gli intellettuali e i nobili europei nel Settecento si riflette nell'arte che fiorisce in questo secolo e nella diffusa febbre dell'accumulo: le raccolte private si arricchiscono di pezzi antichi o di copie di essi, esplode il mercato della scultura e della pittura che riproduce forme di sapore classico.

Giovanni Battista Piranesi, Veduta del Pantheon


Determinanti nella diffusione di questo gusto sono gli scavi di Pompei ed Ercolano, uniti alle teorie di Johann Joachim Winckelmann, strenuo sostenitore della superiorità dell'arte greca su quella romana, e Giovanni Battista Piranesi, che si dedica ad immortalare nelle sue incisioni le rovine romane sparse per l'Italia. Proprio la penisola diventa nel corso del Settecento meta dei viaggi dei giovani studenti europei, che inaugurano la fortunata moda del Grand Tour, tappe fondamentali del quale risultano, oltre alla Città eterna, proprio gli scavi recentemente portati alla luce.
L'Europa tutta è percorsa dal brivido di incontrare l'antico, nel pieno recupero dell'ideale fondante della classicità in cui si univano perfezione estetica e morale: nell'arte classica e nei luoghi che ne sono impregnati i futuri detentori delle sorti del vecchio continente trovano uno slancio etico, la possibilità di far rivivere i valori di uguaglianza, giustizia e compostezza che ai attribuivano, talvolta con esagerazioni idealizzanti, a Greci e Romani e che avevano reso grandi tali popoli.
 

Giovanni Paolo Pannini, Capriccio romano

Siamo in pieno Illuminismo, nel periodo di incubazione di quei sentimenti egalitari e di quel bisogno di una riscossa nazionale basata sull'unione di popolo che porteranno alla rivoluzione francese e ai successivi moti per l'indipendenza; se questi ultimi, concentrati nel XIX secolo, sono spesso ricondotti più alla temperie romantica, non è tuttavia da dimenticare la base etica comune alle due fasi rivoluzionarie, perché è vero che il principio di uguaglianza deriva da un'interpretazione eccessivamente bonaria della democrazia ateniese, tuttavia molti degli intenti e delle strategie emersi dalla rivoluzione francese fanno leva su alcune pratiche latine, come l'idea di un esercito composto da cittadini, di un espansionismo fondato su di esso, i mezzi della protesta con iniziative prese dai non aristocratici e l'auspicio in una gestione collettiva del potere (Cicerone parlava di concordia ordinum).
Questo spiega il fascino ulteriore che la classicità e Roma nella fattispecie assumono per gli intellettuali non solo italiani, ma anche francesi, tedeschi e inglesi. La ricerca delle forme classiche coincide con il tentativo di stabilire una sintonia etica e politica con ciò che esse rappresentano. Di qui il proliferare di sculture e opere pittoriche che richiamano l'antico; generalizzando, possiamo notare che, se la scultura trova i propri modelli soprattutto nell'Ellade (prendiamo a riferimento Canova), la pittura li ricerca invece di preferenza nel mondo latino (basti pensare al David del Giuramento degli Orazi).

Giovanni Paolo Pannini, Galleria con vedute di Roma antica

Il legame con la Città eterna porta ad un proliferare inarrestabile di vedute di Roma non sempre reali, ma riempite di statue, colonnati, piedistalli decorati e architetture varie, spesso secondo la tecnica del capriccio, che consiste nell'associare, in una stessa composizione, elementi tratti da luoghi e contesti diversi. Ecco, allora, che nelle vedute di Giovanni Paolo Pannini (1691-1765) troviamo il Pantheon unito alla Colonna Traiana, Il Colosseo affiancato dalla Basilica di Massenzio ed effigi eroiche stipate in ogni dove. Ma gli esempi più particolari di questo gusto per le architetture romane e insieme della moda collezionistica si trovano nei dipinti dello stesso Pannini ambientati in enormi e ariose gallerie d'arte in cui signori ben vestiti ammirano, probabilmente fiduciosi in un acquisto, la gran mole di copie di sculture antiche e quadri raffiguranti i luoghi più famosi della città. Con un rapido sguardo alle due Gallerie con vedute di Roma antica si individuano senza dubbio riproduzioni del Galata morente, del Laocoonte vaticano e - cosa alquanto curiosa - del Mosé di Michelangelo. Il senso di pienezza di questi quadri traduce in maniera molto eloquente il gusto per l'accumulo di antichità e, forse, proprio con la presenza dell'opera rinascimentale, tradisce anche una certa sommarietà di competenze antiquarie da parte degli acquirenti d'arte.
Siamo di fronte al trionfo della mania di circondarsi di antico (o di tutto ciò che sembri tale), quasi come se il semplice contatto visivo con una forma, un particolare, una posa potesse istillare nell'osservatore quel senso di grandezza che in esse va cercando.

Giovanni Paolo Pannini, Galleria con vedute di Roma antica


C.M.

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