"Caramelle da uno sconosciuto", di Franco Ferrini

Creato il 23 gennaio 2013 da Carlo_lock
Ripescando nella memoria ecco il primo (ed anche ultimo) film di Franco Ferrini, sceneggiatore spezzino, ma adottato dalla "scuola" romana del cinema, storico collaboratore di fiducia di Dario Argento a partire dagli anni '80, un' importante collaborazione con Sergio Leone per C'era una volta in America, nonché varie esperienze nel thriller patinato dell' Italia craxiana.Memore della "gavetta" con Argento e con i fratelli Vanzina [ha scritto anche Sotto il vestito niente (1985)], Franco Ferrini dimostra di sapersi muovere bene nel thriller e di aver assimilato quello stile tipico dei suoi "maestri" nonché colleghi di lavoro.Ma a dirla tutta, non tutte le ciambelle riescono col buco e Caramelle da uno sconosciuto (1987) rappresenta soltanto un timido e maldestro tentativo di bissare il successo degli "amici" Dario Argento, Lamberto Bava o Carlo Vanzina. Siamo sul giusto binario, le premesse ci sono tutte, ma da uno che ha sceneggiato capolavori degli anni '80 come Phenomena o C'era una volta in America, ci si poteva poteva aspettare molto di più.Visto a distanza di quasi trent'anni Caramelle da uno sconosciuto la sua sporca figura la fa, ma, purtroppo, non è per la formula thriller che è possibile tesserne le lodi (ed è un po' come dire che uno spettacolo comico ha fatto ridere per altri motivi e non per le battute del cabarettista). L' impronta scenografica e fotografica c'è, la musica è discreta, le singole riprese dimostrano una certa poetica ed eleganza surrealistica del dettaglio, tipica del miglior giallo argentiano, ma nonostante anche un cast pretenzioso (con i nomi di Athina Cenci, le allora acerbe Anna Galiena e Sabrina Ferilli, Barbara De Rossi e un cameo della "veterana" Laura Betti), sembra che Ferrini sia interessato a indagare vizi, costumi e problemi sociali della prostituzione, piuttosto che occuparsi di come far crescere la tensione. Gli omicidi pur truculenti (il maniaco ammazza le "lucciole" a rasoiate e con una pistola da mattatoio, perché sono "vacche", carne da macello) sono presenti ma sono un "dipiù", è possibile presto dimenticarsene, anche perché solamente "abbozzati", senza il più compiaciuto voyeurismo di un Fulci o di un Argento. La forza del film sta, invece, nel creare un'atmosfera squallida e triste, quanto tenebrosa e morbosa; le figure femminili hanno tutte un che di "dark", nell'anima e perfino nei vestiti, sono tutte puttane che sembrano essere ricavate da una integrale morbosità latente, "streghificate". Saranno le suggestioni del neo-esistenzialismo degli anni 80? O forse un po' di sano perbenismo piccolo-borghese? (di cui il film trasuda). Fatto sta che Ferrini dimostra di avere dimestichezza o simpatia verso la prostituzione (suo è anche Squillo per la regia di Carlo Vanzina), l'idea del titolo ruota attorno alle prostitute adulte, che a differenza dei bambini, non possono rifiutare le caramelle da uno sconosciuto e dietro  ogni sconosciuto ci può essere sempre in agguato il maniaco, una specie di Jack Lo Squartatore che agisce nelle periferie romane.Ma il rapporto infanzia-prostituzione non è solo un aspetto del titolo, è poi la chiave di volta e il filo conduttore di tutto il film, che, complessivamente, si perde in se stesso, nell' approssimativa analisi sociologica e in un happy end da telenovelas. Nonostante tutto, pur nella sua inverosimiglianza (le prostitute sono ancora tutte italiane, mentre all'epoca del film qualche immigrata cominciava già a fare concorrenza) Caramelle da uno sconosciuto è perfettamente in linea al gusto patinato del thriller suo contemporaneo, borghese e molto noir come Mystère, Sotto il vestito niente o morboso come Opera e Le foto di Gioia.Da vedere per nostalgia o cultura personale. 

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