Per vedere San Giovanni Battista, “il Sangiovannino” di Caravaggio da vicino, da solo, in pochi, il Duomo di Siena ha deciso di ospitare il capolavoro dei Musei Capitolini (dai quali probabilmente non uscirà mai più) nella Cripta.
“Dialoghi” si chiama questa mostra, unica. Unico il pezzo, unico l’evento, unico il quadro esposto. Lo spettatore, posto di fronte al dipinto, può osservare la pittura di Caravaggio da vicino, lasciano quasi che il quadro “parli da sé”.
Una sorta di raccoglimento, di meditazione e di dialogo interiore che si innesca nella contemplazione ravvicinata del Sangiovannino, come interrotto lui stesso nel suo dialogo con l’ariete.
Annunciatore di sacrificio, di innocenza, lo sguardo del giovane interpella chi si ferma davanti a lui, quasi a coinvolgerlo nel suo dialogo intimo con l’agnello, simbolico e sacrificale, precursore della buona novella e del martirio. Uno sguardo che fa eco anche alla storia personale di Caravaggio, che dipinge “La Cattura di Cristo” subito dopo il San Giovanni Battista, e nel quale sono centrali i due visi: l’uno di Gesù e l’altro di Giuda.
Contemplazione che dal viso si lascia condurre lungo il corpo michelangiolesco del ragazzo fino al piede puntato, sciupato dal camminare, verso alla pianta di Sacha Barbasco, con la quale si facevano gli stoppini delle candele, e poi attraverso i rami secchi, arrampicati nel lato destro del dipinto, fino al virgulto della foglia di vigna, e di nuovo sulle corna dolci dell’ariete, che sembra sorridere a San Giovanni.
Un cerchio che porta dall’introspezione alla concentrazione spirituale attraverso l’osservazione silenziosa del quadro.
Un evento profondamente dialogico.
Indimenticabile.
© Melissa Pignatelli
Fotografia in apertura Opera – Laboratori Fiorentini e Civita Group, organizzatori dell’evento.