Caravaggio “La Resurrezione” esposta a palazzo Braschi

Creato il 29 aprile 2012 da Yellowflate @yellowflate

‘La resurrezione di Lazzaro’ (1609) è uno dei dipinti  più rappresentativi degli ultimi anni di Caravaggio ed è uno dei dipinti più importanti eseguiti da Caravaggio in  Sicilia nell’ultimo periodo della sua vita.

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‘La resurrezione di Lazzaro’, una tela imponente (3,80 metri per 2,85) alla fine di un complesso restauro, sarà esposta per la prima volta a Roma dal 16 giugno al Museo di Palazzo Braschi. Delll’opera del Museo Regionale di Messina tornano particolari scomparsi, come l’autoritratto del Merisi, e le originarie cromie.

Il dipinto è da circa sei mesi nella capitale, nelle mani dei restauratori dell’Iscr che, grazie a leggeri solventi, molto volatili, hanno fatto sapientemente riemergere particolari fondamentali per restituire una nuova leggibilità al capolavoro del Merisi. Tra questi, il profilo del Cristo, le braccia spalancate di Lazzaro frementi di vita dopo il rigore della morte, l’autoritratto di Caravaggio confuso tra la piccola folla che assiste al miracolo con le mani giunte.

Il grande problema della tela è sempre stato costituito dall’ingiallimento delle vernici usate soprattutto nelle ridipinture settecentesche e che avevano talmente compromesso il capolavoro da renderne incerta l’autografia. Invece, spiega la direttrice dell’Iscr Gisella Capponi, la grande pala, commissionata al genio lombardo dal ricco mercante genovese Giovan Battista Lazzari per la chiesa dei Padri Crociferi, è uno dei pochi dipinti la cui attribuzione sia ampiamente documentata dalle antiche fonti messinesi. Realizzata tra il 1608 e il 1609, appena l’artista arrivò a Messina da Siracusa, l’opera presenta le caratteristiche salienti dell’ultimo Caravaggio, da cui derivano le vicende conservative dal XVII secolo a oggi.

L’impianto altamente drammatico, con un forte contrasto di luci e ombre, si avvale di una vasta campitura scura, praticamente solo la preparazione bruna della tela, un espediente (come del resto la pennellata larga) usato dal genio lombardo per realizzare l’opera in breve tempo a dispetto delle notevoli dimensioni. Per questo, nel tempo, si sono succeduti numerosi interventi per cercare di tirare su il tono troppo cupo della scena. L’uso delle vernici, però, non solo ha via via compromesso la lettura del dipinto, ma ha anche causato in alcuni punti la micro-fratturazione della pellicola pittorica.


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