Carboidrati e controllo glicemico

Da Ariannarossoni

Una decina di giorni fa abbiamo parlato di insulina, indice glicemico e carico glicemico.
Vi avevo promesso che avrei approfondito ulteriormente l’argomento, andando a dare consigli pratici su come distribuire i carboidrati lungo la giornata al fine di ottimizzare la secrezione insulinica e mantenere a lungo la sazietà, evitando l’ipoglicemia conseguente ad un pasto sbilanciato (vuoi di proteine, vuoi di carboidrati).

Penso sia inutile ricordarlo, ma le quantità di carboidrati necessarie al funzionamento ottimale del nostro corpo sono strettamente personali, e variano in base a molti fattori, in primis l’attività fisica svolta.
Specifico che i consigli di cui sotto si intendono per un corretto bilanciamento dei nutrienti durante la giornata, salvo dovute eccezioni: non fate diventare i miei suggerimenti un rigido dogmatismo. Fluidità e adattamento personale in primo luogo.

Abbiamo detto che esistono alcune condizioni per le quali è bene avere un occhio di riguardo al carico glicemico dei pasti: ad esempio durante il dimagrimento, o in caso di acne o policistosi ovarica. Tale attenzione va posta anche per evitare ipoglicemia postprandiale, vale a dire il calo delle energie fisiche e della prestazione mentale a distanza di 2-3 ore dal pasto. Molto spesso ad essere sbagliata non è tanto la quantità complessiva di carboidrati che vengono assunti durante la giornata, quanto la loro fonte e il bilanciamento con altri nutrienti. Entriamo nello specifico.


Le fonti di carboidrati: quali e perché
Prima regola: non facciamo lo sbaglio di confondere i carboidrati con i cereali o peggio ancora con le farine.
I carboidrati sono un nutriente essenziale; quando si pensa ai carboidrati automaticamente il discorso si sposta su pane, riso, pasta e altri cereali come orzo o farro. Verissimo: questi alimenti sono ottime fonti di carboidrati, ma non sono le uniche. Troviamo carboidrati anche in frutta e verdura, patate, castagne, cereali minori come avena o segale, quinoa, amaranto, grano saraceno, miglio.
Quando si dice che “il fabbisogno di una persona è di 170/250/300 g di carboidrati al giorno” non si stanno indicando le quantità giornaliere di pasta, pane o succedanei, bensì la quantità complessiva di carboidrati proveniente dall’alimentazione.
Esempio pratico. In 100 g di pasta sono contenuti circa 80 g di carboidrati. In 100 g di verdura abbiamo mediamente 3-5 g di carboidrati, mentre in 100 g di patate ne troviamo 18 g.

Esistono alcune condizioni patologiche o al limite della patologia che richiedono la riduzione o l’eliminazione di alcune fonti di carboidrati poiché riacutizzanti i sintomi: ad esempio un intollerante al glutine starà male quando mangerà la pasta, chi soffre di colon irritabile mal sopporterà le farine, in caso di stitichezza persistente il riso e le patate non sono la scelta migliore.
Sarebbe sbagliatissimo fare di tutta l’erba un fascio: escludere alcuni alimenti non significa eliminare in toto il nutriente caratterizzante. Se per qualche motivo non posso mangiare glutine o farine, la mia fonte di carboidrati diventeranno il riso, le patate, gli pseudo-cereali (quinoa, amaranto, grano saraceno) la frutta e la verdura.

Diversi studi hanno messo in relazione la leaky gut syndrome (sindrome da intestino permeabile) con l’abuso di prodotti a base di farine, glutine o lectine. Queste sostanze andrebbero a determinare un assottigliamento della trama intestinale, causando un allargamento delle maglie che comporta inizialmente sgradavoli sintomi (gonfiore, dissenteria, distensione addominale), successivamente malassorbimento (tipicamente di lattosio, ferro, certe vitamine) e alla lunga veri e propri stati patologici (malattie infiammatorie intestinali, coliti ricorrenti).
Crocifiggere un singolo alimento sarebbe da stupidi: si tratta pur sempre di sindromi e patologie multifattoriali; quel che è certo è che -una volta dato l’avvio alla cascata- il soggetto intollerante non potrà più mangiare a cuor leggero pasta, pane e farinacei (pena l’acutizzazione dei suoi sintomi).
Dal momento che prevenire è sempre meglio che curare…:
- Limitiamo la quantità di farinacei: pane, grissini, taralli, schiacciatine, biscotti, fette biscottate e merendine. Non è infrequente che una persona introduca questi alimenti ad ogni singolo pasto della giornata, tutti i giorni della settimana, per tutta la vita: non è sano, a maggior ragione se le farine con cui sono stati prodotti sono di grano tenero anche se integrali (ricordate questo articolo?). Leggermente migliore sembra essere il grano duro, ma rinnovo comunque il consiglio a limitare le fonti di farina.
- Variamo le fonti di carboidrati amidacei, vale a dire pasta e cereali, riso, patate. Anche in questo caso, non è infrequente che si consumi la pasta due volte al giorno, soprattutto se si è sportivi ad alto livello con numerosi allenamenti settimanali: sebbene il fabbisogno di carboidrati sia indiscutibile, per un discorso salutistico e preventivo è bene fare in modo che l’unica scelta possibile non sia sempre e solo pasta. Alterniamo con risotti e orzotti; introduciamo un paio di volte a settimana anche cereali in chicchi come segale, avena, miglio; proviamo quinoa, grano saraceno e amaranto; non disdegniamo le patate (e non consideriamole semplice ‘verdura’!).

L’abbinamento di carboidrati e altri nutrienti
Vi ricordate quanto vi ho detto nell’articolo di settimana scorsa? Ai fini del controllo insulinico, fare pasti di soli carboidrati (es.pasta al pomodoro) sarebbe tanto sbagliato quanto fare pasti di sole proteine o di proteine+grassi (es. pesce al forno o bistecca alla griglia, con o senza olio/burro/frutta secca). Sia i carboidrati che le proteine hanno un potere insulinemico: riguardate l’esempio del pompiere dell’articolo precedente per afferrare meglio il meccanismo che sta alla base.

In sostanza, quello che volevo sottolineare è perché sia importante che a ciascun pasto ci sia il giusto equilibrio tra i tre nutrienti: proteine, carboidrati e grassi.

L’espressione più immediata di questo consiglio è sicuramente l’idea di un primo piatto seguito da un secondo piatto, o di un piatto unico che comprenda proteine e carboidrati, ad esempio pasta e ceci (fonte di proteine vegetali) o risotto con cozze e vongole (proteine animali).
Esistono però determinate situazioni nelle quali non è sempre possibile far sì che la fonte di carboidrati del pasto siano i cereali come negli esempi appena citati: può essere per una dieta terapeutica e/o ipoglucidica, per determinati fini sportivi, o anche per motivi molto più banali (la mera mancanza di tempo).
Ecco che in questi casi ci verranno in aiuto i carboidrati di frutta e verdura: sebbene da un punto di vista strettamente calorico non possano certamente sostituire un primo piatto, anche gli ortaggi apportano una quota di carboidrati capace di bilanciare lo stimolo insulinemico delle proteine. Ovviamente dovremo far attenzione alle quantità: due foglie di insalata abbinate ad una bistecca da 200 g sono un contributo davvero irrisorio! E altrettanto ovviamente dovremo accertarci che il contributo energetico complessivo della giornata non sia eccessivamente risicato: mangiare due volte al giorno secondi piatti e verdura senza l’adeguato bilanciamento con altri alimenti sarebbe sbagliato. Dovremo fare in modo che almeno uno dei due pasti abbia una fonte di carboidrati complessi (cereali o patate), anche se è doveroso ricordare che alcuni protocolli dietetici possono prevedere la quasi totale esclusione di cereali andando però a compensare il gap calorico che si genera con grassi provenienti da frutta secca, olio extravergine, cocco, burro (appena mi sarà possibile dedicherò un articolo a questi modelli alimentari).

Il consiglio di sfruttare le verdure come unica fonte di carboidrati ad un pasto è rivolto anche a tutte le persone -come la sottoscritta- che risentono a livello mentale la ‘pesantezza’ dei cereali: avendo imparato a sentire le necessità del mio corpo, mi rendo perfettamente conto che quando a pranzo mangio un primo piatto (sia esso di pasta o di altri cereali) nel pomeriggio ho più sonno, meno concentrazione e meno lucidità. Decisamente controproducente se devo lavorare! Ecco dunque che tendenzialmente preferisco consumare i cereali la sera e le proteine a pranzo, sempre abbinate ad un contorno di verdure o a un frutto ed eventualmente ad una quota molto minima di cereali senza glutine. Tornerò prossimamente a parlare di questa suddivisione.

Viceversa, a volte per comodità si tende a fare solo un primo piatto a mezzogiorno. Tuttavia, come detto in precedenza, fare pasti di soli carboidrati ci intorpidisce, smuove in modo non idoneo i livelli di insulina e ci predispone a fame precoce. In questi casi per equilibrare il pasto si può aggiungere una piccola quota di grassi, ad esempio una manciata di mandorle, un paio di noci, degli anacardi non salati (questi ultimi sono tra la frutta secca più ricca di aminoacidi essenziali, insieme ai pinoli).

Ultimissimo appunto. In quest’articolo mi sono focalizzata sui pasti principali, ma non trascuriamo la prima colazione: se mangiassimo solo fette biscottate con marmellata o biscotti avremmo un non indifferente picco glicemico. Vi consiglio questo mio articolo per riequilibrare anche la colazione: tantissimi miei pazienti tornano al controllo dicendomi che grazie alle mie “colazioni da campione” i buchi allo stomaco e il calo di energie delle 10-11 di mattina sono solo un lontano ricordo… Quanti di voi hanno questo problema a metà mattina e sono disposti a provare…?

Bibliografia
D.Kiefer, L.Ali-Akbarian – A brief evidence-based review of two gastrointestinal illnesses: irritable bowel and leaky gut syndromes – Altern Ther Health Med. 2004 May.Jun;10(3):22-30
S.Eswaran, A.Goel, W.D.Chey – What role does wheat play in the symptoms of irritable bowel syndrome? – Gastroenterol Hepatol. 2013 Feb;9(2):85-91


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