Mi succede di rado anzi mai ma oggi dò ragione a Bersani, la tentazione dei cazzotti è irresistibile.
Anche di tirarne qualcuno ai molti che sopportano festosamente il golpista sobrio, preferito a quello ridicolo. Chissà che il benefico scapaccione riveli loro che la differenza tra i due risieda solo nei modi, perché uguale è la tracotanza, l’indifferenza alle regole democratiche, l’oltraggio al popolo ridicolizzato – perfino nella disperazione – dalla loro spocchia, come anche lo è la natura del loro mandato. L’uno delegato di poteri straordinari e legittimato a leggi marziali dal Presidente, nella sospensione del normale funzionamento della democrazia formale non è eletto da nessuno viene preso dal mondo della tecnocrazia, e la sua nomina a senatore poco prima del varo del governo è una foglia di fico che non vale a nascondere la sua designazione irregolare.
L’altro pur operando in un contesto di ampie libertà, ha prevalso in competizioni elettorali la cui tra trasparenza era solo apparentemente garantita, non essendosi svolte su un terreno uniforme. Berlusconi è stato ed è il più esemplare rappresentante su scala mondiale di un ristretto gruppo di attori emergenti dal terziario e in particolare dal settore delle telecomunicazioni che utilizzano le loro cospicue economiche e mediatiche per distorcere e pilotare il processo democratico.
Sono ugualmente figure “patrimoniali”, privatistiche guidate da un forte impulso all’affermazione personale, ambizione familiare e lealtà di casta, inossidabile convinzione del proprio valore.
Ambedue hanno avuto un consenso considerevole. L’uno corrompendo il senso comune con un pensiero che si basa sulla cultura e la pratica del neo liberismo, dedite all’accumulazione della ricchezza e alla celebrazione di strategia individuali, lontane e conflittuali da un senso di responsabilità collettiva. L’altro, ugualmente business-oriented, ugualmente asservito alla stessa ideologia, ugualmente forsennatamente nemico della politica, che la politica può dirimere il conflitto di classe, garantire diritti e accesso al bene comune, tutelare rappresentanza, partecipazione al processo decisionale, che per loro deve essere monopolistico, inclusivo e escludente.
Ambedue dimostrano la ripulsa della politica e delle regole della rappresentanza parlamentare mediante il ricorso meccanico al decreto legge, che si è affermato come preminente strumento di legislazione tanto che il parlamento si limita a ratificare i decreti emanati dal potere esecutivo. In senso tecnico, la Repubblica non è più Parlamentare ma governamentale. Ambedue scivolano acrobaticamente su una china costituzionale fatta di indifferenza per l’universalità dei diritti, insofferenza per la separazione dei poteri, diniego delle procedure e dei tempi delle decisioni e delle concertazioni, fastidio per i controlli sui loro interessi, come per la dialettica parlamentare, per la legalità e la giustizia sociale, che si deve manifestare attraverso l’equità delle misure fiscali e economiche, indifferenza, insomma, per ciò che qualifica come liberale – e non liberista – una democrazia.
L’uno grazie ai voti, l’altra grazie all’investitura del presidente e dello stato d’emergenza, si sentono autorizzati a manomettere Costituzione e processi democratici.
Ma non c’è consenso o conferimento che possa giustificare la violazione delle forme e dei limiti che la Carta impone, che la democrazia stabilisce.
Se i partiti per indolenza, impotenza, inadeguatezza, interesse elettorale, hanno permesso il sopravvento di una legittimità formale e dello stato di necessità, sulla legalità e sull’assetto democratico e le sue regole, spetta a noi ristabilire i principi della sovranità, delle nostre convinzioni collettive che riguardano il lavoro, l’istruzione, i beni comuni, il nostro futuro, ricordando loro che un Paese è fatto di persone, di uomini e donne, delle loro speranze, della loro dignità, delle loro aspettative, delle loro idee, dei loro diritti. Non siamo non siamo solo forza lavoro, non siamo solo esodati, non siamo solo contribuenti. Siamo cittadini, non solo voti.