Stamane, in uno dei tanti inutili scroll della giornata della bacheca di Facebook, tra una frivolezza e l’altra, mi sono imbattuto in questa notizia riportata da “Il Fatto Quotidiano”. In sostanza sarebbero apparsi, nella notte del 6 gennaio, codesti manifesti nelle strade di Milano:
Cari animalisti pazzoidi e ignoranti, se qualche genio come voi va a casa del povero studioso e lo maltratta non potreste essere denunciati per istigazione alla violenza o a delinquere?
Il signor Corsini, e altri come lui, in anni di sperimentazione animale hanno svolto il loro lavoro, solamente il loro
La foto di Caterina Simonsen che ha risvegliato la follia degli animalisti
sacrosanto lavoro. Un lavoro che per molti può essere considerato brutale, ma per altri vitale. Come per Caterina Simonsen, la 25enne studentessa di veterinaria padovana che, malata di quattro, ben quattro malattie genetiche rare, avrebbe ringraziato pubblicamente su Facebook, tramite una foto, gli scienziati che ogni anno, grazie alla sperimentazione animale, salvano vite umane. «Senza di voi e al vostro lavoro sarei morta a 9 anni», scrive su un cartello che mostra dal letto d’ospedale, con tanto di respiratore.
«Per me puoi pure morire domani. Non sacrificherei nemmeno il mio pesce rosso per un’egoista come te» gli avrebbe risposto un qualche animalista senza cervello, dimenticando come ci si può sentire con quattro malattie genetiche in corpo. Perché uccidere un tenero coniglietto è vergognoso, ma augurare la morte a una ragazzina si può. Questo è il ragionamento, secondo loro. Molto coerente.
Comunque, è assolutamente plausibile che un qualche scienziato, tra i tanti al mondo che sperimentano sugli animali, possa aver commesso in vita sua crudeltà su di essi. Il manifesto in questione recita «Da più di 30 anni tortura animali». Ma questo Corsini lo avrebbe realmente fatto? Ci sono prove? Qualcuno lo ha visto? Sono sicuro che no, nessuno lo ha visto, e che molto probabilmente svolge solo il suo lavoro nella maniera più etica possibile. Uccide animali, sì. Ma salva vite umane. Per alcune persone evidentemente sono più importanti le vite degli amici a quattro zampe, ma sarebbe curioso vedere come si comporterebbero se fosse un loro caro ad avere bisogno della ricerca medica. Ricerca che, guarda un po’, deve passare per la sperimentazione animale. In quel caso cosa farebbero, lascerebbero morire una moglie, un figlio, un padre perché “le vite dei topini sono importanti”?
I miei paladini della giustizia preferiti
Ma per piacere, si inginocchierebbero al camice del medico frignando «La prego, salvi mio figlio!». Se invece la salute regna sovrana nella propria famiglia, dalli addosso allo scienziato cattivone. Senza la minima idea delle conseguenze. Come il caso di aprile scorso, il più triste, che vide un gruppo di animalisti privi di materia grigia intrufolarsi nel reparto di Farmacologia di Milano per aprire le gabbie di topi e roditori, che ovviamente si diedero alla fuga. Il risultato? Anni di ricerche sul Parkinson e sull’autismo distrutti. Grazie, animalisti. Avete salvato dei topi sacrificando felicità e serenità – oltre che la salute, sia chiaro – di chissà quante persone e di chissà quanti bambini e anziani, che da queste malattie saranno segnati a vita. Ma i topini, loro stanno benone. Grazie, paladini della giustizia! Quando poi vostro nonno si ammalerà di Parkinson o vostro figlio di autismo cosa fate? Rimettete i vostri cari amici roditori in gabbia? O sbattete la testa contro il muro dandovi dell’idiota?