Non c'è dubbio che con Tangentopoli (neologismo coniato in ambienti giornalistici) si sia chiusa un'era politica - la cosiddetta prima repubblica - e se ne sia aperta un'altra paradossalmente peggiore. Le speranze di rinnovamento che tanti avevano riposto nell'azione della magistratura e nella possibilità di un rinnovamento politico sono andate in gran parte deluse. Vent'anni perduti, tra privatizzazioni truffa, mancanza di politiche industriali e di sviluppo, sterili contrapposizioni, precarizzazione del lavoro, scelte internazionali folli come quella dell'entrata nell'euro.
Tangentopoli è il risultato della fine della guerra fredda e della caduta del Muro di Berlino. Non è infatti pensabile che prima del 1992 la classe politica non rubasse. Rubavano tutti quelli che hanno avuto responsabilità politiche a livello nazionale e locale, compresi le formazioni politiche uscite miracolosamente indenni dalle inchieste. Nessuno però ebbe l'ardire di compiere - diciamo negli anni 70 - una operazione come quella realizza da Di Pietro & co. Non ce ne sarebbe stata la possibilità, né sotto il profilo interno né soprattutto sotto quello internazionale. Qualcuno ebbe la tentazione: pensiamo allo scandalo Lockheed con l'Aldo Moro del "non ci faremo processare nelle piazze" oppure agli incredibili maneggi di Michele Sindona e la famosa lista dei 500... a parte l'incriminazione di qualche personaggio minore non successe assolutamente nulla. Nessuno poteva prendersi la responsabilità di distruggere -in piena guerra fredda- i partiti di governo per provare a mettere al loro posto i comunisti. Sarebbe saltato il banco con la conseguenza di aprire le porte ad una dittatura militare sul modello cileno (appoggiata dagli americani).
Negli anni 70 e nella prima metà degli anni 80 la magistratura era poi impegnata nell'opera di repressione dei moti eversivi di destra e di sinistra che minacciavano (spesso avvalendosi di agganci interni ed esteri) le istituzioni repubblicane.
E' lecito ritenere comunque che se il Muro fosse caduto dieci anni dopo Mani Pulite non ci sarebbe stata. Non per mancanza di condizioni "giudiziarie" ma per mancanza di quelle "politiche". Chi non contestualizza gli eventi sotto il profilo storico e politico si limita ad una visione giudiziaria delle vicende che a mio parere è assolutamente fuorviante.
Ma una domanda appare particolarmente interessante: ci sono le condizioni per una nuova Mani Pulite? Sotto il profilo giuridico e giudiziario certamente sì, nel senso che non passa giorno senza che qualche magistrato incappi in condotte che possono essere qualificate normativamente come reati. Sotto il profilo politico c'è da avere dei dubbi, in un momento in cui i partiti maggiori sembrano andare d'amore e d'accordo nel garantire la maggioranza al governo tecnico presieduto da Mario Monti. Un governo, occorre non dimenticarlo, fermamente voluto e sostenuto dal capo dello stato, dall'Europa e da poteri forti a carattere sovranazionale. Per certi versi si stanno riproponendo le medesime condizioni degli anni della guerra fredda quando la collocazione internazionale dell'Italia non permetteva fughe in avanti. Bisogna vedere quanto durerà questa situazione e per quanto tempo sarà possibile mantenere intatto il vaso di Pandora. C'è da pensare che non appena sarà passata la buriana dei mercati internazionali si scatenerà una nuova ondata di inchieste giudiziare tale da mandare a casa (o in galera) la cosiddetta classe politica che ha malgovernato l'Italia in questi ultimi 20 anni (il tutto ovviamente con una opinione pubblica plaudente ma incapace di generare alternative politiche credibili).