Carisma 16 o più

Da Mcnab75

Nei commenti a questo post alcuni scrittori da qualche tempo in attività sul Web hanno denunciato uno dei tanti, piccoli problemi che complicano questa bella ma complicata attività: la mancanza di feedback.
La faccenda è questa: molti scaricano ebook, specialmente gratuiti. Alcuni non li leggono nemmeno e una buona percentuale di quelli che invece lo fanno non lasciano alcun commento né all’autore né sul proprio blog o sui social network.
Altri ancora commentano solo per sottolineare quanto il libro/racconto in questione sia brutto, premurandosi di far sapere come lo avrebbero scritto loro e quali manuali l’autore dovrebbe leggere prima di riprovare un altro esperimento di questo genere. Se invece il libro/racconto gli è piaciuto liquideranno la questione con un semplice “non è del tutto da buttare“.
Che persone tristi, vero? Ma non è di questo che ci occuperemo, bensì di altro.
La domanda è questa: perché certi autori ricevono feedback e altri no?

La risposta semplice: perché lo scrittore deve sapersi anche vendere come “personaggio”. Una cosa di cui abbiamo già accennato nel post sul futuro della lettura.
Piaccia o meno il concetto di scrittore solitario e distaccato dal mondo è da considerarsi obsoleto e fallimentare.
I lettori vogliono interazione, vogliono partecipare alla fase creativa delle storie, desiderano dare del “tu” agli autori che seguono, ma anche dare consigli e fare richieste?
E’ giusto? E’ sbagliato? Chi lo sa. Però è così.
I social network hanno cambiato le regole del gioco, così come i blog e, prima ancora, i forum online.
Qui entra in gioco una seconda questione: lo scrittore può spaziare, non limitandosi a parlare soltanto dei suoi lavori, bensì esprimendo pareri in merito a una questione di argomenti, dalla recensioni ai programmi in TV, dalle belle donne (o bei fusti), dallo sport ai film.
Insomma, si rischia di finire nella categoria dei tuttologi, anche non volendo.
Ma, in definitiva, è un male?
Direi di no. L’idea che sta sotto questa trasformazione è in fondo basilare: lo scrittore si sveste della sua intoccabilità “artistica” e si pone al suo pubblico come amico, consigliere, compagnone.
Va da sé che non tutti sono portati a comportarsi così. Certe persone i social network li schifano a prescindere, o comunque non vogliono parlare dei fatti loro in pubblico.

C’è poi un secondo step da considerare: il carisma.
Molti scrittori sanno usare il linguaggio non solo nei racconti, bensì anche nello scambio di battute scherzose o negli articoletti che nulla hanno a che fare col loro lavoro. In men che non si dica diventano opinion maker (che fa figo dirlo in inglese, no?). Fanno tendenza. Esprimono la loro attitudine a diventare “esemplari alfa” di una comunità.
Al che i lettori, che sono un po’ amici e un po’ fan, faranno a gara per fornire allo scrittore il feedback sui suoi lavori. Feedback non necessariamente positivo, come è giusto che sia, ma pur sempre un feedback. Ossia passeranno parola, passaggio fondamentale dell’attività di qualunque artista in quest’epoca di condivisioni volontarie.
E’ come per i telefonini di ultima generazione: una delle applicazioni più importanti è quella che permette di condividere una foto, una canzone o un pensiero con un semplice click, direttamente su Internet. Se non condividi non sei nessuno. Se non condividi non esisti.
Ancora una volta: è giusto o sbagliato? La domanda in realtà è sciocca: la realtà è questa (adattati o muori, aggiungerebbe qualcuno).

Solo che lo scrittore deve sì condividere, ma soprattutto convincere il prossimo a fare lo stesso, passando parola ed esprimendo giudizi che siano un minimo costruttivi, e non insultanti.
Il rischio è però, come già accennato, quello di diventare tuttologi. Di esprimere giudizi che esulano la soggettività e diventano verità inoppugnabili.
Basta guardare in Rete. Di stolti che si proclamano “signori e padroni” di qualche argomento ce ne sono a bizzeffe. Signore del fantasy. Signore dei supereroi. Signore degli zombie (che poi…) Signore del giusto modo di scrivere. Signore del cinema. Signore dell’oplologia. Signore dei manga. (Etc etc). Di solito fondano il loro consenso su una base di fan-boys adoranti, che non fa altro che peggiorare la carica di follia e di esaltazione dei tizi in questione.
La cosa che fa specie è che si tratta una strategia di marketing che spesso paga, almeno all’inizio. Così come del resto in Italia paga ogni genere di polemica: calcistica, politica, economica, gossippare.
Qualcuno ha detto Grillo? No, pietà, fuori la politica da Plutonia!
Comunque se si arriva a tanto, ossia a diventare dei grotteschi personaggi con un grande seguito basato però sull’odio e sulle sparate clamorose, beh, sappiatelo: a un certo punto avete sbagliato strada e prima o poi vi perderete nel bosco.
Cosa che in effetti succede a tutti i demagoghi da due soldi.
Quindi, riassumendo tutto questo discorsone: è un gran casino trovare l’equilibrio tra l’essere troppo schivi e anonimi e il trasformarsi in rutilanti imbecilli. Ma vale la pena provare.


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