Bene, da un po' di tempo non solo sto pensando sempre più che si possa vivere senza lo Stato - cosa che ho sempre creduto - ma che ci stiamo già organizzando per vivere nonostante lo Stato (dove questo è ormai contraddistinto nelle sue istituzioni e nei suoi rappresentanti da tale ipocrisia e perversione che ne auspico la definitiva implosione). Pensate agli orti urbani, al ritorno del baratto negli scambi senza moneta, ai gruppi d'acquisto solidale, alle banche del tempo - giusto per fare qualche esempio a caso. Non sono già modalità di autogestione che non passano attraverso meccanismi abituali di 'mercato', di lavoro 'salariato', e che fanno riferimento ad appartenenze spontanee piuttosto che a coesioni imposte dall'esterno? Non dicono già "non mi interessano i vostri modelli e le vostre soluzioni, io mi creo la mia vita nonostante voi, i vostri soldi, la vostra violenza, e i vostri fasulli modelli di successo e felicità"?
Da dove stiamo ripartendo? Da noi, dalla società contro/nonostante questo stato. E dalla ricostruzione e valorizzazione di questo 'noi' - un sentimento d'appartenenza collettiva in cui come singoli, in modo fluido e dialogico, in qualche modo ci riconosciamo. Così come dalla discussione a oltranza con gli altri per trovare modalità di convivenza che passino attraverso 'regole'/'norme' concordate di volta in volta da noi stessi, per vivere insieme, giorno per giorno.
Oggi è domenica: se avete tempo e voglia di leggere, per coloro che se li fossero persi, vi segnalo questi due post in merito - uno mio e uno di Sassicaia Molotov - che casualmente sono molto vicini/simili e vi parlano di queste cose. Buona giornata a tutti! :-)
- CARITA' E RIVOLUZIONE, di Sassicaia Molotov- Minerva e il concetto di 'guerriero compassionevole' , di Minerva Jones