Ha cambiato la storia del taekwondo italiano: mai un azzurro era stato capace di issarsi sulla cima dell’Olimpo. Ha annusato l’acre aroma della sconfitta, ma l’ha respinto con forza, con orgoglio, ribaltando in pochi secondi un risultato già scritto in quella che resterà una delle finali più belle della storia di questo sport.
E’ diventato l’idolo di un paese, Mesagne (provincia di Brindisi), l’eroe di tanti ragazzini che, grazia alla sua impresa, hanno chiesto alle proprie mamme di fare taekwondo.
In esclusiva per Olimpiazzurra, il campione olimpico della categoria +80 kg: Carlo Molfetta.
Quanto è cambiata la tua vita dopo l’oro olimpico a Londra 2012?
“Ovviamente la vita un po’ è cambiata, sono più richiesto, più conosciuto, più idolatrato, ma per il resto tutto come prima, mi sento quello di prima e così voglio rimanere“.
Nella finale per il titolo eri nettamente in svantaggio con l’africano Anthony Obame: hai mai pensato, anche solo per un attimo, “è finita”?
“Non è nel mio carattere dire “è finita”, posso avere timore, posso pensare che sia difficile, ma arrendermi mai e del resto, se così non fosse, non avrei mai potuto recuperare lo svantaggio a pochissimo dalla fine e in una competizione così importante“.
Cosa hai provato quando sei riuscito a mettere quel calcio alla testa a pochi secondi dalla fine della finale?
“Ho avuto la consapevolezza di aver realizzato il mio sogno: a quel punto ho capito che la medaglia d’oro sarebbe stata mia“.
Quando, nel corso del torneo, hai davvero compresp che avresti potuto vincere l’oro?
“Dopo la semifinale con il gigante Keita, che, oltre ad essere enorme, aveva esperienza e valore. Per me era lo zoccolo duro, ne ho avuto timore sin dal sorteggio“.
La tua categoria naturale sono i -87 kg, ma ai Giochi hai dovuto “adattarti” nei +80 kg: quanto è stato difficile misurarsi con atleti di gran lunga superiori come statura e peso corporeo?
“L’impatto con atleti superiori non solo di peso ma anche di altezza è ovviamente pericoloso, puoi farti male facilmente, mentre difficilmente puoi fare punto. Tuttavia la mia categoria reale nelle Olimpiadi viene accorpata alla massima, quindi, come si dice, o mangiavo questa minestra o mi buttavo dalla finestra“.
Di certo avrai dovuto lavorare sodo sull’aumento della massa muscolare.
“Non è solo mettere peso e muscoli ad essere difficile, devi approcciarti ad un combattimento diverso, devi rivoluzionare il tuo modo di combattere“.
Due atleti due medaglie (da ricordare anche il bronzo di Mauro Sarmiento nei -80 kg): il taekwondo italiano un modello da seguire?
“Il taekwondo italiano è in crescita da parecchi anni ed è un modello da seguire perché si lavora sodo e con serietà“.
Stai già pianificando il futuro? Proseguirai fino a Rio o ragionerai anno dopo anno?
“Un pensiero a Rio è normale ci sia, lavorerò per arrivarci, poi è ovvio che non bastano le mie decisioni: nel bene e nel male la vita va come deve andare“.
Alle spalle tue e di Sarmiento si sta affacciando qualche giovane interessante: chi pensi possa ricalcare le vostre orme?
“Non dimentichiamo Leonardo Basile, il quale, seppure non sia riuscito a prendere una medaglia alle Olimpiadi, è stato ed è un grande atleta che molto ha dato a livello internazionale e penso possa dare ancora molto anche se non è nelle nuove leve. Abbiamo tanti ragazzi che possono fare molto bene e non voglio fare torto a nessuno nominandone uno anziché un altro, quindi tengo il segreto per me“.
Pensi che, grazie alla vostre medaglie, il taekwondo potrà avere maggiore diffusione ed aumento dei praticanti?
“C’è già stato un boom di iscrizioni quest’anno in tutte le palestre, molte altre sono state aperte, speriamo che non sia solo un fatto isolato di quest’anno“.
Come hai iniziato a praticare questo sport da piccolo?
“Mio padre mi portò in palestra perchè era cintura nera di taekwondo, all’inizio era giusto per farmi muovere e far respirare mamma visto che ero una peste. Qualcuno mi chiamava ‘Attila’ perchè dove passavo non rimaneva nulla, poi mi sono appassionato, ho iniziato le prime gare, ho avuto i primi risultati e non mi sono più fermato“.
A Mesagne la gente ti considera un eroe?
“A Mesagne sono molto amato. Si usciva da una immagine non veritiera di una cittadina mafiosa. A maggio c’era stato l’attentato ad una scuola brindisina in cui aveva perso la vita una ragazzina mesagnese, Melissa Bassi, per cui la mia vittoria è stata un riscatto, la vittoria di tutti i miei concittadini“.
Sappiamo che le ragazze della ginnastica artistica ti adorano: parlaci del tuo rapporto con loro?
“Ah non lo so se mi adorano, certo è che stando insieme per parecchio tempo, condividendo gli stessi problemi si instaura un rapporto speciale che è reciproco, poi ovvio se mi adorano non può far altro che farmi piacere… Diciamo che le ragazze della ginnastica dell’Acqua Acetosa sono le mie piccole atlete preferite“.
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