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Carlo Orsi: No Photoshop – galleria Raffaella De Chirico, Torino, dal 6 ottobre al 18 novembre 2011

Creato il 02 ottobre 2011 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo
Carlo Orsi: No Photoshop – galleria Raffaella De Chirico, Torino, dal 6 ottobre al 18 novembre 2011

Untitled 2005, stampa montata su alluminio,cm100x70

La mostra No photoshop di Carlo Orsi merita indubbiamente una visita. “..Tutte inedite ed avente formato 70×100 cm, montate su alluminio, queste stampe corrispondono ad un punto di svolta decisivo nel lavoro di Orsi, nella sua attività e nella sua vita. Queste fotografie, stampe digitali ottenute dall’acquisizione di pellicole naturalmente deterioratesi od ammuffite, si propongono come icone di un mondo in frantumi, putrefatto eppur magnifico.(…)”, racconta la presentazione della Galleria Raffaella De Chirico, a Torino (clicca:MAPPA), dove inaugura  giovedì 6 ottobre 2011, ore 18.00. Di seguito, riportiamo anche (cortesia dell’Archivio Tadini) un testo che scrisse Emilio Tadini su Carlo Orsi. Colpisce nel segno, Tadini, quando sostiene che ” l’obiettivo di Carlo Orsi sembra essere mosso, indirizzato e regolato, ogni volta, da qualche desiderio. Da qualche desiderio che ha come oggetto le forme della narrazione ancora prima che la cosa narrata (…)”.

Colpisce anche perché Carlo Orsi -sito: http://www.carloorsi.com/index.php – oltre a essere “uno dei rari fotografi che sappiano essere contemporaneamente grandi, onesti reporter e grandi creatori, inventori di immagini”(Guido Vergani), è un ideatore di forme e contenitori del Racconto. Città/Milano è il nome della rivista che Carlo Orsi ha concepito a metà degli anni Novanta, mettendo insieme una redazione composta anche da Emilio Tadini, Gianfranco Pardi, Guido Vergani, Giorgio Terruzzi e Silvana Beretta.  Ne uscirono solo dieci numeri, ma vi invitiamo a fare di tutto al fine di procurarvene una copia. Città/Milano ha riportato la foto – seppure per poco –  al ruolo che aveva con Life, o con Epoca: ha liberato la foto reportage dalla prigionia alla quale è stata costretta dall’evoluzione dei giornali, soprattutto in Italia. Ha riprovato, per così dire, a sciogliere una sudditanza alle parole per le quali, la fotografia, si era ridotta a svolgere un lavoro di supporto.

Carlo Orsi: No Photoshop – galleria Raffaella De Chirico, Torino, dal 6 ottobre al 18 novembre 2011

Untitled 2008,stampa montata su alluminio,cm100x70

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Con No photoshop, Carlo Orsi non inventa un contenitore nuovo, ma parla di una fine e di un inizio. Tramonta la pellicola e vince il digitale. Muore la memoria – e si decompone – del  triacetato di celluloide e segue quella dei megabyte, degli hard disk, del Web. In questo Viale del tramonto, la frantumazione delle vecchie immagini le rende quasi irriconoscibili. La decomposizione le carica di significati analoghi, forse, a quelli appartenenti a un volto che sia invecchiato senza subire interventi plastici, o alle “qualità” dei quartieri decadenti di un’area industriale diventata “archeologia”. Non esistono più come prima. Trasformate da un ciclo naturale di vita. Sono nate, invecchiano, moriranno, verranno ricordate, forse riciclate …

Fin qui tutto bene. Potremmo osservare i No photoshop di Carlo Orsi uscendo indenni dalla mostra. Potremmo provare a sdrammatizzare – come si fa alla fine di ogni funerale in piena regola – e berci su …

Eppure, a pensarci meglio, queste immagini di Carlo Orsi non raccontano solo la storia di un ex-diva: la Foto in Pellicola, nuda e pura, senza post produzione digitale. Ne’, a noi sembra, invocano un ritorno ai “tempi d’oro”.

Carlo Orsi: No Photoshop – galleria Raffaella De Chirico, Torino, dal 6 ottobre al 18 novembre 2011

Untitled 3 2008,stampa montata su alluminio,cm100x70

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I No photoshop di Orsi ci sussurrano che sta accadendo qualcosa senza che noi ci si renda conto. Queste immagini che sono diventate “astratte” per via d’invecchiamento, forse, ci portano a osservare – da un punto di vista sufficientemente lontano, nello spazio e nel tempo – la realtà Presente della nostra immagine presente: un’identità che si stacca da noi e fluttua in un luogo della memoria perenne che non è un cimitero. L’immagine digitale. L’immagine che non vuole invecchiare al posto nostro, anche se vorremmo. L’immagine che non ha giorno ne’ notte. Sempre accesa, sempre illuminata, sempre condivisa, mai impolverata in una soffitta, incessantemente uguale a se stessa.

E’ in costruzione e svolgimento un eterno Presente sostenuto – nella sua incapacità di diventare passato e, allo stesso tempo, di pre-figurare l’idealità nel Futuro – da milioni e milioni di “prese di vista” simultanee, in perenne visione. Questa è l’immagine nell’era Web. Nell’epoca dei social network. …..

Non c’è alcun ritmo circadiano nel Presente elettrico della Rete. Noi vi carichiamo (c’è chi lo fa varie volte quotidianamente) i nostri “ritratti di Dorian Gray” sapendo – con certezza – che non avremo nemmeno la possibilità di lacerarli con un coltello.

Forse, in conclusione, dovremmo ricorrere a una distinzione salvifica: ricordarci che la Fotografia non è “l’immagine fotografica” e che la Memoria non è fatta di terabyte. I fotografi bravi esistono per ricordarcelo. Quelli come Carlo Orsi.

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Carlo Orsi. No Photoshop

A cura di: Federico Sardella

Inaugurazione: giovedì 6 ottobre ore 18.00
Periodo: dal 7 ottobre al 18 novembre 2011

RAFFAELLA DE CHIRICO GALLERIA D’ARTE – sito: http://www.dechiricogalleriadarte.com/
Via Vanchiglia, 11/A, Torino

Tel. 011 19503550 – mail:  [email protected]

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Carlo Orsi  – testo di Emilio Tadini (cortesia Archivio Tadini – Spazio Tadini)

Carlo Orsi: No Photoshop – galleria Raffaella De Chirico, Torino, dal 6 ottobre al 18 novembre 2011

Emilio Tadini ha disegnato una faccia sulla pelata di Fabio Bellotti, Foto di Carlo Orsi, 2001

Se si dovesse cercare di definire in poche parole lo stile della fotografia di Carlo Orsi, si potrebbe indicare, prima di tutto, qualche coppia di opposti: la coppia scabro-levigato, per esempio, la coppia semplice-complesso. O, addirittura, la coppia realistico-fantastico.

Queste coppie di opposti si mostrano in azione non soltanto in una serie di fotografie, da una fotografia all’altra, ma, in molti casi, anche nelle singole fotografie.

E’ come se in un testo letterario si facessero sentire, insieme – accostati, affrontati- un tono “alto” e un tono “basso”, parlato quotidiano e declamazione oratoria, discorso sintetico e discorso analitico.

Ma è proprio quella che si chiama la ricchezza di un testo.

Le scene-gli ambienti- cambiano radicalmente, nelle fotografie di Carlo Orsi.

Ci sono scene e ambienti che sembrano mettere insieme un mondo da sofisticazione fantastica – da fanta-sofisticazione, proprio: con personaggi stravolti e impassibili, simili a splendidi replicanti. Ci sono scene e ambienti dove si mostra, del reale, la violenza, la durezza – o la raccolta semplicità.

Ci sono scene e ambiente aperti e definiti dal caso, e che proprio per questo ci appaiono tanto più veri. Ci sono scene e ambienti da commedia borghese…..

Che cosa vuol dire? Vuol dire che l’obiettivo di Carlo Orsi registra freddamente ciò che si mostra al suo sguardo meccanico? Questo vuol dire, piuttosto, che l’obiettivo di Carlo Orsi è come se fosse strutturato secondo certe categorie che sono nella mente di questo fotografo prima di ogni fotografia.

E vuol dire anche che quell’obiettivo è come se fosse un organo, sollecitato direttamente dalla mente di questo fotografo- da quello, insomma, che questo fotografo pensa, sente, o ricorda. Così come ogni articolazione del nostro organismo è sollecitata dalla nostra mente mediante certi stimoli nervosi.

Potremmo anche dire che è come se lo sguardo meccanico dell’obiettivo si facesse sguardo vero, corporeo. Come se andasse alla cosa già carico della forma di un’idea, prima di tornarne carico di una figura.

Ma forse, più semplicemente, si potrebbe dire così: l’obiettivo di Carlo Orsi sembra essere mosso, indirizzato e regolato, ogni volta, da qualche desiderio. Da qualche desiderio che ha come oggetto le forme della narrazione ancora prima che la cosa narrata.

E’ come se le fotografie di Carlo Orsi fossero le illustrazioni di un racconto. Anzi, no. Tutto al contrario. E’ come se queste fotografie venissero prima di un racconto destinato a seguirle, a “illustrarle”.

E’ questo lo spazio che le fotografie di Carlo Orsi sanno aprire ogni volta: lo spazio della narrazione.

Emilio Tadini


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