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Carlo Saverio di Borbone duca di Parma: un principe paladino dello “sviluppo sostenibile”

Creato il 09 maggio 2011 da Marinam

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Carlo Saverio di Borbone, duca “titolare” di Parma e Piacenza, discendente diretto di Luigi XIV, Filippo V ed Elisabetta Farnese, nipote della regina dei Paesi Bassi, pronipote della imperatrice Zita, è uno di quei principi del XXI secolo che ha saputo ritrovare le sue origini. Ma, invece di rivendicare un trono che non esiste più, ha deciso di utilizzare al meglio il prestigio simbolico che gli viene dal passato, dedicandosi alla “sua” Parma, dove torna sempre più spesso per sostenere iniziative sociali e culturali. Alla metà di aprile il duca di Parma – arrivato con la moglie Annemarie (giornalista alla tv olandese) ed il fratello Jaime, ha inaugurato una importante mostra alla biblioteca Palatina.

 Cosa rappresentano per lei e per i suoi fratelli Parma e l’Italia?

Papà, per tutta la sua vita, ci ha parlato di Parma, le nostre radici storiche sono qui. E non solo. Mio nonno Xavier [Saverio di Borbone-Parma, il fratello dell’imperatrice Zita e del principe Sisto e di Felix principe consorte del Lussemburgo n.d.r.] era un ingegnere agronomo, aveva studiato alla Sorbona, e negli anni ‘20 ha lavorato per anni nella valle del Po al sistema di drenaggio del fiume. All’epoca gli argini erano paludosi e dovevano essere bonificati per aumentare le terre agricole, ma anche per debellare la malaria così comune in quelle zone. Da bambino ho ascoltato tante volte le sue storie sul fiume, sulla gente, sulla sua esperienza italiana. Nonno, papà e le zie hanno sempre parlato ai miei fratelli e a me, dell’Italia che ho conosciuto anche grazie ai nonni materni i quali avevano una villa a Porto Ercole dove andavo spesso d’estate.

Poi suo padre ha riannodato i legami con Parma.

Si, quando è andato in pensione ha deciso di tornare si è riavvicinato alla gente ed alle terre governate dell’antico ducato soprattutto per rivitalizzare, con grande entusiasmo e passione, quell’Ordine Costantiniano che è riconosciuto dallo stesso Stato Italiano. Ha sviluppato dei progetti nel sociale ed è stato subito accolto con grande affetto e calore, anche perché tutti hanno immediatamente capito che non voleva prendere niente era qui solo per dare. Questa era la natura di mio padre. Gli interventi sono stati numerosi in diversi settori, tante persone ci hanno aiutato ed è stato bello riscoprire Parma ed il legame con la nostra storia, i nostri antenati.

Del principe Carlo Ugo c’è un ricordo commosso qui a Parma, l’emozione per quello che è stato ed ha fatto è ancora tangibile in città. La mostra alla Palatina è dedicata proprio a lui, i funerali dello scorso agosto sono stati un grande omaggio all’uomo prima che al principe ed al discendente degli antichi sovrani.

Papà ha sempre aiutato tanto gli altri, la sua fede non era formalista, ma concreta, una fede che si realizzava nella pratica quotidiana del fare cose buone. E non gli importava quale fosse il livello di una persona, agiva e basta. Lui i valori cristiani erano una speranza per l’umanità.

Suo padre era nato in Francia ma si sentiva spagnolo, lei è nato nei Paesi Bassi ma porta un titolo italiano, sua madre è olandese. Qual è il paese a cui si sente di appartenere realmente?

Be’ in effetti olandese lo sono diventato tardi e per questioni legate alla scuola. Ecco io mi sento soprattutto europeo, ma nel senso antico del termine. Nel passato in Europa c’era un grande movimento, di persone, di idee, si viaggiava per le corti grandi e piccoli. Era l’Europa delle regioni che si spostava e credo che in qualche modo siamo tornati a quel periodo il che è un bene. La diversità e lo scambio sono la forza stessa dell’Europa che oggi è tornata ad essere più regionale, più aperta, ecco mi piace pensare ad un continente non internazionale ma interregionale. Ad esempio trovo sempre molto interessanti ed utili i gemellaggi che danno modo alle persone ed ai territori di conoscersi.

Insomma un europeo convinto, senza una preferenza precisa?

Assolutamente si. Amo tutti i luoghi che fanno parte della mia vita. E’ un po’ come l’amore per i figli, c’è spazio per tutti ed è un sentimento che si può moltiplicare all’infinito. Amo Parma e Piacenza, ma anche la Spagna e i Paesi Bassi, nello stesso modo.

Il giorno del vostro matrimonio sua moglie Annemarie indossava un velo bellissimo e molto particolare perché era fatto di carta. Un simbolo, avete fatto sapere, del vostro impegno per lo “sviluppo sostenibile” e le energie rinnovabili.

Credo nello sviluppo sostenibile da tutta la vita e sono felice che anche mia moglie condivida questo impegno. La sostenibilità è alla base della giustizia sociale, se noi usiamo tutto agli altri non resta nulla. La sostenibilità è giustizia perché sulla terra ci sono milioni di persone in difficoltà che hanno il diritto di arrivare ad un livello di vita uguale al nostro e noi abbiamo la responsabilità di trovare un sistema per non esaurire le risorse della terra.

Nel concreto che cosa state facendo?

Principe Carlo Saverio:

Bisogna essere creativi e trovare soluzioni economiche e finanziarie per non far male alla terra, ma si può agire anche nel privato, nella dimensione domestica, per esempio riciclando e invitando gli altri a farlo.

Principessa Annemarie:

Amo moltissimo gli ideali di mio marito e il fatto che sia così attento al nostro avvenire. Quindi anni fa ancora nessuno ci pensava, lui si. Fra l’altro tutti possono impegnarsi nel concreto, quando ci siamo conosciuti, per esempio, non ero attenta al riciclo, ora si e sono diventati gesti automatici, quando cominci poi non torni più indietro perché sei consapevole che va bene così.

Anche il suo lavoro va in questa direzione?

Sono il direttore di un istituto per l’innovazione e la sostenibilità e inoltre mi occupo, come supervisore, di una banca etica olandese e di una fondazione per la responsabilità sociale delle imprese. In sostanza il mio scopo è quello di convincere istituzioni, enti, associazioni che seguire questa strada non è difficile, né più costoso, è solamente logico e naturale.

Cosa le ha lasciato suo padre dal punto di vista morale?

Ci ha insegnato a batterci per le giuste cause. Lui era uno che si metteva al servizio degli altri, perché certe responsabilità non si possono delegare. E il tema della sostenibilità era a lui molto caro e si tratta di un argomento senza colore politico, ma totalmente trasversale. Bisogna parlarne per i nostri figli, ma anche per noi stessi perché solo così fra 30 anni potremo respirare ancora aria pulita.

La sua prozia era l’imperatrice Zita, Otto d’Asburgo è il cugino di suo padre, i fratelli Borbone-Parma, Sixte-Sisto,  suo nonno Xavier-Saverio e Felix, hanno lasciato una traccia nella storia con il tentativo di pace separata durante la Prima guerra mondiale. Come hanno influito nella sua formazione personaggi di questo genere?

Diciamo che sono stati un buon esempio per tutti noi. Come anche nostra zia Cecilia che ha lavorato a lungo nel Biafra quando ancora nessuno aveva idea della tragedia che si stava consumando e ha cercato di far in modo che in Europa si iniziasse a prendere coscienza del problema. Oggi anche i miei fratelli seguono la stessa strada, Carolina lavora alle Nazione Unite e Jaime si occupa di prevenzione dei conflitti internazionali, ma non sono persone da ufficio, loro stanno sul campo.

Parma, 16 aprile 2011

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Oltre a Sua Altezza Reale il Duca e a Sua Altezza Reale la Duchessa di Parma e Piacenza che hanno avuto la cortesia di ricevermi nonostante una giornata fitta di impegni. vorrei ringraziare le persone che hanno reso possibile questo incontro, cioè il dott. Paolo Conforti assessore alla Qualità urbana del Comune di Parma, l’avvocato Guido Agosti responsabile della segreteria italiana del Duca di Parma e la marchesa Zaira Dalla Rosa Prati Grossi.

Infine una nota “tecnica”. In tanti anni di lavoro mi è capitato di fare molte interviste, a personaggi di ogni genere, su argomenti anche diversissimi. Purtroppo lavorando per un piccolo quotidiano locale accade di non potersi specializzare, ma di dover essere “tuttologi” con tutte le difficoltà e le superficialità del caso. Accade che ci siano persone che le interviste le sollecitano con una certa insistenza, succede che ci siano interviste concesse con qualche difficoltà, può capitare di essere in sintonia con l’intervistato, può darsi il caso che l’intervista, magari anche sollecitata, sia in effetti difficilissima. Della serie “gli ho dovuto tirare fuori le parole con le pinze”. E non è un problema solo mio, capita a tutti, grandi e piccoli, importanti e non. Guardando le “Interviste barbariche” di Daria Bignardi, non vi siete domandati perché la tal persona o la lataltra stia lì anche se non ne ha evidentemente proprio nessuna voglia? Linus, storico dj, conduttore radiofonico e direttore di Radio Deejay ha parlato della difficoltà ad intervistare certi personaggi. Poi ala volte incontri persone con le quali parleresti per ore, con cui le quali ti trovi subito in sintonia e che hanno voglia di raccontarsi, che ti sorridono e fanno di tutto per metterti a tuo agio. Ecco il principe Carlo Saverio di Borbone-Parma è stato uno di questi.

Questa postfazione all’intervista che ho realizzato a Parma lo scorso 16 aprile è una specie di riflessione ad uno scambio di idee che si è svolto sul sito Noblesses & Royautées sotto al post che annunciava appunto l’intervista. Mi hanno chiesto com’è il principe e ho risposto per quella che è stata la mia esperienza, ma una lettrice mi ha fatto osservare che la “simpatia e la cordialità” dimostratemi secondo lei erano legate al fatto che sono una giornalista. Ecco quindi volevo precisare che no, non è detto, ci possono anche essere interviste molto, molto difficili, ma non è stato questo il caso.


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