Carlos Ruiz Zafón: Marina e il Fascino del Mistero

Creato il 30 maggio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il maggio 30, 2012 | LETTERATURA | Autore: Marina Alario

«Una volta Marina mi disse che ricordiamo solo quello che non è mai accaduto». Così si apre Marina, il quarto romanzo di Carlos Ruiz Zafón, edito da Mondadori nel 2009 e tradotto da Bruno Arpaia. L’autore, che inizia la sua carriera con libri rivolti all’infanzia, raggiunge il successo quando nel 2002 esce L’ombra del vento, che in poco tempo verrà letto da milioni di persone nel mondo. Ci chiediamo allora cos’abbia di speciale Zafón. Perché è così amato dal pubblico? La risposta, ovviamente, è molteplice. La prosa è scorrevole, le descrizioni della sua Barcellona – sempre in bilico tra realtà e immaginazione – molto suggestive; ma ciò che attira principalmente chi legge – a mio avviso – è il mistero, il desiderio di scoprire l’indefinito, quel “nascosto” che mantiene il lettore ancorato al libro fino alla fine, e in questo, lo scrittore è un maestro nel rendere le azioni dei suoi personaggi avvolte in un alone di oscurità. Anche questa, come la sua prima opera (Il principe della nebbia), è un romanzo di formazione. Il protagonista è Óscar, un ragazzo che vive in un collegio a Barcellona. Per puro caso, durante le passeggiate che ama fare per evadere dall’ambiente asfissiante dell’istituto, si imbatte in German, un pittore che non dipinge più, e nella sua eterea e bellissima figlia: Marina. Lui, che non ha mai avuto una famiglia veramente presente, troverà in queste persone il calore e l’amore che desiderava da tanto. A fare da sfondo alla storia principale c’è poi un intrigo oscuro che inizia quando Óscar e Marina decidono di seguire una signora dal volto coperto da un velo nero, che ogni giorno si reca al cimitero per deporre un fiore su una tomba.

I due ragazzi vengono risucchiati in questa vicenda parallela e sentono il dovere di venirne a capo. Tratto comune dei romanzi di Zafón, infatti, è che i protagonisti vengono “scelti” dall’avventura e, come dei moderni eroi greci, sentono l’urgenza e la necessità di svelarne i misteri. Un altro elemento ricorrente è il modo in cui vengono descritti gli antagonisti. Per lo scrittore barcellonese un cattivo non è mai soltanto un cattivo: si indaga sul suo passato, sugli avvenimenti che lo hanno portato a quel punto, per trovare infine in lui un’umanità che è presente anche se non visibile. Fondamentale è inoltre l’introspezione psicologica dei personaggi. L’autore non dimentica che le sue creature, oltre ad avere un presente nella storia, devono possedere anche un passato che giustifichi le scelte e le azioni. Unica nota dolente in questo libro è forse la scarsa originalità. Con questo non voglio dire che la storia non sia avvincente, anche se, avendo letto il primo romanzo, si intuisce fin dalle prime pagine che lo svolgimento ed il ritmo del racconto sono molto simili al precedente, come se l’autore non riuscisse a rinnovarsi. Si potrebbe obiettare dicendo che “squadra che vince non si cambia”, ma non si sa quanto, per questo genere di romanzi, si possa ritenere valida tale massima.



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