Ho aspettato qualche giorno per ragionare un po' su Carmelo Bene per verificare come i media grandi e piccoli di questa Nazione avrebbero ricordato il genio della drammaturgia in occasione del decimo anniversario della sua morte, o dell'ultima manifestazione della sua assenza.
Diciamoci subito che è sempre un brutto segnale che un simile genio, un predicato che viene attribuito fin troppo facilmente ai nostri giorni, ma che in questo caso è certamente meritato, che i media nazionali se la siano cavata con il minimo aziendale, con il commosso articoletto in ricordo messo in terza pagina, coccodrillo posticipato di dieci anni, pieno di luoghi comuni e totale mancanza di una minima volontà di spiegare al lettore la personalità e l'opera dell'attore e autore. Mi sono però piaciuti i due articoli scritti da Elena Gaiardoni su il Giornale, il 15 e il 16 Marzo.
Non stupisce che nessuno abbia pensato a riproporre qualche realizzazione di Bene, che non si sia trovato qualche minuto per illustrarne l'opera, neanche in quei programmi televisivi che ostentano la loro vocazione "culturale". Eppure la Rai ne ha di opere di bene in archivio, così tante che avrebbe potuto dedicare al genio nato a Campi Salentina, un'intera giornata di programmazione.
Eppure dicono che i canali digitali sono nati anche per proporre cose non propriamente popolari e commerciali, oltre che a "Fisica o Chimica", di cui si è fatto gran parlare nei giorni scorsi.
Nemmeno nessun editore ha pensato di riproporre in libreria la sua opera omnia, invece ci si deve accontentare, anche se è un dono prezioso, della biografia dell'attore scritta dal suo amico fraterno e biografo ufficiale Giancarlo Dotto, che è solo un libretto, un "Elogio di Carmelo Bene" (Tullio Pironti Editore, € 3.90) ma la sola testimonianza che può restituire la personalità autentica del raccontato.
Per prima cosa mi pare fuor di ogni logica la definizione di Bene come esemplificazione dell'immagine del genio e della sregolatezza, luogo comune molto praticato sulla stampa, nel giorno del ricordo: non c'era niente di sregolato nel genio di Carmelo Bene, a meno che si voglia definire sregolato lo studio incessante che portava poi l'attore a creare le sue scritture di scena. Studi approfonditi, analitici e scientifici che, per esempio, lo fecero diventare uno dei massimi conoscitori della storia Medicea, quando lavorò alla messa in scena del "Lorenzaccio".
Solo il ragazzino che si trovi casualmente di fronte alla sua Salomè può pensare di essere incappato nelle folli irragionevolezze di un intellettuale perso in chissà quali fantasie, magari pure artificiali.
Per fortuna però la vita da sempre una seconda possibilità e il ragazzino, nel frattempo cresciuto ebbe l'occasione di riscoprire il genio di Carmelo Bene grazie...a Stefan Edberg. la comune ammirazione del gesto tecnico del campione svedese lo portò infatti a riconsiderare le opinioni sul non maestro dell'assenza e a scoprire la sua opera, un universo di conoscenza nel quale è facile perdersi, un inesauribile miniera di sorprese, di bellezza e di divertimento.
Neanche Bene è però rimasto indenne dal culto feticista di un gruppo di fans che non avendo capito molto del suo pensiero lo hanno eletto a profeta di una religione personale, fatta del culto dei suoi aforismi e di alcune celebri invettive, dimentichi però del suo vero comandamento: "DIMENTICATEMI!"
Perché tutta la vita di bene è stata segnata dal demolire quello che aveva costruito, di liberarsi di quello che aveva raccolto, di svuotarsi dopo essersi riempito. L'obiettivo era quella di scomparire e del resto amava dire che lui non era mai nato (figuriamoci poi se poteva morire), di tornare alla innocenza ignorante del fanciullino, privo di sovrastrutture mentali.
In mancanza degli interventi delle istituzioni demandate sono i privati cittadini a restituire al Genio i riconoscimenti che gli si debbono. Youtube è piena di filmati che possono aiutare anche i più giovani a scoprire l'universo Carmelo, in attesa che gli eredi la finiscano di litigare e facciano funzionare la sua fondazione, quell'Immemoriale che il non maestro aveva ideato per conservare e divulgare la propria opera.