Caro Monti : “lo spread non si mangia”

Creato il 21 aprile 2012 da Giornalismo2012 @Giornalismo2012

- Di Donatella Amina Salina

Notizia di pochi giorni fa è calato lo spread che nei momenti bui secondo Monti non andava sovrastimato ora siamo sotto i 400 punti.
Solo una settimana fa i nostri colleghi dei grandi organi di stampa facevano rimbalzare dichiarazioni ottimiste su ipotesi di ripresa a medio termine, da cui si evinceva che il peggio era passato.
Secondo i sostenitori del Governo se spread e speculazione salivano era colpa della Spagna.

Le nostre nonne dicevano: il peggio non è morto mai.

Ormai è unanimemente condivisa l’analisi che già avevano svolto alcuni economisti critici, sei mesi fa tra cui Loretta Napoleoni. Essi avevano affermato che le misure monetariste e liberiste prese dai Governi europei per combattere la crisi non solo non sarebbero servite a nulla, ma avrebbero creato una spirale perversa di deflazione e recessione senza via d’uscita per cui i paesi più deboli si sarebbero avvitati su loro stessi e, a maggiore recessione sarebbe seguita la caduta dei consumi e la diminuzune delle entrate fiscali, conseguente al crollo del poterte d acquisto di salari e stipendi. Detto per inciso le entrate fiscali derivano quasi interamente da questi ultimi dato che oltre i due terzi delle entrate statali è costituito da tasse sui dipendenti e pensionati.
Meno consumi uguale meno entrate e quindi piu deficit statale.
E infatti è notizia dell’altro ieri nella crisi ci stiamo tutti dentro fino al collo come testimoniano i quasi ottocento suicidi di persone disperate che non riuscivano più a mantenere la famiglia o l’impresa ed è recessione piena.

In Russia anzi nell URSS ai tempi del vecchio baffone le statistiche affermavano che il reddito operaio era sempre in crescita ma l’operaio medio moriva di fame.

Le statistiche invece in Italia non mentono ma l’Agenzia delle Entrate si accanisce sempre e comunque su un unico ceto : il mitico ceto medio oramai ridotto a proletariato puro visto che con due stipendi si sopravvive a stento. E con uno non si sopravvive proprio. Banche ed assicurazioni si fanno d’oro attraverso i prestiti ad interesse con dappertutto la speculazione finanziaria pura a base di azioni e derivati.

Per la prima volta il capitalismo produttivo e persino gli immobiliaristi, vecchie volpi che hanno coperto l’Italia di cemento e costruito gli orrendi loculi dove vivono milioni di famiglie, arrancano e affogano pure loro.

Aumentano invece i pignoramenti di chi non riesce più a pagare i mutui e le vendite degli anziani con la formula della nude proprietà.

Oltre tre milioni di persone non riescono nemmeno a garantirsi la minima sussistenza e mentre il Governo taglia i servizi sociali del Comune vedono raddoppiare o triplicare le richieste di sussidio.

Per la prima volta ci sono casi di tranvieri ed impiegati statali che i vari Brunetta e Sassoni descrivevano come ipergarantiti e fannulloni, che sono costretti a chiedere la casa popolare o i sussidi riservati ai poveri.
E il peggio deve ancora venire.

Per sopravvivere a mutui bollette e spese sanitarie si vende l’ oro di famiglia o i vecchi quadri lasciati dal nonno ci si veste all’usato, si compra nelle bancarelle che ormai fanno i pochi magri affari rimasti.
Per fortuna che ci sono i cinesi che ci vendono a prezzi stracciati scarpe e vestiti visto che le confezioni italiane, tra le migliori del mondo, ormai le porta solo la classe medio alta ed i veri ricchi.

La Costituzione poi afferma solennemente la gratuità di scuola e sanita invece noi lavoratori dipendenti paghiamo sostanziosi ticket di trenta o quaranta euro per ogni visita mentre i benestanti vanno in clinica privata.

L’altro ieri un emendamento alla legge fiscale varata da questo Governo voleva far pagare il ricket sdanitario ai disoccupati. Qualcuno se n’è accorto e l’emendamento e stato ritirato.

L’altra Italia quella dei politici e dei faccendieri non si accorge che non esiste una soluzione nel quadro liberista e che la distruzione sistematica delle grandi industrie italiane che va avanti da trenta anni non ha lasciato il posto ad investimenti nei beni culturali nel turismo nell’innovazione nell istruzione e nella ricerca quegli investimenti che stanno fruttando a paesi emergenti come il Qatar il primo posto nel reddito pro capite nel mondo reddito non certo derivato solo dal petrolio in un paese che non ha quasi testimonianze storiche ed artistiche di grande rilievo e che quaranta anni fa era Terzo Mondo.

L’Italia è un paese ricchissimo dove la ricchezza sta nelle mani di meno del dieci per cento della popolazione italiana, dove nessuno vuole rischiare, e dove le tasse scoraggiano qualsiasi ipotesi di creare impresa .Ma se nessuno investe tanto meno lo Stato. Siamo vicini alla Grecia.


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