Figlio adorato di Gea, carrubo,
dai frutti penduli e scuri,
occhieggianti tra il fresco ombroso,
perché non sono io dentro la tua linfa,
o come Dafne a godere
il color verde seta dell’alloro ?
Tu sopporti le invernali intemperie
che furiose sbattono le tue cime,
ma col sereno, la chioma ancora più bella,
è capigliatura leggiadra di donna,
portata fluente su esile collo.
Ti è dato godere l’abbraccio forte
della terra che ti nutre,
il gioco delle nuvole a carezze,
il concerto dei volatili
che in te trovano nido sicuro.
Fortuna hai di sapere
il destino che per te
il fato ha scritto
nel certo che tua fine sarà
dove fu il tuo inizio.