Casalinghitudini Antiche - Stirare e Rammendare

Creato il 04 giugno 2013 da Sandalialsole

In casa mia si stira il meno possibile. Solo l'indispensabile. Indispensabile indispensabile. Se no non ce la si fa. Punto. Ogni tanto contravvengo alla spartana regola e mi tuffo in una seduta di stiro epocale, rendendomi conto che sì, in effetti, i tessuti sono più morbidi, comunque occupano meno spazio in armadi e cassetti, quasi quasi profumano anche di più. Poi guardo il resto delle cose che ho da fare e torno all'aurea regola: si stende bene, si ritira piegando ancora meglio, si dà un colpo di ferro giusto là dove non se ne può fare a meno.
E su questo, lo riconosco, l'uomo di casa è di poco o punto aiuto: prima della nostra vita in comune le camicie andavano in lavanderia. E lì tornerebbero se non azionassi io il ferro. Che, per inciso, è un mezzo semplice e tradizionale: non c'è sugo con una come me a regalarle quelle meravigliose cattedrali a vapore. Al massimo le userei per cucinare.

Sul rammendo, invece, faccio un paio di considerazioni.
La prima è che da nipote di sarti sono l'onta della famiglia. Da piccola in sartoria il nonno mi faceva passare le marche e toglierle. Ma la nonna si crucciava perché non usavo il ditale: mi fa sudare la falange, ecco.
Però mi son stati regalati cestino da lavoro, aghi, uova da rammendo, ditali di tutte le forme, materiali e pesi, spilli, gessi, metri e forbici da sarto.
Io mi limito a orli, bottoni e piccoli rammendi di fortuna.
Non ho la macchina per cucire e mia mamma, all'occorrenza, rispolvera la vecchia Singer a pedale e manovella. Un cimelio che fa ancora il suo dovere. Ogni tanto mi viene la velleità del corso di taglio e cucito, ma non provo nemmeno a darle forma: so già che sarei un disastro.
Tuttavia, e vengo qui alla seconda considerazione, sul rammendo e sull'aggiustare le cose ho una mia etica.
E ne avevo già scritto proprio qui quattro anni fa, parlando di un'altra attività di cui si è persa un po' traccia ovvero il lucidar le scarpe.
E siccome lui sa scrivere meglio di me, lascio le parole di Henning Mankell, che io adoro, a sintetizzarla.
[...]Poi, improvvisamente, Linda gli aveva chiesto perché fosse così difficile vivere in Svezia. "A volte ho pensato che è tutta colpa del fatto che abbiamo smesso di rammendare le nostre calze" disse Wallander.[...] "Nella Svezia in cui sono cresciuto, la gente rammendava ancora le calze. Ce lo insegnavano a scuola. Un giorno, d'improvviso, era finita. Le calze bucate si buttavano via. Nessuno rammenda più le calze di lana fatte a mano. Tutta la società si è trasformata. [...] Finché si è trattato solo di calze, il cambiamento in sé non era così marcato. Ma l'usa e getta si è rapidamente diffuso a tutto. Alla fine è diventato una filosofia, una sorta di morale invisibile ma molto presente nella mente della gente. Io credo che abbia cambiato il nostro senso per quello che è giusto e quello che è sbagliato, per quello che si può fare al nostro prossimo e quello che non si può fare. [...] La generazione che sta crescendo oggi [...] nel loro bagaglio di ricordi i tempi in cui si rammendavano le calze non esistono proprio. I tempi in cui non buttavano via né calze né esseri umani." La quinta donna - Henning Mankell


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