Anche io dico peste e corna di Alfano, il cui berlusconismo è superato solo dall’ipocrisia, dal trasformismo e dall’opacità, ma ho l’ inquietante sensazione che la sua scelta come instant capro espiatorio della vicenda dell’Utri, anche dal campo dell’opposizione al renzusconismo, mi sembra dettata dalla necessità di coprire l’insieme delle responsabilità e degli intrecci. L’allarme concreto sulle intenzioni di fuga del prode Marcello accertate tramite intercettazione, era stato lanciato nel novembre scorso, quando però ministro della giustizia era l’indimenticabile amica della famiglia Ligresti, Anna Maria Cancellieri, mentre Alfano era agli interni, responsabile semmai proprio delle indagini e della scoperta del piano di “allontanamento” dell’ex senatore. Invece il sospetto ritardo, tutto interno al sistema giudiziario, con cui si è deciso di impedire a Dell’Utri di farsi uccel di bosco, si è determinato sotto la reggenza del guardasigilli Andrea Orlando, l’eterno ministro dilettante del Pd.
In tutta questa deprimente vicenda lo zampino non può essere solo quello di Alfano visto che con tutta evidenza è il ministero della Giustizia ad essere centrale nelle dinamiche di una fuga annunciata. Di qui è passata un’intera mandria, non escludendo nemmeno il cervo reale. Non c’è dubbio che Angelino non abbia fatto nulla per impedire le vacanze dell’ex segretario addetto alla mafia di Berlusconi, magari le ha anche favorite, ma non senza altre necessarie complicità. E francamente, ammesso che nell’arca di Napolitano si trovi anche un solo giusto, non credo che il problema stia nell’essere al governo con uno così, ma nell’essere in un governo così.