Per questo, a luglio, la Commissione Esteri del Senato statunitense ha dato il via libera al Magnitsky Bill, un provvedimento che, se sarà approvato dall’intera assemblea, congelerà i beni e i conti correnti ed impedirà l’ingresso negli Usa a tutti i funzionari russi coinvolti nella vicenda, inclusi anche uomini d’affari legati al settore energetico russo.
E domenica il Sunday Times riportava appunto la notizia che una lista nera di “persone non gradite”, inclusiva di funzionari, giudici, poliziotti e ispettori del fisco russi, sarebbe stata inviata dal ministro dell’Interno Theresa May all’Ambasciata britannica a Mosca: si tratterebbe di soggetti coinvolti, direttamente o indirettamente, nella morte di Magnitskij, ai quali i diplomatici di Sua Maestà in Russia saranno tenuti a non concedere alcun visto d’ingresso nel Regno Unito.
Nello scorso mese di marzo, la Camera dei Comuni (il ramo basso del Parlamento britannico) aveva già chiesto l’abolizione dei visti d’ingresso e il congelamento degli asset di coloro che erano implicati nella vicenda Magnitskij, ma la black-list con 60 nomi di cittadini russi circolerebbe già dall’ottobre 2011, sebbene Londra non ne abbia mai confermato (nè però smentito) l’esistenza.
L’Ambasciata russa ha intanto diffuso una nota, secondo la quale il rappresentante diplomatico di Mosca Aleksandr Jakovlenko chiederà spiegazioni al governo di Londra a proposito delle notizie riportate dal Sunday Times. Oggi però Downing Street ha smentito seccamente l’esistenza di liste con nominativi di cittadini russi “indesiderati”.
Nuove nubi dunque si stanno addensando sulle già complicate relazioni anglo-russe: dopo la vicenda di Aleksandr Litvinenko, l’ex agente segreto di Mosca morto per avvelenamento da polonio in Inghilterra nel 2006, la tensione tra Downing Street e il Cremlino rischia nuovamente di risalire alle stelle.
APPROFONDIMENTI
Intrigo presidenziale
(da Il Punto n.27 del 6 luglio 2012)