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Cassazione: accusare di razzismo chi è di estrema destra non è reato

Da Iljester
10 febbraio 2011 | Cultura, Diritto, Giustizia | Permalink

Cassazione: accusare di razzismo chi è di estrema destra non è reatoParto da queste due asserzioni della Corte di Cassazione: una recentissima; l’altra meno recente, ma non così vecchia. La prima afferma: «qualifiche di xenofobia, razzismo, violenza ed antisemitismo attengono a principi o valori intimamente connaturati e strutturalmente coessenziali alla ideologia nazista e fascista». La seconda prosegue: dare del razzista a un fascista rientra nel diritto di «critica storica e politica» dal momento che «alla luce dei dati storici e dell’assetto normativo vigente durante il ventennio fascista, segnatamente delle leggi razziali, la qualità di fascista non può essere depurata dalla qualità di razzista e ritenersi incontaminata dall’accostamento al nazismo».
Qual è l’impressione che ottenete da questi due massime giurisprudenziali? Vorrei che me lo scriveste nei commenti. Intanto vi espongo la mia impressione, e senza troppi giri di parole: le massime di cui sopra ricollegano la qualifica di razzismo, non già all’effettività di un comportamento razziale, bensì all’aderenza dell’interessato a un’ideologia politica ben definita.
Certo, difficilmente si potrebbe dire che un nazista o chi esalta il nazismo non sostenga idee razziali. L’ideologia nazista in fin dei conti basa la propria idea politica sulla superiorità della razza ariana; da qui l’idea (scontata) di una diretta correlazione tra il nazismo e il fenomeno del razzismo. Ben diverso appare però il discorso sul fascismo. Benché sia vero che i fascisti emanarono le leggi razziali, è altrettanto vero che le motivazioni dello scempio avevano una evidente radice politica (compiacere all’alleato tedesco), e non già una motivazione sostanzialmente ideologica. Del resto le leggi razziali arrivarono solo nel 1938, e cioè quasi vent’anni dopo che Mussolini prese il potere. Fino ad allora in Italia le intolleranze razziali erano nella norma del tempo, avendo maggior peso per la dittatura le opposizioni politiche che ne minavano la supremazia.
Ma ammesso pure che il fascismo, al pari del nazismo, esprimesse un concetto razziale dell’umanità, è davvero difficile oggi immaginare, o solo pensare, che il reato di diffamazione per l’accusa di razzismo sia necessariamente e incontrovertibilmente provato (e dunque a esso strettamente correlato) dall’ideale politico del soggetto diffamato. Non mi pare giuridicamente (e socialmente) corretto basare la sussistenza o meno di un reato facendo leva, non già sulla effettività della condotta illecita, bensì sulla verità o veridicità dei fatti razziali storici. In altre parole, mi sembra assurdo che una sentenza escluda l’antigiuridicità della condotta (di diffamazione per l’appellativo di razzista), solo perché colui che è soggetto passivo dell’offesa è idealmente vicino a un’ideologia che predicava in passato la discriminazione razziale. Esempio: Tizio viene assolto dall’ingiuria o dalla diffamazione, perché Caio, al quale aveva dato del razzista, è notoriamente tesserato a Forza Nuova (formazione di estrema destra). E senza magari avere accertato pienamente se Caio, nonostante la sua appartenenza al noto partito di estrema destra, avesse (mai) tenuto effettivamente una condotta razzista.
A me pare che i giudici di legittimità, con queste sentenze, intendano suggerire una nuova esclusione dell’antigiuridicità del fatto di reato di diffamazione o ingiuria, basata esclusivamente sul dato storico; dato di per sé incontrovertibile e non sconfessabile, e dunque impossibile da superare con una normale attività probatoria, pure posto che i reati di opinione fanno leva non già sulla valutazione del fatto ingiurioso o diffamante di per sé, ma sul danno che questi ha causato al decoro dell’ingiuriato o del diffamato; decoro che – ragionando secondo la Corte di Cassazione – nel caso di accusa di razzismo non può essere stato danneggiato, se il soggetto diffamato o ingiuriato è un tesserato a un partito che si rifà o sostiene le idee fasciste o peggio naziste. Il che ci porta a un’assurda conclusione: nel caso dell’ipotesi speculare del reato di discriminazione razziale, colui il quale è tesserato a un partito di estrema destra potrebbe venire condannato per il predetto reato, sol per il fatto di essere riconosciuto come aderente all’ideologia che storicamente ha propugnato le leggi razziali. E solo per questo, essendo a quel punto del tutto inutile provare che egli non aveva alcun atteggiamento discriminatorio. La storia testimonia contro di lui!
Naturalmente, l’ipotesi giuridica sopra prospettata (e sostenuta dalla Corte di Cassazione) è da rigettare nella sua integrale completezza. Il fatto penale – secondo me – deve essere valutato in concreto, basando il giudice la propria convinzione non già su un fumoso elemento storico (che assume pure il forte sapore del pregiudizio ideologico), bensì sugli elementi di fatto che accusa e difesa gli mettono a disposizione durante l’attività processuale. È sicuramente difficile questa strada, ma non è mai stato detto che il compito del giudice debba essere per forza una passeggiata…

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Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235

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Tags: art. 595 c.p., cassazione, diffamazione di razzismo, Discriminazione Razziale, estrema destra, estremista di destra, fascismo, forza nuova, ingiuria di razzismo, nazismo, razzismo
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    Io penso che praticamente siamo al reato d’opinione…


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