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Cassopipa (non è una parolaccia) ovvero la Taieddhra chioggiotta (e questa si che è una parolaccia)

Da Lacucinadiqb
Cassopipa (non è una parolaccia) ovvero la Taieddhra chioggiotta (e questa si che è una parolaccia)

Galeotto fu l'Mtchallenge e chi decise (Cristian) che la sfida di maggio avrebbe avuto come tema la Taieddhra! La prima volta che incontrai la Puglia fu nel 1991: affrontammo il viaggio di notte, con un'auto senza aria condizionata ed una bimba di un anno e e mezzo che fu stoica nel suo rimanere tranquillamente legata al seggiolino dell'auto. La destinazione si chiamava Victor Village, a Marina di Ugento, punta estrema della nostra penisola. Mentre attendavamo il trenino, che avrebbe caricato i bagagli per portarci all'appartamento, Enrica si sciolse dalla cintura, scese dall'auto e corse a perdifiato verso la piscina. Cominciammo a rincorrerla, con il cuore in gola, senza raggiungerla. Si fermò sul bordo della stessa, d'improvviso, si girò per vedere se qualcuno della famiglia stesse arrivando, si tolse il succhiotto e sorrise. Nel frattempo avevo perso 10 anni di vita ma fortunatamente il pericolo era stato scampato! Cassopipa (non è una parolaccia) ovvero la Taieddhra chioggiotta (e questa si che è una parolaccia) Posto bellissimo, mare stupendo, clima fantastico....peccato per due cose: un'animazione un po' troppo vivace (sono le 9!! Sono le 10!! Ginnastica!!!Gioco in spiaggia!! Tempo di aperitivo!!...e non erano ancora le 12...) e il fatto che c'era la sabbia. Si, quella polvere più o meno impalpabile che si infilava tra i ditini dei piedini di Enrica che ad ogni passo te li porgeva perché venissero puliti. Addio spiaggia...e quindi non rimaneva che dedicarsi ad altro. Nello specifico decisi di prendere il brevetto da sub: in due settimane c'era tutto il tempo per affrontare teoria quotidiana, al mattino, ed immersioni pomeridiane. Prima a 8 metri, poi a 15, poi a 22, poi notturne e senza bussola, poi profonde a 40 metri.  Cassopipa (non è una parolaccia) ovvero la Taieddhra chioggiotta (e questa si che è una parolaccia) Il mare di notte, senza luna, è quanto di più bello possa esistere: gli abissi illuminati dalle torce assumono incredibili tonalità azzurre, rosa, viola, smeraldo. Il silenzio è rotto solo dal battito del cuore e dal rumore dell'erogatore mentre le bollicine che ti avvolgono ad ogni respiro, e che salgono verso l'alto, ti fanno capire qual'è il dritto di questo fantastico mondo. Quando ci si immerge non si può parlare ma esistono tutta una serie di segnali convenzionali che ti permettono di comunicare con il compagno con il quale obbligatoriamente si scende: mai immergersi da soli! Durante un'immersione notturna, passando in mezzo a delle grotte, mi incagliai con la bombola: sfilai il gav (un giubbetto che ti consente di mantenere un assetto stabile) e sganciai l'octopussy incagliato (ovvero le 4 fruste collegate alla bombola, al gav, al manometro e all'erogatore di riserva). Poi rimisi il gav ma durante tutto questo cava-e-metti un po' di acqua mi entrò nella maschera. Ovviamente c'è un trucchetto per svuotarla ma evidentemente non fui così brava perché prima di riuscirci la maschera si allagò completamente. Normalmente non è una cosa così grave, se non fosse per il fatto che mi mancano 10 diottrie per occhio e che l'acqua, uscendo dalla maschera, si era portata via le lenti a contatto.  Cassopipa (non è una parolaccia) ovvero la Taieddhra chioggiotta (e questa si che è una parolaccia) Realizzai due cose in pochi secondi: che stavo finendo l'ossigeno e che non sapevo dov'ero. Cioè, lo sapevo: ero in mezzo ad un buio profondo 32 metri.  Cercai di darmi un contegno e di respirare meno velocemente possibile e cercando di seguire l'andamento delle bollicine: non mi accorsi che stavo salendo troppo velocemente. Mi sentii tirar giù con veemenza per una pinna, afferrare prima per i pesi e poi alle spalle mentre gli occhi inferociti dell'istruttore chiedevano spiegazioni; cercai di fargli capire che non ci vedevo nulla e gli mostrai il manometro: segnava che avevo praticamente finito la bombola. Mi diede il suo erogatore di riserva e mi portò nuovamente giù e da lì iniziammo a risalire fermandoci qualche minuto a profondità ber definite: 28, 20, 12, 8 e poi la superficie, per evitare la formazione di emboli che una risalita troppo veloce avrebbe sicuramente comportato. Mi beccai una bella ramanzina ma si complimentò per il sangue freddo; convenne comunque anche lui che tra i segnali convenzionali sarebbe stato utile inserire: "ho perso le lenti, non ci vedo, scusi dov'è l'uscita". Ma per fortuna il secondo pericolo era stato scampato. Cassopipa (non è una parolaccia) ovvero la Taieddhra chioggiotta (e questa si che è una parolaccia)
Tornammo in Puglia anni dopo, sempre a Marina di Ugento ma in camper, nel campeggio adiacente al Victor Villagge: Enrica aveva imparato a sopportare la sabbia sui piedi, l'animazione era un ricordo lontano e le immersioni erano più tranquille.  In quegli anni nel Salento vide la luce un evento nuovissimo "La Notte della Taranta": si svolgeva adiacente all'ex convento barocco degli agostiniani che fungeva da sfondo per il palco, si arrivava a piedi lasciando il camper vicino alla piazza ed i visitatori si contavano in poche migliaia. Come tutte le feste folcloristiche che si rispettino c'erano stand e banchetti che offrivano di tutto fra i quali uno, ricco di dolcetti, crackers e lecca-lecca che avevano in comune un unico ingrediente: la mariuana. Potere capire come mi sono sentita mentre Edoardo iniziò uno dei suoi rari, ma rumorosi, capricci - perché voleva il lecca-lecca - mentre si stava avvicinando una coppia di Carabinieri in uniforme? Fortunatamente anche quel pericolo fu scampato :)
Cassopipa (non è una parolaccia) ovvero la Taieddhra chioggiotta (e questa si che è una parolaccia) Vi lascio con la mia interpretazione della Taieddhra, influenzata dalla vicina Chioggia e da una ricetta che preparavano i pescatori chioggiotti dentro ai "bragossi", le barche tipiche, al rientro della nottata lavorativa: il Cassopipa. La tradizione vuole si aggiungano i bigoli, grossi spaghetti prodotti con un torchio in rame detto appunto bigolaro; il Cassopipa è così chiamato perché tutti gli ingredienti devono “pipare” - ovvero cuocere a fuoco lento - in un tegame di coccio anche detto, in dialetto, “casso”. E' anche vero che il riso è stato un ingrediente fondamentale per la cucina e l'economia veneziana: nella ricetta di "Risi e bisi" infatti si usa dire che "per ogni biso ghe voe un riso". Ho utilizzato quindi un mix di molluschi, le patate vitelotte perché hanno un colore che mi ricorda quello dei fondali marini e un po' di cumino e coriandolo pestati al mortaio, in onore ai traffici della Serenissima.  Cassopipa (non è una parolaccia) ovvero la Taieddhra chioggiotta (e questa si che è una parolaccia) Questo è il mix e la relativa traduzione: Cozze alias Peoci, Vongole Veraci alias Caparosoi, Cannolicchi alias Cape Longhe, Fasolari alias Issoloni, Cuore alias Cape Tonde. “Xe pronto! Tuti in toea!"  (E’ pronto! Tutti a tavola!)  Cassopipa (non è una parolaccia) ovvero la Taieddhra chioggiotta (e questa si che è una parolaccia) Cassopipa (non è una parolaccia) ovvero la Taiddhra Chioggiota (e questa si che è una parolaccia ;)

Ingredienti (per 10 persone perchè la pentola di coccio che ho presto a Lecce è grandissima!) 2,5 kg tra cozze, fasolari, cannolicchi, cuori, vongole veraci, 500 gr di Vialone Nano, 600 gr di patate novelle, 500 gr di patate Vitelote, 170 gr cipolla di Tropea, 8 datterini di media dimensione, 100 gr di pecorino sardo di media stagionatura, olio evo, pepe nero del Madagascar macinato al momento, qualche spicchio d'aglio in camicia, 1 cucchiaino di cumino ed 1 di coriandolo in polvere, olio evo. Procedimento  Mettete i molluschi a spurgare in acqua salata (1 cucchiaio per ogni litro d'acqua) per almeno due ore, lasciandoli per divisi. Nella pentola di coccio unire un filo di olio evo, uno spicchio d'aglio e far aprire separatamente i singoli mitili avendo cura di recuperare l'acqua di cottura, filtrandola attraverso un colino a maglia sottile, e facendoli aprire. Mettere da parte i molluschi cotti. Sciacquare il riso, lavare le patate, sbucciare quelle novelle e tagliarle a fettine sottili. Pestare le spezie e tagliare in quarti i datterini. Tagliare sottilmente la cipolla. Riprendere la pentola di coccio, disporre uno strato di patate (miste novelle e vitelotte), distribuire i molluschi mescolati fra loro, coprire con il riso, disporre il resto delle verdure, i pomodorini e spolverare con le spezie. Versare tutta l'acqua di cottura dei molluschi e coprire con il pecorino grattugiato e cucinare coperto nel forno statico già caldo a 160° per circa 1 ora e mezza. Accendere il grill e terminare la gratinatura (circa 15'). Far riposare dentro il forno e servire.

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