Castaneda – istruzioni per l’uso

Creato il 23 giugno 2012 da Mente Libera

fonte:  http://magiaonline.forumattivo.com/t65-castaneda-istruzioni-per-l-uso

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Temo che questo mio post susciterà un po’ di antipatia e un po’ di sconcerto, non solo nei potenziali lettori di Magiaonline, ma anche, suppongo, in persone che frequento personalmente ed a cui voglio bene. Del resto, un famoso filosofo disse, argomentando contro il tuo maestro: “Mi è amico Platone, ma mi è più amica la verità”. Non è mia intenzione parlare di verità assolute, ammesso che esistano, ma di una mia verità che ritengo, sia sostenuta da sobrie ragioni.
Carlos Castaneda è un pozzo di ispirazione e, per quanto mi riguarda, gli devo gran parte del mio cuore e delle mie scelte di vita. Non rimpiangerà mai di aver letto, dal primo all’ultimo, tutti i suoi libri, perfino quelli più aberranti. Eppure, non credo di essere il solo ad aver provato questa sensazione, c’è qualcosa che non quadra in tutta la faccenda degli sciamani. Non parlo di questioni intellettuali, ma di un brusio di sottofondo che accompagna il lettore, una sensazione “muta” che ci ricorda di non prendere per oro colato tutto quello che scrive. Ho sempre letto Castaneda assorbendo le sue verità come una spugna, rinunciando, spesso, al mio abituale senso critico. Per esser chiari: per senso critico non intendo quello del vecchio brontolone che non si fida di nessuno e gode nel fare tabula rasa di tutto quello che gli capita tra le mani; ma il prendere le distanze da qualcosa per poterlo giudicare, per quanto umanamente possibile, obiettivamente. Quando si è troppo assorbiti da qualcosa, si finisce sempre per perdere il senso della misura e non si può fare a meno di cadere nella credulità.
Comincerò con lo smontare quell’impalcatura posticcia chiamata “Tensegrity”, per poi rivelare quello che secondo me è il giusto modo per approcciare l’opera di Carlitos, così come quella di qualsiasi altro scrittore. Ci tengo a sottolineare un punto, che voglio sia molto chiaro: non è mia intenzione rinnegare, né criticare partigianamente il suo lavoro, ma ridimensionarlo alla luce di quella che lui stesso chiama “la sobrietà del guerriero”. Parto da “Tensegrity” poiché ho notato una certa acquiescenza verso questa serie di pratiche, quasi come se l’intero pensiero di Castaneda si riducesse a fare qualche piroretta. Sono più che convinto che il lato “magico” e fondamentale dei suoi insegnamenti sia altrove, e che questa ultima parte sia veramente la pattumiera del suo edificio intellettuale.
Partiamo da un’ovvietà. Castaneda afferma che il suo apprendistato è iniziato nel 1960 ed ha avuto termine nel 1973. Dal 1968 al 1993 scrive dieci libri, vi risparmio l’elenco. Ora, non sembra un po’ strano che a vent’anni dal termine del suo apprendistato, dopo aver scritto dieci libri e centinaia di pagine sull’argomento, se ne venga fuori con i passi magici, affermando che sono una parte fondamentale dell’insegnamento di Don Juan? Se era così importante, perché non vi è alcuna menzione nelle opere precedenti?
Questo ragionamento è lecito, ma opinabile. Si può sempre dire che se li sia tenuti per sé, in attesa di un momento propizio etc.. Eppure, se si fa un po’ di attenzione, si scopre che il buon vecchio Carlos si smentisce da solo. Riporto la dedica che Castaneda fa ad Howard Lee, un guaritore che guarda caso insegna una sorta di passi magici, nel “Fuoco dal Profondo” (1984):


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