Nel volume scritto e disegnato da Reinhard Kleist è un giovane giornalista tedesco, Karl Mertens, giunto a Cuba nel 1960 attratto dal fascino dell’allora futuro Líder máximo, a raccontarne una sorta di biografia non autorizzata. L’uso di un personaggio esterno permette all’autore di evitare toni eccessivamente didascalici, rendendo tutto in una forma più narrativa che espositiva e riuscendo a coinvolgere il lettore senza annoiarlo.
La sua è una ricostruzione attenta e sentita, che segue emotivamente la scoperta da parte di Mertens del sogno della Rivoluzione; attirato a Cuba dalle notizie che arrivavano di seconda mano in Europa, dopo aver incontrato Castro per una intervista e aver conosciuto la sua storia per bocca dei più stretti collaboratori, decide di rimanervi per abbracciare gli stessi ideali (nonché per amore).
L’ascesa al potere di Fidel Castro è costellata di storie quasi surreali, attentati studiati e falliti, di coraggio e indipendenza, di grandi speranze e di grandi scontri. Mertens vive in prima persona, da giornalista d’assalto, i grandi snodi della storia: la baia dei porci, le elezioni, le rivolte dei contadini, le gesta di Castro e di Che Guevara, il rischio di un incidente nucleare tra USA e URSS.
Poi qualcosa si rompe, la distanza tra il narratore, e con lui il lettore, e il leader cubano diventa progressivamente maggiore; la narrazione accelera, sposando questo movimento di prospettiva che mostra sempre più gli accadimenti quando sono già successi piuttosto che dall’interno, non più partecipati ma subiti. Questa scelta coincide con i primi scricchiolii del sogno: il razionamento, gli accordi con l’URSS, le strette sulla libertà di parola e di stampa, il controllo sempre più stretto sulle persone.
Una disgregazione che colpisce tutti i personaggi secondari intorno a Mertens, mentre quest’ultimo decide di restare aggrappato alla speranza di un domani migliore, guardando i suoi amici, una volta ribelli al fianco di Castro, abbandonare Cuba dopo essersi sentiti traditi. Così è lui, lo straniero, arrivato dopo di loro, a rivoluzione iniziata, a restare e a crederci fino all’ultimo: fino alla malattia di Castro, al passaggio di consegne al fratello, al momento in cui è costretto a fare i conti con quanto promesso e quanto ottenuto, scoprendo anche dentro di sé un senso di delusione.
Eppure, nella prima parte, emerge chiaramente il motivo del fascino che può aver esercitato la rivoluzione castrista, soprattutto tra noi occidentali: la possibilità, per una volta concreta e reale, diuna alternativa a un modello occidentale che, in tempi di guerra fredda come oggi, rivela sempre dei lati disumani, palesemente ingiusti.
Kleist si è documentato approfonditamente per questo fumetto, rendendolo fruibile e chiaro anche a chi non conosce perfettamente la storia moderna; prima di questo lavoro ha vissuto per un mese all’Avana, raccontando la sua esperienza in un altro volume,Habana, uscito sempre per Black Velvet quasi in contemporanea a questo; una sorta di prova generale per Castro.
I suoi disegni sono personali, maturi e controllati; lo stile è realistico, ma gioca con sapienza su espressività e movimenti accentuando l’una o gli altri alla bisogna, con un tratto spesso e fluente che riempie le vignette rendendo le tavole piene, dense, affascinanti, che richiedono al lettore di calarsi nella loro esplorazione nel timore di perdere un dettaglio, una sfumatura, un segno.
Un libro importante, opera di un autore nel pieno della sua maturità, che si pone con rispetto riuscendo a bilanciare sentimento e obiettività, di fronte a un pezzo di Storia che, volenti o nolenti, ha caratterizzato il secolo passato e continua a esercitare fascino e passione in tante persone.