Saranno Mimmo Mignemi e Angelo Tosto ad interpretare, rispettivamente, il portiere Antonio Bonocore e il tipografo Giuseppe Lo Turco: la collaudata coppia, carissima anche al pubblico oltre lo Stretto, darà vita ad una serie di trovate esilaranti che, nel ricordare i sommi napoletani, farà rivivere qualità e goffaggini degli italiani in un’atmosfera di altri tempi.
Ad affiancarli ci sono Fulvio D’Angelo (virtuosisticamente impegnato in diversi ruoli: il ragioniere Casoria, il maresciallo Denti, ma anche postino, tabaccaio, guardia notturna), Nellina Laganà (Maria Bonocore, moglie di Antonio), Giampaolo Romania (nelle doppie vesti dell’incisore “cavaliere” Andrea e del pittore Tommaso Cardoni). E ancora Giada Colonna (la signorina Willoughby) e Alessandro Idonea (Michele Bonocore, figlio di Antonio). Le scene sono di Angela Gallaro, i costumi di Giovanna Giorgianni.
Spigliata, briosa, dotata di un dialogo vivace, la storia corre diritta all’onesto scopo di suscitare risate. Tutto ha inizio quando un anziano in punto di morte, assistito dal suo portiere Antonio Bonocore, gli rivela di possedere alcuni cliché originali e la carta filigranata della Zecca dello Stato, di cui era stato a lungo dipendente. Il portiere chiede ad un tipografo e ad un pittore, indebitati come lui, di dar vita a una banda di falsari. Ma il progetto naufraga quando Bonocore scopre che il figlio finanziere è sulla pista di una partita di banconote false…
L’allestimento di Magnano San Lio propone una versione teatrale della “Banda degli onesti” arricchita da invenzioni nuove, sviluppate sulla linea dei personaggi originali. Nonostante si mantenga, dunque, la sceneggiatura di Age & Scarpelli, maestri di satira e umorismo popolaresco, si cercherà di mantenere un’autonomia espressiva, che consenta l’uso di forme e immagini più dinamiche e moderne.
Nelle inesauribili gag tipiche del repertorio italiano, c’è tutta l’umanità “minore” che si coalizza in una velleitaria rivincita verso i ricchi e potenti, adottando i metodi scorretti dei suoi persecutori. Ma la commedia è molto più che la simpatica storia di tre improbabili falsari.
«In realtà il tema affrontato risulta tremendamente attuale- puntualizza il regista- È la povera e faticosa onestà contrapposta al comodo benessere generato da un illecito. E colpisce il pudore che i tre personaggi mostrano quando confessano di non avere spacciato i soldi falsi e di aver, invece, fatto credere il contrario agli altri, per paura di essere giudicati fessi».
Al divertimento s’intreccia, dunque, una garbata polemica sociale, l’ansia di un nuovo benessere negli anni che precedono il boom. A prevalere è comunque una sorta di «pudore dell’onestà- sottolinea ancora il regista- che può essere percepita come difetto e che in una parte dell’immaginario collettivo è, evidentemente, indizio di incapacità. A noi, però, interessa ritrarre l’amabile leggerezza di quei personaggi alle prese con cose più grandi di loro e per questo molto simpatici. Simpatia probabilmente generata dai modi e i tempi di quella felicissima tradizione comica che affonda le radici nei personaggi improvvisati della commedia dell’arte, per giungere fino a noi nelle gag da avanspettacolo».
Un esempio di comicità che ritrae un universo umano colto nei momenti di incertezza e confusione. Una lente che permetta di vedere i nostri pregi e difetti e che provi a raccontare, con molte risate, la lotta quotidiana per la sopravvivenza.