Probabilmente non vi ho mai parlato molto di me, delle mie origini e di quei sapori che mi ricordano gli anni della mia adolescenza e le persone care che poi ho perso troppo presto.
Sono quello che potrebbe definirsi una commistione di tradizioni ed usi tra Toscana, Sicilia e Lazio.
Mio padre, anzi il mi' babbo, era di Prato nato a Piazza Mercatale, mia madre invece era di Palermo, trasferiti a Roma uno all'età di 24 anni (da solo) e l'altra a 4 anni con tutta la famiglia, e qui a Roma sono nata io.
Da loro ho ereditato l'amore per le loro terre con cui hanno sempre avuto un legame fortissimo, pur amando la città che poi è diventata la "loro città" e di cui hanno assorbito le tradizioni, gli usi e chiaramente anche la cucina. I racconti di mio padre sugli angoli "nascosti" di Roma che lui amava tanto, resteranno sempre tra i ricordi più belli della mia fanciullezza.
E da loro ho ereditato anche la curiosità, la voglia di scoprire nuovi luoghi e nuovi piatti, scoprire quanto di diverso ma anche di uguale accomuni gli uomini.
Fino a 9 anni ho avuto la fortuna di avere in casa anche l'unico nonno che fosse ancora in vita, il nonno palermitano e con lui ho scoperto i piatti semplici e profumatissimi della Sicilia che spesso si cucinava da solo quando quello che aveva preparato mamma non era di suo gradimento. Mitica la sua "pasta ca' nciova e ca' muddica" che ci mangiavamo insieme, lui direttamente nell' insalatiera perchè nonostante fosse magrissimo mangiava pasta in quantità industriale.
I dolci natalizi che rendevano speciali le mie feste erano il panforte, i bruttiboni di Prato insieme ai biscotti ( più conosciuti come cantucci) e ai cavallucci di Siena, ma anche cassate e cannoli siciliani, pangiallo romano e panpepato ed inoltre il mitico apfelstrudel di zia Lina, la zia viennese.
Ognuno di questi sapori per me rappresenta un ricordo, non riesco ad amarne uno più degli altri, sono tutti i sapori della memoria.
Da un pò di tempo la ricetta numero 474 di quel libricino che zia Lina (la zia viennese) regalò a mia madre quando ero una bimbetta di pochi anni, mi strizzava l'occhio come per dirmi:
- Suvvia, provami!!!!!-
Sarà che da quando ho scoperto che quel libricino, a cui manca la copertina, è quel capolavoro intitolato "la scienza in cucina e l'arte di mangiar bene" dell'Artusi, guardo quelle ricette che prima seguivo con tranquillità con un certo timore reverenziale.
Ma mi son detta, se quando ero una ragazzetta non mi imbarazzavo davanti a ricette anche complicate, dovrei farlo ora? E poi avevo degli ottimi canditi d'arancio che avevo fatto con arance non trattate che aspettavano solo di essere utilizzati in qualche prelibatezza.
Vi riporto quindi le dosi dell'Artusi e tra parentesi le modifiche che in modo irriverente ho apportato.
Ingredienti:
300 gr di farina 00 ( 350 gr )
300 gr di zucchero biondo ( 250 gr di quello semolato)
100 gr di noci sgusciate
50 gr di arancio candito
15 gr di anaci ( 4 gr )
5 gr di spezie e cannella in polvere ( 2 gr di coriandolo - 4 gr di cannella - una
grattugiata di noce moscata)
( la buccia grattugiata di mezzo arancio non
trattato)
( 5 gr di ammoniaca per dolci)
In una grande ciotola ho mischiato la farina, l'ammoniaca, i canditi e le noci sminuzzati e tutte le spezie macinate.
In un pentolino ho fatto sciogliere a fiamma bassissima lo zucchero con un terzo del suo peso d'acqua fino a quando prendendone una goccia tra pollice ed indice fa il filo ( io di fatto agli 80 ml d'acqua con cui ho fatto sciogliere lo zucchero ho poi dovuto aggiungerne altri 100 ml, evidentemente la farina presa al mulino ne assorbiva molta e l'impasto non riusciva ad amalgamarsi).
Ho quindi versato il composto di acqua e zucchero sugli altri ingredienti amalgamando il tutto, ho quindi versato l'impasto ottenuto sulla tavola infarinata ed ho formato delle palline che ho cosparso di farina e poste su una teglia coperta con carta da forno.
Ho quindi cotto i cavallucci in forno già caldo a 200° per 15 minuti. Regolatevi per la cottura secondo il vostro forno, i cavallucci comunque debbono restare bianchi senza colorirsi.
Io avevo ricavato delle palline leggermente più grandi degli ovali indicati dall'Artusi e con l'ammoniaca in cottura sono ingrossate ancora un pò, la prossima volta proverò a farle più piccole.
Una volta freddi li ho cosparsi di zucchero a velo e vi assicuro che il sapore e la consistenza sono favolosi, nulla da invidiare a quelli che si possono comprare, anzi i sapori degli ingredienti amalgamati tra loro danno un gusto divino.
Sono sicura che il mi' babbo sarebbe stato orgoglioso di me!