S'i fosse fuoco, arderei 'l mondo;s'i fosse vento, lo tempestarei;s'i fosse acqua, i' l'annegherei;s'i fosse Dio, mandereil' en profondo;s'i fosse Papa, allor serei giocondo;chè tutti cristiani imbrigarei;s'i fosse 'mperator, ben lo farei;a tutti tagliarei lo capo a tondo.
S'i fosse morte, andarei a mi' padre;s'i fosse vita, non starei con lui;similemente faria da mi' madre:Si fosse Cecco com'i son e fui,torrei le donne giovani e leggiadre:le zoppo e vecchie lasserei altrui.
Cantata da Fabrizio de André è stupenda
Cecco Angiolieri è un contemporaneo di Dante ed appartiene alla nobile casa degli Angiolieri. Ritenuto un ribelle, partecipò con il padre alla guerra di Arezzo, quindi insieme ai guelfi era presente all'assedio contro i ghibellini asserragliati nel castello di Torri di Maremma. Fu più volte multato perché si allontanava dagli accampamenti senza permesso.
Nella sua vita di scavezzacollo accumulò un buon numero di multe e provvedimenti disciplinari; venne coinvolto nel ferimento di Beranrdo da Monteluco, ma fu accusato solo il compagno, calzolaio di professione, Biccio di Ranuccio.
Diventato più grande esce dalla scena politica, fu anche mandato in esilio, affermando di essere persona libera e indipendente.
A differenza dei coetanei Cecco usa molto la parodia per andare contro al modo poetico del tempo, il Dolce stil novo. La donna angelo, nei suoi sonetti manda all'aria tutto e diventa terrena, scivolando anche nel volgare: frequenta i bordelli e i locali notturni. Angiolieri è un anticlericale che narra d'amore ma con una vena di sensualità e sessualità, proprio all'opposto dei contemporanei; egli ama gozzovigliare, trastullarsi con le belle donne, scialacquare il patrimonio.
E' una poesia giocosa, non pedante, rivolta al popolo e con il popolo ed eredita la tradizione popolare e comica, ad esempio, in un sonetto egli afferma:
tre cose solamente mi so' n grado;le quali posso non ben fornire:cio è la donna, la taverna e' l dado;queste mi fanno 'l cuor lieto sentire