Voi potete venire quando lo vorrete", proseguì rivolgendosi a Tourangeau, "vi mostrerò le particelle d'oro rimaste nel fondo del crogiolo di Nicolas Flamel, e voi le confronterete con l'oro di Guglielmo di Parigi. Vi insegnerò le virtù segrete della parola greca peristera. Ma prima di tutto, vi farò leggere una dopo l'altra le lettere di marmo dell'alfabeto, le pagine di granito del libro. Andremo dal portale del vescovo Guglielmo e di San Giovanni Rotondo alla Sainte-Chapelle, poi alla casa di Nicolas Flamel, in rue Marivaulx, alla sua tomba, che si trova ai Saints-Innocents, ai suoi due ospedali in rue Montmorency. Vi farò leggere i geroglifici di cui sono coperti i quattro grandi alari in ferro del portale dell'ospedale Saint-Gervais e di rue de la Ferronerie. Compiteremo ancora insieme la facciata di Saint-Côme, di Sainte-Geneviève-des-Ardents, di Saint-Martin, di Saint-Jacques-de-la-Boucherie...". Era già da un pezzo che Tourangeau, per quanto intelligente fosse il suo sguardo, sembrava non comprendere più don Claude. Lo interruppe."Per la Pasqua di Dio! Ma che cosa sono dunque i vostri libri?". "Eccone uno", disse l'arcidiacono. Aprendo la finestra della cella, indicò col dito l'immensa chiesa di Notre-Dame che, stagliando contro il cielo stellato la sagoma nera delle sue due torri, dei suoi fianchi di pietra e della sua groppa mostruosa, sembrava un'enorme sfinge a due teste seduta al centro della città. L'arcidiacono contemplò per qualche istante in silenzio il gigantesco edificio, poi, stendendo con un sospiro la mano destra verso il libro stampato che era aperto sul suo tavolo, e la mano sinistra verso Notre-Dame, e volgendo uno sguardo triste dal libro alla chiesa, disse: "Ahimè! Questo ucciderà quello". Coictier, che si era avvicinato al libro con sollecitudine, non poté trattenersi dall'esclamare: "Mah! che c'è dunque di così temibile in questo: GLOSSA IN EPISTOLAS D. PAULI. Norimbergae, Antonius Koburger, 1474? Non è nuovo. È un libro di Pietro Lombardo, il Maestro delle sentenze. Forse perché è stampato?". "L'avete detto", rispose Claude, che sembrava assorto in una meditazione profonda e stava in piedi, appoggiando l'indice ripiegato sull'in-folio uscito dai famosi torchi di Norimberga. Poi aggiunse queste parole misteriose: "Ahimè! ahimè! le piccole cose trionfano sulle grandi; un dente ha la meglio su una massa. Il topo del Nilo uccide il coccodrillo, il pesce spada uccide la balena, il libro ucciderà l'edificio!". Il coprifuoco del chiostro suonò nel momento in cui il dottor Jacques ripeteva pianissimo al compagno il suo eterno ritornello: "È pazzo". Al che il compagno rispose questa volta: "Credo proprio di sì". Era l'ora in cui nessun estraneo poteva rimanere nel chiostro. I due visitatori si ritirarono.
Il secondo capitolo, intitolato appunto Questo uccide quello (Ceci tuera cela), è un capitolo digressivo in cui Hugo riprende ed analizza la frase apparentemente oscura dell'arcidiacono Frollo
. A nostro avviso, quel pensiero aveva due facce. Era innanzitutto un pensiero da prete. Era il terrore del sacerdozio di fronte a un elemento nuovo, la
L'architettura, da sempre rappresentazione fisica del dogma religioso e del potere di Dio e -dunque- dei suoi rappresentanti, si rivela colosso dai piedi di creta: il suo potere simbolico e tirannico sta per essere minato alla base dal dibattito delle idee che viene favorito ed è in un certo senso consustanziale alla parola stampata- e Hugo riconnette proprio all'invenzione di Gutemberg la diffusione immensa delle tesi di Lutero, e la sua portata rivoluzionaria, quando senza di essa sarebbe stata ridotta ad un'eterodossia tra le tante. Grazie alla stampa il sapere, da eterno e granitico, scolpito nella pietra come le Tavole della Legge, diviene invece fluido, portatile, riproducibile all'infinito; il pensiero umano, da solido diviene sostanza vitale, lettera e non più simbolo indecifrabile dai non iniziati:
I caratteri generali di qualsiasi architettura teocratica sono l'immutabilità, l'orrore del progresso, la conservazione delle linee tradizionali, la consacrazione delle primitive tipologie, il costante assoggettamento di tutte le forme dell'uomo e della natura agli incomprensibili capricci del simbolo. Si tratta di libri tenebrosi che solo gli iniziati sanno decifrare. Del resto, qualsiasi forma, persino qualsiasi deformità vi trova un significato che la rende inviolabile.La pietra e la carta stampata rappresentano per Hugo i due fondamentali Testamenti dell'umanità, che si confrontano e
E' noto che Zola non amasse troppo Victor Hugo, per il suo sostegno distaccato nei confronti dei comunardi e forse anche per inconfessabile gelosia professionale.
Agli Champs-Elysées, il pittore, che si era svegliato, vedendo soltanto, ai due lati del carro, le chiome degli alberi, e, in fondo, la grande massa verde del giardino delle Tuileries, cominciò a parlare da solo. Passando davanti a rue du Roule, aveva guardato il portale laterale di Saint-Eustache, che si vede da lontano, al di sotto del gigantesco hangar di una delle strade coperte delle Halles. Ne parlò a lungo, perché intendeva trovarci un simbolo. "È uno strano accostamento", disse, "quello scorcio di chiesa inquadrato dalla struttura di ghisa... Un materiale ucciderà l'altro, il ferro avrà la meglio sulla pietra, e vi assicuro che i tempi sono ormai maturi... Credete al caso, voi, Florent? Io sono
Il brano de Il ventre di Parigi acquista spessore e dimensione se viene messo in rapporto al precedente. Nella struttura metallica dei padiglioni del mercato de altro simbolo architettonico della Parigi del Secondo Impero, la città d'acciaio e ferro, Zola vede il trionfo della modernità, ma intende anche denunciare il sazio e appagato egoismo della borghesia parigina, dei Grassi che vedono eppure non credono all'insaziabile, torturante fame dei Magri, dei poveri per sorte o per colpa, che faticano a mettere insieme un pranzo da due soldi. A differenza di Hugo, dunque, Zola non crede che il valore simbolico dell'architettura muoia, ma che semplicemente si rinnovi, celebrando i nuovi valori, i nuovi idoli della modernità, simbolo delle future città terribili. Qui Dio è morto, ucciso non dalla potenza della Parola stampata, come in Hugo, o da un dilemma etico, come in Dostoevskij, quanto piuttosto di indigestione e asfissia, sepolto sotto una valanga di cibarie d'ogni genere, divorato, digerito e infine espulso dal bulimico e insaziabile ventre di Parigi.
RISORSE E NOTE A MARGINE
La pagina di Wikipedia dedicata a ondamentale per comprendere il Zola e al ciclo dei Rougon.Maquart, f prima e dopo de Il venre di Parigi e la sua esatta posizione nell'economia del ciclo dei romanzi
- A Notre-Dame de Paris è ispirata l'omonima di Riccardo Cocciante su libretto di Luc Plassons , versione italiana di Pasquale Panella; la canzone Parlé-moi de Florence (Parlami di Firenze) è centrata appunto sul concetto analizzato nelle pagine, anche se qui, per esigene di sintesi scenica, il dialogo si svolge tra Frollo (Fabrizio Voghera) e il poeta Gringoire (Matteo Setti). Propongo qui la versione italiana, consigliando però assolutamente l'ascolto della versione francese, per la quale la musica è stata scritta originariamente:
-Il mercato de Les Halles non esistepiù,abbattuto negli anni Sessanta e sostituito da una struttura più moderna e adeguata alle nuove esigenze della metropoli- e della metropolitana, visto che Les Halles costituisce oggi uno degli snodi più importanti della rete sotterranea di Parigi. Per saperne di più sulla vita vissuta de Les Halles negli anni Cinquanta e Sessanta, tutto ciò che volete sapere è in questo filmato, segnalatomi da Gabrilu, Èôô che qui ringrazio: