— Cecilia Ahern - Il libro del domani

Da Silvy56

“Ieri stavo osservando un moscone. Nel tentativo di fuggire dal salotto, continuava a sbattere contro la finestra, picchiando ripetutamente la testa sul vetro. Poi ha smesso di lanciarsi come un missile e si è attaccato a un piccolo pannello di vetro, ronzando come in preda a un attacco di panico. Era frustrante guardarlo, soprattutto perché, se fosse volato poco più su, verso la parte alta della finestra, sarebbe stato libero. E invece continuava a ripetere la stessa cosa. Immaginavo la sua frustrazione nel vedere gli alberi, i fiori, il cielo, senza essere in grado di raggiungerli. Ho provato ad aiutarlo un po’ di volte, a guidarlo verso la finestra aperta, ma lui scappava mettendosi a volare per la stanza. Poi tornava sullo stesso pannello e a me sembrava di sentirlo: . Mi domando se osservare il moscone dalla poltrona come ho fatto io sia come come essere Dio, ammesso che Dio esista. Lì seduto, conosce la visione d’insieme, così come io sapevo che il moscone sarebbe stato libero se si fosse spostato verso la parte della finestra. Non era affatto in trappola, stava semplicemente guardando nella direzione sbagliata. Mi chiedo se Dio sia in grado di scorgere una via d’uscita per me e per la mamma. Se io posso vedere la finestra aperta per il moscone, Dio può vedere il futuro per me e la mamma. Quest’idea mi consola. O almeno mi consolava, finché non sono uscita e, rientrando qualche ora dopo, ho visto un moscone morto sul davanzale. Può darsi che non fosse lui però… E, tanto per darvi un’idea di come sono ridotta in questo periodo, sono scoppiata a piangere… Poi ho cominciato a inveire contro Dio, perché nella mia testa la morte di quel moscone significava che io e la mamma non avremmo mai trovato una via d’uscita da questo caos. A che serve essere così lontani da poter vedere tutto, se non si fa niente per essere d’aiuto?”