Celebrazione di Napoli, città troppo spesso afflitta dai luoghi comuni

Creato il 03 maggio 2014 da Vesuviolive

"Io una volta ci sono andato a Napoli. Era pulita. Però forse non ho visto bene", così scriveva in un tema uno dei bambini del best-seller Io speriamo che me la cavo e, benché datate, queste parole sembrano essere state scritte ieri. Perché è proprio il "...però forse non ho visto bene" a dar voce, isolato dal testo, a tutti quanti quei luoghi comuni in negativo che da sempre, e ancora oggi, offuscano e macchiano la bellezza di Napoli. Ne esistono talmente tanti che si corre il rischio di non poter parlare più della città partenopea, capace di far sognare di paradisi e armonie perdute, se non in relazione alle problematiche che costantemente la dilaniano. Una stimmate sul volto di Napoli da curare prima che il bello, il poetico e l'inafferrabile di questa città cadano nell'oblio; prima che i sentimenti di vertigine e commozione, che colgono chi arriva a Napoli, cedano sempre più il posto a sterili preconcetti e timori infondati.

Napoli, città alla quale i mass-media hanno, spesso anche con cinismo, accreditato l'immagine di un paese arretrato, ignorante e semi- barbaro, è un posto che, per i suoi tesori artistici, culturali, paesaggistici e antropici, non può non destare fascino. A Napoli il bello è appena dietro l'angolo: ovunque si cammini, in qualsiasi parte della città ci si trovi, è possibile tuffarsi nella storia e nell'arte, restandone attoniti. È un museo a cielo aperto, là dove sono da ammirare perfino quelle aggrovigliate vie del centro storico, così antiche eppure tanto vive, tra presepi, Pulcinella, pizze e sfogliatelle. È qui che, compiendosi lo spettacolo della vita popolare, pulsa l'anima della città ed è da qui, prima ancora che dalle chiese, dai monumenti, dalle piazze e dai vari musei, che bisognerebbe partire per conoscere il vero spirito della vecchia Neapolis.

Nella Napoli di Totò e di Troisi, di Murolo e Angela Luce, della Serao e di Scarfoglio, di Toni Servillo e infiniti altri, c'è stato chi è riuscito a non farsi ingannare dai luoghi comuni e a scoprirne le sue tante insospettate meraviglie. Sul finir del '700 è Goethe ad arrivare a Napoli, tappa del suo Viaggio in Italia, in cui palesa i sentimenti verso il capoluogo campano. Emerge un paese libero, allegro, vivace e soprattutto splendido per le sue bellezze. Durante il suo soggiorno, Goethe ha modo non soltanto di salire due volte sul Vesuvio, visitare Pompei e Ercolano e le chiese di Napoli, ma anche di approfondire la conoscenza degli usi e dei costumi del popolo partenopeo. È così entusiasta da scrivere: " ... e hanno ragione i loro poeti di cantare le bellezze a furia di iperboli [...] Sono preso dalla vertigine dello spazio infinito, e nel dolce incanto la mia mente va sognando cose che soltanto qui si possono sognare". Più tardi, quando ormai il Grand Tour stava per concludersi, Norman Douglas, scrittore inglese famoso per il romanzo Vento del Sud, equipara Napoli a un'anfora antica pescata dagli abissi marini. "È piena d'alghe e di incrostazioni calcaree che la rendono irriconoscibile, ma l'occhio esperto sa vedere subito la bellezza della forma originaria".

Al di là di testimonianze appartenenti al passato, a poter far crollare il castello di pregiudizi sulla città campana vi sono anche dichiarazioni attuali. Prendendo spunto dal recente articolo di Ondine Cohane del quotidiano inglese The Guardian e da una lettera d'elogio alla città, scritta da un turista milanese e inviata alla redazione de Il Mattino, sono stati rinvenuti ulteriori dichiarazioni di giornalisti che celebrano Napoli. Sul New York Times del 13 dicembre 2012 è, infatti, apparso un articolo intitolato Seduced by Naples, che porta la firma di Rachel Donadio. L'inviata della grande testata statunitense, facendosi trascinare dalla passione e dal calore tipicamente napoletano, pone lo sguardo sulla città e sulla sua gente, mettendo da parte ciò che di Napoli solitamente si dice in giro per il mondo. Ella scrive: " ... Non ci vuole molto per abituarsi a poco a poco a questo mondo di clacson strombazzanti, edicole della Madonna illuminate dal neon blu... È un caos magnifico che ti conquista". A distanza nemmeno di un mese dall'articolo della Donadio, è Ingrid Williams, redattrice della sezione viaggi del New York Times, a pubblicarne un altro. Dopo aver trascorso trentasei ore a Napoli, la Williams esprime giudizi positivi sulla città, finalmente ripagata dagli anni in cui era al centro dell'attenzione nazionale e internazionale più per l'immondizia e gli episodi di criminalità che per il Castel dell'Ovo ovvero il Maschio Angioino. Nell'articolo si legge: " La città di Napoli, nel sud Italia, ha una reputazione macchiata da corruzione e criminalità, micro ed organizzata. Ma il cambiamento è in corso. Un nuovo sindaco ha avviato le iniziative necessarie a ripulire la città... Una fiorente scena di arte contemporanea sta spingendo la rinascita culturale della città". Per amare Napoli basta davvero poco; che un pallone da calcio ti passi affianco mentre è inseguito dai bambini. È proprio la vista di una simile scena di vita quotidiana partenopea che induce Seth Kugel, noto giornalista e scrittore di viaggi, a impiegare solamente dieci secondi per innamorarsi del capoluogo campano, " It took about 10 cacophonous seconds for me to fall in love".

Napoli è, dunque, la città delle contraddizioni: c'è chi ci ritrova solo degrado e rovina e chi, nonostante le sue difficoltà, ne coglie le meraviglie e le bellezze. Amica e, allo stesso tempo, nemica di se stessa, orgogliosa e sofferente dei suoi nei quanto delle sue perle, sembra davvero avvalorare l'immagine di La Capria, che la descrive quale una città bifronte, come Giano, il dio dalle due facce. Napoli non ha la capacità di trovare un equilibrio e a noi piace così. Del resto, " Ci sono città in cui vai una volta e basta. E poi c'è... Napoli", (J. Turturro).


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