Con Finanza e Dintorni, non potendo esaminare l’intero mondo finanziario, s’è deciso di analizzare costantemente solo il Ftse Mib (per ovvi motivi) e lo S&P 500 (per motivi di importanza e di incidenza sulle altre borse).
C’è il pericolo, però, di fornire una impressione sbagliata su quel che è la mia filosofia di investimento.
Non vorrei, infatti, trasmettervi un concetto completamente opposto a quello che mi appartiene.
In realtà, ho una visione ben più globale sugli investimenti.
La pianificazione deve rispettare il principio della diversificazione, che consente una riduzione del rischio.
Si devono considerare i vari asset (azionario, obbligazionario, monetario e materie prime) e pesarli in funzione di quel che è la convenienza del momento, oltre che al personale profilo di investitore (grado accettazione rischio ed orizzonte temporale).
Inoltre, nella ripartizione va tenuto conto dell’aspetto della volatilità (indice di rischio) degli asset.
Ha senso detenere asset volatili (in primis azionario e materie prime) solo se effettivamente più performanti, altrimenti si ottiene come unico risultato quello di incamerare volatilità.
Un portafoglio va considerato nel suo complesso e non in funzione dei singoli componenti.
I singoli investimenti rappresentano tasselli di un puzzle che devono incastrarsi tra loro.
In buona sostanza, è indispensabile una logica di portafoglio.
Non è certamente un dramma se una componente perde, specie se il risultato complessivo di questo puzzle è positivo.
Un asset meno performante può aver fornito un apporto ugualmente importante al portafoglio in termini di diversificazione e di contenimento di volatilità.
Infine, un portafoglio non deve essere valutato esclusivamente dal rendimento (solitamente l’unica misura di valutazione degli investitori) ma anche dal fattore rischio.
Tale post è motivato dal timore personale che qualche lettore costruisca portafogli privi di diversificazione e di una logica globale.
Riccardo Fracasso