Non sono un’amante dei film comici all’italiana, ma Fausto Brizzi – regista di pellicole come Notte prima degli esami, Maschi contro femmine ed Ex – potrebbe vivere di rendita anche solo scrivendo libri, perché questo suo Cento giorni di felicità a me è piaciuto davvero tanto. E sì, lo ammetto, ho pianto un po’.
Il regista Fausto Brizzi ha già anticipato che entro la fine dell’anno inizierà a girare le scene del film tratto da questo bellissimo romanzo.
Di cosa parla questo libro? In tre parole: cancro-famiglia-amore. Il protagonista scopre di avere un tumore e gli restano solo pochi mesi di vita. Decide di non sottoporsi a cure troppo invasive e di godersi i giorni a venire, trascorrendoli con la famiglia. Giusto per complicare un po’ le cose, quando scopre di essere malato è in una situazione sentimentale molto delicata: la moglie ha infatti scoperto il suo adulterio e non ne vuole più sapere di lui. Poi, mossa un po’ da pietà e un po’ da quell’amore che in lei non si era mai sopito, lo lascia tornare a casa, senza però concedergli molto.
Questa è la storia di come ho vissuto gli ultimi cento giorni della mia permanenza sul pianeta Terra in compagnia dell’amico Fritz.
E di come, contro ogni previsione e ogni logica, siano stati i giorni più felici della mia vita.
L’amico Fritz è il nomignolo con cui Lucio apostrofa il cancro che l’ha colpito. Un po’ per cambiare quel suono duro che niente ha a che fare con il suo omonimo zodiacale, ma che è un presagio di morte e sofferenza, e un po’ per poterne parlare tranquillamente, senza preoccupare nessuno, anche in presenza dei figli.
Già da qui potete capire il tono della narrazione: ironico, spiritoso, divertente, leggero, scanzonato. Non mancano, però, pagine di dolore e sconforto, dove il protagonista fatica a rendersi conto di essere quasi giunto al capolinea.
Il dialogo con il lettore è continuo e diretto, e ciò aiuta molto ad immedesimarsi nella situazione e a sentirsi un amico di Lucio, un suo confidente. Anche se così le cose si fanno sempre più complicate, mano a mano che le pagine avanzano.
L’unico rimpianto è aver dovuto scoprire di morire per cominciare a vivere.
La prima lacrima è scesa a pagina 208, durante una #colazioneletteraria. E per fortuna non mi ero ancora truccata per andare in ufficio, se no addio mascara! Il brano incriminato è quello dove il protagonista, Lucio, stila la lista dei regali per i compleanni futuri dei suoi due figli: i jolly “niente rimprovero” e “assenza giustificata” per gli anni dell’adolescenza sono in assoluto i miei preferiti e sarà un’idea che sicuramente riutilizzerò, un giorno.
Da lì, poi, più mi avvicinavo alla fine, più diventava difficile leggere le pagine senza smoccolarci su. Ho pianto ancora, prima di chiudere il libro a pagina 385, almeno altre due volte. Libri così vanno oltre la letteratura, oltre le belle costruzioni e le frasi ricercate. Sono libri che raccontano la vita, con le sue gioie e i suoi dolori, nella sua dannata quotidianità. E fanno riflettere sull’importanza di ciò che ci circonda, prima che vada perduto.
Sembrano frasi fatte e scontate, lo so, ma ogni tanto è giusto ripetercele, per non dimenticare il valore di ciò che amiamo e che, troppo spesso, diamo per assodato. E per impegnarci a fare di tutto, ogni giorno, per cercare di essere felici.
Autore: Fausto Brizzi
Titolo: Cento giorni di felicità
Genere: Letteratura italiana
Data prima pubblicazione: 2013
Casa Editrice: Einaudi
Prezzo copertina: 18,50 €
EAN 9788806215361
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Cento giorni di felicità
Sinossi:
Lucio Battistini ha una vita come tante, a parte quel nome insolito, dovuto alla passione della madre per Acqua azzurra, acqua chiara, che ha sancito un’adolescenza da sfigato. Oggi ha un lavoro, una squadra di pallanuoto da allenare due pomeriggi a settimana, seppur con miseri risultati, due figli e una moglie che ama. Peccato che lei lo abbia appena sbattuto fuori di casa perché ha scoperto che l’ha tradita. Lui ripara nel retro-bottega del suocero, pasticciere famoso in tutta Roma per le sue ciambelle, e proprio allora l’amico Fritz viene a fargli visita, senza alcuna intenzione di andarsene. Anzi, a doversene andare sarà proprio Lucio, e per sempre. “Amico Fritz” è il nome con cui Lucio chiama il cancro che lo sta uccidendo: ha solo tre mesi di vita davanti a sé. “Stavo per vincere e invece mi hanno dato un rigore contro al 90º”. Dopo l’iniziale disperazione, Lucio decide di vivere i cento giorni che gli restano fino in fondo. Per riconquistare la moglie, insegnare a nuotare a suo figlio, dimagrire e presentarsi all’appuntamento con la fine in forma smagliante. Soprattutto, vuole fare un viaggio con la sua famiglia, una seconda luna di miele in compagnia dei figli. Per dare un ultimo gustoso morso alla vita. Per lasciare a chi resta una traccia di sé: della felicità che esistere, nonostante tutto, ha saputo regalargli.