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Centrafrica, il regime vacilla sotto l’avanzata dei ribelli

Creato il 28 dicembre 2012 da Afrofocus
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Il presidente della Repubblica Centrafricana François Bozizé

Sale la tensione nella Repubblica Centrafricana, dove una coalizione di gruppi ribelli chiamata Séléka (che nella locale lingua sango significa “alleanza”) sta avanzando verso la capitale Bangui. Da quando, il 10 dicembre, i rivoltosi hanno dato il via alla loro offensiva hanno assunto il controllo di diverse città della parte settentrionale del paese. L’ultima a cadere in ordine di tempo è stata Kaga Bandoro, situata a circa 340 chilometri a nord della capitale.Il deteriorarsi della situazione ha indotto l’ambasciatore degli Stati Uniti Lawrence Wohlers e i suoi addetti diplomatici a lasciare Bangui con altri cittadini americani. La stessa misura cautelativa è stata annunciata dal portavoce delle Nazioni Unite Martin Nesirky, il quale ha reso noto che il Palazzo di Vetro ha disposto il ritiro di tutto il personale giudicato non essenziale.

Parigi ha invece deciso di rinforzare il proprio dispositivo di sicurezza nella capitale, dopo le manifestazioni di protesta organizzate di fronte alla sede diplomatica per il mancato sostegno militare francese al governo centrafricano. Mentre cominciano a circolare alcune voci secondo le quali il presidente avrebbe fatto partire la sua famiglia dalla città con destinazione Kigali, in Rwanda.

Il gruppo di ribelli Séléka, costituito da varie fazioni e gruppi armati che si sono uniti in una coalizione, accusano il presidente François Bozizé di non aver rispettato gli accordi di pace stipulati nel 2007. Secondo questi accordi, di cui anche la Comunità economica degli stati dell’Africa centrale (Ceeac) e l’opposizione centrafricana denunciano il mancato il rispetto, le fazioni armate che avevano deposto le armi avrebbero dovuto essere reintegrate nell’esercito regolare. Adesso i ribelli chiedono al capo di Stato centrafricano di arrendersi e rispettare le condizioni.

Per tentare di far fronte sul campo all’avanzata della coalizione ribelle, Bozizé ha chiesto l’aiuto di Stati Uniti e Francia, ma il presidente francese Hollande si è rifiutato d’intervenire nell’ex colonia. Il numero uno di Bangui ha chiesto anche il sostegno militare dei paesi africani, ricevendo, come parziale risposta, l’annuncio dell’invio di rinforzi della Forza multinazionale dell’Africa Centrale (Fomac) che dovrebbero garantire la sicurezza della capitale.

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha intimato ai ribelli di Séléka di “cessare immediatamente le ostilità”, chiarendo però che “spetta al governo locale mantenere la legge e l’ordine, oltre a garantire la sicurezza della popolazione civile”. Il massimo organismo delle Nazioni Unite ha poi invitato le parti a “cercare una soluzione pacifica” attraverso il dialogo e ha dato il suo sostegno al negoziato di pace avviato a Libreville dalla Ceeac.

Di fronte al mancato intervento di Francia e Stati Uniti in aiuto dell’esecutivo di Bangui, l’esperto di questioni africane Lawrence Freeman ha affermato che “l’Occidente ha abbandonato il continente e ormai è interessato solo alle sue risorse”. C’è comunque da sottolineare che anche se le potenze straniere avessero accolto la richiesta di intervento per fermare l’avanzata dei miliziani di Séléka, rimane il fatto che a quasi 10 anni dal colpo di Stato che il 15 marzo 2003 portò al potere François Bozizé e all’indomani delle celebrazioni dei 50 anni di indipendenza, il regime vacilla di fronte ad una ribellione che covava sotto la cenere.

Non si erano infatti ancora spenti gli echi della sua contestata rielezione del gennaio 2011, che Bozizé pensava già a cambiare la Costituzione per farsi rieleggere per la terza volta consecutiva alla guida di un paese che, dal 1979, anno della destituzione da parte dei francesi dell’ex-tiranno e autoproclamato imperatore Bokassa, è stato dissanguato da colpi di stato, ripetute rivolte e una gestione disastrosa che ha provocato la completa dissoluzione del tessuto industriale.

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