(di Omar Minniti)
Ufficialmente a Saline Ioniche tutto è fermo al 2008. Tramite il proprio sito web, la multinazionale svizzera SEI – impegnata nel tentativo di realizzare una centrale di 1.320 MW sul territorio di Saline Ioniche (Rc) – annunciò di aver “presentato agli organi competenti il Progetto Definitivo, lo Studio di Impatto Ambientale, comprensivo di documentazione per il rilascio dell’Autorizzazione Ambientale Integrata, lo Studio Architettonico e la Sintesi non Tecnica relativi al progetto della centrale”. Tale presentazione ha avuto luogo tra il 18 e 20 giugno di due anni fa, riguardando 25 amministrazioni nazionali e locali, tra cui il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Calabria, la Provincia di Reggio Calabria e i Comuni di Montebello Jonico, Motta San Giovanni, Melito di Porto Salvo, Bagaladi, Roghudi, Condofuri, San Lorenzo, Calanna e Reggio Calabria. Sull’onda delle proteste della popolazione e delle associazioni ambientaliste, gli enti locali competenti si sono opposti alle mire della SEI apponendo due pesanti pietre, difficilmente aggirabili. La Provincia, tramite il parere espresso il 16 settembre 2008 dal Settore Pianificazione Territoriale ed Urbanistica, ha bollato le mire degli svizzeri sul carbone come “pregiudizievoli alle valenze paesistiche ed ambientali”, i cui effetti possono “provocare una significativa alterazione dei luoghi” e sono “deleteri e aberranti per l’insieme paesaggistico protetto”. Stesso atteggiamento da parte dell’allora Giunta regionale Loiero, che con delibera n.686 del 6 ottobre 2008 ha respinto al mittente l’ipotesi del carbone. Il faldone dell’ “affare SEI” è fermo su uno scaffale polveroso del Ministero dell’Ambiente. Tutto appare immobile, eppur qualcosa sottotraccia si muove. Nei giorni scorsi, l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha indetto delle selezioni per titoli e colloqui di n. 2 assegni di ricerca, finanziati coi fondi del progetto-convenzione tra INGV e proprio la SEI Saline Ioniche spa: uno avente come oggetto le “Variazioni di anisotropia a seguito di iniezione dei fluidi e studio della sismicità indotta da iniezione di CO2 nel sottosuolo” e l’altro la “Parametrizzazione della qualità e degli spessori del cap-rock argilloso, necessaria all’individuazione ed alla catalogazione in ambiente GIS delle aree potenzialmente idonee per geotermia profonda, stoccaggio geologico di CO2CH4 e scorie nucleari”. Per entrambi gli assegni, il trattamento economico onnicomprensivo è di 19 mila euro e la durata è annuale. Ricapitoliamo: la SEI non fa mistero del progetto che intende materializzare a Saline e, “sputtanato” alla grande il modello di centrale a carbone di vecchia concezione (quello con ciminiera fumante e “salutari” nuvoloni neri), gli svizzeri stanno sostanzialmente propugnando ai calabresi l’idea del “clean coal”, il presunto “carbone pulito”. Un metodo, ancora allo stadio sperimentale e già bocciato in numerosi paesi (tra cui gli Usa) per via degli alti costi e i rischi correlati, che prevede il “sequestro” e lo stoccaggio dell’anidride carbonica e dei gas serra in formazioni geologiche profonde, cavità realizzate fino a 2000 metri sottoterra. Più che eliminare le emissioni si tratta, quindi, di nasconderle, mettendo a rischio l’ecosistema, le falde acquifere e l’incolumità dei cittadini al pari (se non più) delle vecchie centrali. Rimando, a tal proposito, ad una posizione di netto dissenso già assunta più di due anni fa dai gruppi consiliari del Prc e del Pdci alla Provincia di Reggio Calabria. Ma torniamo alle selezioni bandite dall’INGV. I due assegni di ricerca pagati dalla SEI mirano a mappare le aree più adatte allo stoccaggio delle emissioni e valutare l’impatto del “clean coal” sul territorio di Saline, mettendo in conto, pertanto, i pericoli connessi alla “sismicità indotta” dalle emissioni nel sottosuolo. Ciò, in un’area a conclamato rischio tellurico come quella a ridosso dello Stretto. E’ chiaro che la SEI, nonostante due anni fa annunciasse in pompa magna i piani “definitivi”, sta brancolando nel buio. C’è in testa solo l’idea di catapultare a Saline un nuovo ecomostro, ma non si sa come e finanche dove realizzarlo. Altrimenti non si capirebbe perché s’investano dei soldi per avviare nuove ricerche volte all’ “individuazione ed alla catalogazione in ambiente GIS delle aree potenzialmente idonee”. Che razza di progetto “ultimo” è quello che ancora non prevede i luoghi fisici in sui materialmente si faranno confluire anidride carbonica e gas serra prodotti dalla centrale, processo in cui è concentrata tutta l’ “innovatività” rispetto al vecchio carbone? Sarebbe interessante sapere, per esempio, quali risultati ha prodotto lo studio di fattibilità “per lo stoccaggio geologico di CO2 nei dintorni del polo energetico di Saline Ioniche (RC)”, svoltosi tra il 29/05/2007 e il 29/05/2010 ed assegnato dalla SEI all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, nella persona della Dott.ssa Fedora Quattrocchi. La stessa dirigente dell’INGV che nel marzo del 2008 annunciò, in un’intervista all’Ansa, l’individuazione di “circa 200 potenziali siti per lo stoccaggio dell’anidride carbonica” e parlò di “un progetto (che) verrà annunciato a breve e sarà in Calabria, da una compagnia diversa da Enel, dove si pone entro il 2015 la costruzione di una centrale a carbone a zero emissioni”. Più inquietanti le considerazioni che seguono. Avete letto bene l’oggetto del secondo assegno di ricerca? La SEI, per mezzo dell’INGV, non sta ricercando solo zone idonee per geotermia profonda e stoccaggio geologico di CO2CH4, ma anche per scorie nucleari!! Cavità sotterranee, probabilmente sottomarine, in cui potenzialmente allocare rifiuti radioattivi…
Avv.assegnoSEI1-1
Avv.assegnoSEI2-2
Omar Minniti (http://omarminniti.wordpress.com/)