Una mattina a Li Punti - 2
La parete che accoglie le strutture ricomposte offre ai visitatori la possibilità di visionare nei minimi dettagli le sculture. Incisioni, bruciature, treccine, occhi disegnati dal compasso, corpetti e dettagli delle armature sono a portata di polpastrelli. Un lungo brivido mi percorre la spina dorsale: i corridori-pugilatori sono imponenti, sono molto più muscolosi degli arcieri. È evidente che si tratta di personaggi addestrati per il corpo a corpo. Gli arcieri, invece, sono modellati secondo i canoni delle tendenze attuali: taglia da sfilata di moda. Le gambe sono ben proporzionate, il corpo è dritto e l’eleganza che contraddistingue questa tipologia sembra scolpita da una bottega specializzata in silouette. I corridori sono massicci, mettono paura. Immagino che quando i tecnici riusciranno a ideare delle strutture in grado di reggere gli scudi inseriti sopra la testa la visione sarà maestosa. Sono i “veri” giganti di Monte Prama, i temibili guerrieri che proteggevano il territorio. Provate a pensare cosa poteva suscitare la visione di questi personaggi a chi si avvicinava alla zona nella quale erano posizionati. Se la loro funzione era quella di deterrente verso i malintenzionati…funzionavano a meraviglia. I committenti erano evidentemente ben consci di ciò che un combattente doveva cagionare: terrore e rispetto. Molto più lineari sono gli arcieri. Figure apparentemente esili a confronto con i mastodontici compagni d’avventura, e facevano dell’arco la loro micidiale arma da combattimento. I vestiti sono eleganti, ricordano le figure impresse nelle decorazioni del palazzo di Cnosso a Creta e in quello di Avaris, capitale degli Hyksos, nonché le raffigurazioni ammirabili nelle decorazioni delle ceramiche greche. I mitici minoici che hanno ispirato gli autori facendo gettare fiumi di inchiostro sui manoscritti antichi e moderni, e gli eroici micenei della guerra di Troia. Sarebbe sufficiente mostrare solo uno di questi magnifici personaggi per attirare una folla di visitatori, ma a Li Punti sono una trentina le ricostruzioni, compresi gli spettacolari nuraghe in miniatura, e ogni scultura è straordinariamente incastonabile nella storia della Sardegna antica. I mitici guerrieri immortalati nei bronzetti sono il completamento della rappresentazione di un popolo che occupò certamente un ruolo di primo piano nelle vicende del Mediterraneo del Bronzo e del Ferro.
L’orgoglio di essere sardo e di avere avuto la fortuna di nascere in questa isola misteriosa e paradisiaca mi fa dimenticare che al termine della visita dovrò sopportare almeno un paio d’ore di canicola estiva al rientro in città. Dopo le foto di rito, e i complimenti ai gestori di questa meraviglia architettonica che accoglie le statue, vengo rapito da alcune stanze adiacenti la grande sala dell’esposizione: i laboratori di restauro. Mi affaccio timidamente ad una delle porte e capisco in un istante il paziente e immenso lavoro che c’è dietro le quinte. Migliaia di frammenti piccoli come uova sono posati ordinatamente su banconi e minuziosamente contrassegnati con foglietti bianchi. Mani, piedi, pezzi di torcieri, scudi frammentati, braccia, piccole porzioni di colonne e altri particolari che solo l’infinita passione di chi lavora in questo centro potrà, forse, un giorno restituire ai proprietari, in paziente attesa di essere ammirati nella completezza, dopo 3000 anni di polveroso riposo, sballottati dagli aratri degli agricoltori e dimenticati su una necropoli utilizzata come discarica. Alcuni scudi sono a Roma per essere studiati, altri giacciono su forme arcuate, quasi completi ma privi degli attacchi per essere riposizionati sulle teste dei giganti. Non sfugge agli occhi attenti di appassionato una particolarità: 4 di questi scudi frammentati sono rotondi e piatti, ben differenti da quelli lunghi, arcuati e costolati dei corridori. Chiedo lumi alle esperte del centro di restauro e mi rassicurano.
Appartengono a 4 guerrieri che ancora non sono stati ricomposti, probabilmente spadaccini, identici a quelli rappresentati nei bronzetti e simili ai personaggi raffigurati nei rilievi di Medinet Habu in Egitto, la guardia reale del faraone. Inizio a sognare a occhi aperti, i mitici Shardana. I tecnici continuano a parlare ma non li ascolto più, volo con l’immaginazione in quei campi di battaglia orientali dove i carri si affrontavano in polverosi e fragorosi duelli, decretando la vittoria di uno dei contendenti e assegnandogli il dominio sui metalli e sulle vie di comunicazione. Ugarit, Qadesh, il delta del Nilo e tutti quei luoghi che hanno segnato le imprese dei misteriosi Shardana. È tardi, la mente rientra a Li Punti, e mentre il professor Ugas si trattiene a colloquio con la Boninu, ritorno nella sala espositiva per una veloce panoramica finale sulle statue e per immortalare qualche dettaglio da mostrare sabato al convegno di Teulada. Dovrò riorganizzare gli appunti perché le sensazioni, le ipotesi di funzionalità, i percorsi mentali fatti fino ad oggi, necessitano di qualche aggiustamento. Ringrazio per l’attenzione chi ha letto fino a questa riga e consiglio a tutti una visita al centro di restauro di Li Punti, merita un applauso per l’organizzazione, la cura espositiva, la competenza dimostrata e la disponibilità.
Le immagini mostrano l’interno della grande sala che accoglie le statue ricomposte.