Barbara Rossi approfondisce la sua analisi e sposta la discussione su quello che è il vero problema: il centro storico vive in emergenza tutto l’anno, non solo con la neve. E questo è dovuto alle case pericolanti, ai piccioni che vi si annidano e prolificano, alla maleducazione della gente che sporca e ad una pulizia latente per la quale non si possono accusare gli operai del Comune che, essendo un numero molto esiguo, non potrebbero fare un buon lavoro.
L’articolo della Rossi tocca un tasto che forse è fondamentale per capire la questione: lo scarso valore immobiliare delle case del centro storico. Questo comporta una bassa appetibilità dell’investimento e, di conseguenza, il proliferare di situazioni strutturali pericolose. Si innesca così un circolo vizioso che porta ad abbassare ulteriormente il valore e a disincentivare l’investimento tanto da produrre conseguenze anche sul piano della sicurezza e dell’ordine pubblico.
Lo dico e ripeto ormai da anni: non si può pensare che sia il privato a rompere questo meccanismo perverso; deve esserci una volontà politica. Questa volontà manca ora, è mancata in passato e, mi sia consentito, da quel che vedo non abbiamo grandi speranze che vi sia in futuro. Però almeno ultimamente qualcosa si sta muovendo. Sono nate ben due associazioni che si occupano di centro storico, anche se in modo diverso e con diversi strumenti. Inoltre si sta creando nella cittadinanza una coscienza del problema che in passato non c’era. Si spera che questo serva da stimolo alla politica perché faccia del centro storico una priorità e non soltanto un pretesto propagandistico da tirare fuori all’occorrenza.
Luca Craia